Non profit

Petizione popolare. La flessibilità dal volto umano

Luciano Gallino spiega l’iniziativa delle Acli.

di Giampaolo Cerri

Se la flessibilità è un passaggio inevitabile del lavoro post industriale, allora rendiamola sostenibile. Le Acli si impuntano: riformiamo o sarà troppo tardi. Ma tenendo la persona al centro delle politiche e dei processi. Per questo presentano una petizione popolare, la cui raccolta di firme (vedi box) comincia in questi giorni. Ne parliamo con uno studioso del lavoro che indaga da anni la flessibilità. È Luciano Gallino, autore, tra l?altro, de Il costo umano della flessibilità (Laterza).
Vita: Professore, ma la flessibilità può anche essere sostenibile?
Luciano Gallino: Direi che è importante, fondamentale parlarne. Negli infiniti articoli sulla flessibilità che appaiono, il fatto che per tanti lavoratori, in varie circostanze, la flessibilità possa essere insostenibile, nessuno lo scrive. Che in modo pubblico si parli della flessibilità nei termini di sostenibilità è importante. Che ci si proponga di arrivare a una legge, ancora di più.
Vita: La proposta è articolata. Si comincia col dire che la formazione è un diritto della persona.
Gallino: Aspetto centrale. Specialmente nel caso italiano dove abbiamo ancora milioni di lavoratori con un livello di formazione medio basso. Guardare i dati Istat spaventa: abbiamo 7-8 milioni di lavoratori con la sola licenza elementare o, al massimo, con la media inferiore. Un?area drammaticamente a rischio: senza una qualificazione elevata, dopo i 40 anni è difficile ritrovare un lavoro perduto. E i percorsi non sono semplici. Aggiornare un sistemista informatico è cosa diversa che cercare di formare un addetto alle costruzioni stradali. È illusorio pensare che per fare formazione basti ?aggiungere un computer?, come si trattasse sempre e solo di alfabetizzazione informatica. Bisogna tarare i percorsi formativi sulla base delle esigenze della persona.
Vita: Si parla di voucher, detassare il Tfr usato a fini formativi?
Gallino: Interessante, ma anche le aziende potrebbero fare di più. Le statistiche dicono che in Italia si fa molta formazione. In realtà non è così: i contratti di formazione lavoro o di apprendistato spesso servono a procurare mano d?opera sottocosto.
Vita: Un altro punto riguarda la certificazione delle competenze. Chi si sposta da un settore all?altro, oggi perde tutto…
Gallino: È così. E poi c?è la non secondaria questione dei trattamenti previdenziali. Oggi, in Italia, abbiamo quasi 800 casse pensionistiche. Passare da un istituto all?altro, comporta riscatti di contributi molto onerosi. Lavoro flessibile, piaccia o no, significa inevitabilmente anche minor retribuzione. Se anche la pensione ne risente, finiamo nel terreno dell?insostenibilità.
Vita: La proposta delle Acli punta a conciliare lavoro e crescita personale…
Gallino: Colgono nel segno. Una coppia di lavoratori flessibili rischia di non incontrarsi mai: lui fa la notte, lei il giorno; lui il turno, lei il part time. È importante aver messo l?accento su questo, ma è anche uno dei punti più difficile da realizzare. Se ci fosse maggior libertà di scelta nel campo dei lavori flessibili, allora le cose migliorerebbero: le persone potrebbero scegliere fra occupazioni compatibili con la propria vita. Più del 50% dei lavori in realtà oggi sono imposti.
Vita: Servirebbero anche nuovi servizi per il mercato del lavoro?
Gallino: Moltissimo. Il problema è che la riforma del collocamento procede con una lentezza esasperante. I servizi all?impiego restano poco organizzati, poco dotati. Il fantomatico Sil (Servizio informativo sul lavoro) è rimasto una megamacchina che nessuno è riuscito a costruire. Benissimo, quindi, rinnovare la richiesta ma resto pessimista.
Vita: Si parla di un apporto ?facilitato? del Terzo settore?
Gallino:Sappiamo quanto sia importante ma la flessibilità sostenibile viene da una normativa generale, da interventi sulle aziende e sui contratti, che vanno al di là dell?area del non profit. Aggiungerei una cosa ?
Vita:Prego…
Gallino:Un modo per rendere sostenibile la flessibilità è limitarne tipologia e portata. Oggi 30-35 tipi di contratti possono essere definiti flessibili. Troppi. Individualizzano i rapporti di lavoro rendendoli disarticolati. Da 5 a 8 possono bastare. La delega che il governo chiede propone di frammentare ulteriormente, arrivando a 40. Così la flessibilità è insostenibile.

Per scaricare la petizione e per la firma digitale , cliccare su
www.acli.it/petizione.htm
oppure su www.vita.it

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