Formazione
Petaccia: la formazione è la strada per uscire dalla crisi
Nell'intervista dell'Associazione Italiana Formatori la presidente della onlus Diritti Diretti ha sottolineato come «c’è ancora molta strada da fare in Italia e dobbiamo percorrerla tutti assieme: istituzioni, università, associazioni e liberi professionisti»
di Redazione
Il Festival dell'Apprendimento è l'occasione per connettere istituzioni, organizzazioni, esperti e cittadini al fine di co-progettare soluzioni che garantiscano uno sviluppo continuo delle persone, delle organizzazioni e dei territori.
Per l'occasione Simona Petaccia (Giornalista, Delegata Centro Italia dell'Ass. Giornalisti Specializzati Associati e Presidente della onlus Diritti Diretti) è stata intervistata dall'Associazione Italiana Formatori: organizzazione che supporta il processo di evoluzione della formazione nel nostro Paese e interagisce con partner internazionali, alla quale aderiscono oltre 2mila consulenti e dirigenti aziendali in tutta l'Italia che sono in grado di incidere sulle strategie e sulla politica della formazione nonché sui conseguenti processi di apprendimento individuale e organizzativo e di sviluppo della Persona.
Innovazione nella produzione, nel lavoro, nella società: cosa occorre alla formazione per favorire tutto questo?
Accendere i riflettori su professioni ancora troppo spesso sottovalutate, da enti e manager pubblici/privati, che siano in grado di creare identità e di valorizzare un territorio attraendo così investimenti e occupazione. Credo che sia questa una delle potenzialità che ha la formazione per favorire il progresso nella produzione, nel lavoro e nella società. Partendo da questo presupposto, in collaborazione con il Laboratorio Accessibilità Universale dell’Università di Siena, il Museo dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti – Pescara e la onlus Diritti Diretti, ha voluto organizzare il corso “Beni Culturali per tutti: Accessibilità universale”; questo perché il nostro gruppo di lavoro, composto da esperti internazionali, desidera formare figure professionali in grado di progettare e di realizzare percorsi accessibili a chiunque all’interno di luoghi d’interesse artistico, storico e culturale (chiese, musei, pinacoteche, parchi archeologici, parchi ambientali), garantendo a tutti i potenziali visitatori il libero accesso alla comunicazione e all’informazione. È necessario, infatti, che questa disciplina trasversale entri a far parte delle conoscenze di tutti gli operatori che si occupano dei Beni Culturali e del Turismo sotto diversi punti di vista, perché rendere accogliente il patrimonio culturale e naturalistico, che abbiamo in Italia, è anche una risorsa finanziaria. Paragono l’Accessibilità a una pietra preziosa con molte sfaccettature – Risparmio, Sviluppo Economico, Cultura, Turismo e Accoglienza – ognuna può e deve essere valorizzata con professionalità e strategie differenti. Tuttavia, non basta la buona volontà per superare gli ostacoli architettonici, ambientali e culturali presenti nel Bel Paese, bisogna formare professionisti.
Per rafforzare il ruolo della formazione a supporto dello sviluppo, dobbiamo rinnovare metodi, strumenti o altro?
La formazione a supporto dello sviluppo deve certamente rinnovare metodi e strumenti, ma soprattutto deve saper leggere i dati che emergono dalle ricerche in ambito internazionale, per fornire una risposta alle criticità espresse dagli intervistati. Durante i nostri seminari sull’Accessibilità, per esempio, che registrano la partecipazione di corsisti provenienti da molte regioni italiane (Sicilia, Emilia Romagna, Umbria, Lazio ecc.), vogliamo diffondere il “virus dell’accessibilità” per dare una risposta concreta a chi vorrebbe visitare l’Italia, ma non lo fa perché è ancora troppo spesso inospitale. Gli studi di settore ci dicono che, soltanto in Europa, questi utenti sono 130 milioni, se si considerano anziani, persone con disabilità, famiglie con bambini e chi ha disturbi alimentari. Il dato acquista, poi, maggiore rilevanza se si considera che raramente tali persone viaggiano da sole, ma si muovono con almeno un accompagnatore (partner, amici, parenti, operatori, volontari ecc.). La domanda potenziale calcolata arriva così a 260 milioni di persone, per un indotto di 166 miliardi di euro. Non possiamo più permetterci di ignorare tutti questi utenti, soprattutto in un momento di crisi finanziaria come quella che sta vivendo il nostro Paese. Accogliere tutti è un segno di civiltà e conviene economicamente, perché migliora l’immagine di enti/aziende, aumenta il bacino di utenza e offre notevoli sgravi fiscali. Un forte stimolo propulsivo verso l’Accessibilità del nostro patrimonio può essere data dal decreto legge 8 agosto 2013, n. 91 (Disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo), modificato con la Legge 07 ottobre 2013, n. 112. Grazie a essa, infatti, il Bel Paese avrà a disposizione decine di milioni di euro per favorire tali settori. Questo significa che dovrà anche essere pronto a usarlo proficuamente grazie a professionisti in grado di metterlo a disposizione di tutti perché ogni investimento, soprattutto se pubblico, deve soddisfare le esigenze di ogni cittadino/turista altrimenti si trasforma soltanto in una spesa che non porta ad alcun ritorno economico o d’immagine a lungo termine.
Per facilitare l'uscita dalla crisi, su quali elementi la formazione deve investire?
Per facilitare l’uscita dalla crisi finanziaria in Italia, tutti i manager pubblici e privati concordano sul fatto che il nostro Paese debba attrarre investimenti nella Cultura e nel Turismo. Per farlo, però, deve rendersi “appetibile” permettendo il godimento del proprio patrimonio attraverso spazi espositivi e naturali che accolgano tutti, attraverso uno studio professionale di: materiali che rispecchiano la nostra identità nazionale, contrasti cromatici, studio del suono emesso dall’acqua, mappe tattili, percorsi olfattivi, assenza di barriere architettoniche, ecc. Paradossalmente l’Italia è il Paese con il maggior numero di ricchezze artistiche, ma sono ancora “proibite” a troppe persone. In quest’ambito la formazione ha un ruolo fondamentale poiché, per far fruttare gli investimenti previsti dal decreto legge sulla cultura, il “fai da te” deve essere bandito da tutte le professioni che ruotano, direttamente o indirettamente, attorno alla Cultura e al Turismo: personale direttivo; tecnici, artigiani, restauratori e personale delle strutture museali, dei parchi archeologici e naturalistici, delle pubbliche amministrazioni; guide museali e turistiche; laureati in Beni Culturali e in discipline del turismo; giornalisti e comunicatori; liberi professionisti. Sono convinta che soltanto attraverso un’adeguata formazione si possa risollevare la situazione in cui versano molti siti italiani che oggi non riescono a raccontare la loro storia. Sarà solo allora che i cittadini potranno acquisire piena consapevolezza del loro passato e potranno individuare i beni culturali come un elemento chiave dell’identità nazionale capace di attrarre turismo e investimenti. C’è ancora molta strada da fare in Italia e dobbiamo percorrerla tutti assieme: istituzioni, università, associazioni e liberi professionisti.
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