Immigrazione e lavoro
Pescara, lavoratori licenziati a causa del Decreto Flussi
Diciotto immigrati perderanno il lavoro perché il provvedimento rende irregolare la loro presenza sul territorio: sono stati assunti da un’impresa edile, dopo che una precedente azienda ha disatteso il suo impegno al loro arrivo in Italia. Paolo Ragusa, presidente Associazione lavoratori stranieri-Als di Mcl: «Chiediamo che nel vuoto normativo le persone si facciano carico di una soluzione di buon senso. Abbiamo chiesto al prefetto di Pescara di attivare un tavolo tecnico»
«Le scrivo in rappresentanza dei lavoratori stranieri coinvolti nella vicenda della chiusura del cantiere di via Bovio e del loro successivo licenziamento. Appare doveroso affrontare la questione oggetto delle presunte violazioni di legge in merito all’impiego di lavoratori stranieri entrati in Italia tramite il Decreto Flussi e poi impiegati successivamente presso un’altra impresa». Con queste parole Paolo Ragusa, presidente dell’Associazione lavoratori stranieri del Movimento cristiano lavoratori) – Asl Mcl si è rivolto al prefetto di Pescara, in merito al fatto avvenuto lo scorso 28 ottobre, durante un controllo dell’Ispettorato territoriale del lavoro di Chieti in un cantiere.
I carabinieri hanno contestato alla ditta titolare dei lavori per l’efficientamento energetico, nella città abruzzese, che «sono stati impiegati lavoratori che hanno fatto accesso in Italia a mezzo della procedura del Decreto Flussi, ma richiesti da un altro datore di lavoro. Per questo motivo i suddetti lavoratori dovranno essere licenziati». Il provvedimento rende irregolare la loro presenza sul territorio. Questa questione «è una delle questioni nodali di cui si occupa l’Als Mcl», sottolinea Ragusa, «nata per la tutela dei lavoratori stranieri che subirebbero un notevole danno dall’applicazione della paventata sospensione dell’attività e dell’impresa edile che, dando loro una possibilità, ha deciso di assumerli regolarmente».
Ragusa, ci racconta cosa è successo ai lavoratori dell’impresa di Pescara?
L’azienda edile che si era impegnata ad assumere 18 lavoratori extracomunitari, arrivati in Italia con il Decreto Flussi, ha disatteso il suo impegno. Un’altra impresa li ha assunti. Ma dovevano essere assunti, secondo la normativa, dal datore che ne aveva fatto richiesta all’inizio. Paradossalmente, non c’è una norma che obbliga il nuovo datore di lavoro al licenziamento; nello stesso tempo, non c’è una sanzione da poter applicare al datore di lavoro nel caso di licenziamento. Dall’altro lato, i lavoratori avrebbero titolo ad applicare il licenziamento. Siamo di fronte ad un “labirinto” burocratico senza uscita.
Cosa chiedete?
Chiediamo che nel vuoto normativo le persone si facciano carico di una soluzione di buon senso. E abbiamo richiesto al prefetto di Pescara di attivare un tavolo tecnico, che coinvolga tutti i soggetti interessati dalla regione Abruzzo, la Questura di Pescara e l’Ispettorato territoriale del lavoro di Chieti, per meglio affrontare e discutere le problematiche evidenziate e intraprendere un percorso condiviso per la risoluzione di questa vicenda. Ci sembra un’anomalia che l’Ispettorato del lavoro, che chiede di regolarizzare i contratti, debba chiedere il licenziamento delle persone. Non ce l’aspettavamo. Ieri abbiamo mandato una lettera di convocazione, siamo fiduciosi di ricevere presto una risposta.
Queste persone rischiano di diventare invisibili, di scivolare nel sommerso e nella clandestinità
Ora in che posizione si trovano i lavoratori?
Sono in un “limbo”. Ad alcuni era scaduto il contratto e al momento non è stato rinnovato, altri sono sospesi. Tutti sono negli alloggi messi a disposizione dell’impresa edile di costruzione che si è presa carico di offrire un alloggio dignitoso ai lavoratori, oltre che un contratto. Si capisce bene che, a un certo punto, si dovrebbe intervenire con la forza pubblica per sgomberare gli alloggi. Facciamo leva sul fatto che dobbiamo evitare anche un problema di ordine pubblico.
Questo provvedimento rischia di interrompere un percorso legale di integrazione?
È difficilissimo che si possa procedere con dei rimpatri. Queste persone rischiano di diventare invisibili, di scivolare nel sommerso e nella clandestinità. Dall’altro lato, si fa un danno all’impresa che li ha assunti perché aveva bisogno di reclutare manodopera, che non ha trovato se non nelle persone straniere. Quindi, si fa un danno alle persone e all’economia. Il risultato di questa vicenda è tutto con il segno “meno”.
Foto di apertura di Guilherme Cunha su Unsplash. Foto dell’intervistato ufficio stampa Als Mcl.
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