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Perversioni da Fisco pazzo

Doveva esserci una semplificazione fiscale. Invece lo Stato vuole l'Iva sull'acquisto di un fabbricato da un'impresa o la dichiarazione di esclusività dagli enti non profit.

di Salvatore Pettinato

Agendo con le armi dello strettissimo tecnicismo logico e giuridico con cui ?funziona? il diritto tributario in Italia, i commenti di approfondimento sulla Zamagni finiscono con l?assumere le sembianze di un bombardamento su civili inermi. Tanti sono – e la pratica li fa emergere di continuo – i punti ?oscuri? o, peggio, inconciliabili con il resto del sistema. Gli interventi di questo Osservatorio ne hanno evidenziati già un numero cospicuo, delineandoli soprattutto attraverso un lavoro da esperti a tavolino. Ma siccome la storia la si scrive sui fatti, vogliamo ora dare una sintesi delle segnalazioni giunte non da tecnici ma da operatori del mondo non profit, astenendoci, se possibile, dal rinfocolare fronti che ormai non ci scandalizzano più (come quello dell?Iva sul volontariato). L?Iva non detraibile La prima segnalazione è quella di una Onlus che sta per acquistare un fabbricato, da adibire a magazzino per la raccolta di beni destinati ai bisognosi, da un?impresa che ne è proprietaria. È evidente che riceverà una fattura nella quale l?importo pattuito sarà gravato del 20 per cento a titolo di IVA. Inutile insistere con la discriminazione con le imprese che possono detrarre l?IVA, ma certo ha pochissimo senso la differenza di trattamento con gli acquisti da privati per i quali si è avuto il coraggio di eliminare, sostanzialmente, il ?mostro sacro? dell?imposta di registro del 10 per cento. Altra ?stranezza? è quella che rende non rilevanti, ai fini della deducibilità delle persone fisiche, le quote associative semplici versate alle Onlus, in quanto non ?liberalità? (perché una regola opposta per le società di mutuo soccorso?): il culmine si tocca quando la qualifica di socio è statutariamente prevista come automatica conseguenza di un versamento significativo, caso piuttosto frequente negli statuti. Non è soltanto un problema tecnico-interpretativo, bensì un caso che investe il ?modo? con cui i fatti legislativi devono poi rapportarsi con le spigolature burocratiche, quello che ci viene segnalato dal Centro servizi volontariato di Bologna: attiene alla ricaduta di uno dei tanti ?orpelli? inutili della legge Zamagni, quello che impone l?esclusività di svolgimento di attività solidaristica, che l?Anagrafe Onlus di quella città ?legge? nell?art. 10, lett. a) del decreto legislativo come indice d?obbligo di un solo ?settore?. La reazione al problema è molto ?italiana?: si richiede all?aspirante Onlus di modificare lo statuto prevedendo un solo settore di attività (il che è un abuso in sé, anche se sgorga dalla ?solita? tendenza paternalistica dei burocrati che scaricano sui privati la non disponibilità ad assumersi alcuna responsabilità). La tesi è infondata e va segnalata al ministero delle Finanze accompagnata da una lettera di protesta. In attesa che di queste cose si occupi finalmente l?Authority. Le ricevute fiscali Altra questione pratica enorme: le ricevute da rilasciare per consentire ai finanziatori di dedurre le liberalità alle Onlus. Da noi tutti gli ?altri temi? (finanziamento spontaneo deducibile, come fattore trainante dei benefici fiscali) si infrangono sugli scogli della meticolosità anti-furbizia. La legge non obbliga le Onlus alle ricevute, ma obbliga chi deduce una spesa a documentarla in modo che risultino data e importo da qualche supporto (cartaceo). La circolare ministeriale ne ha imposto (senza autorità) la necessità per certi pagamenti (es. carte di credito), dove ciò che conta è il momento in cui l?erogatore è privato del ?fondo? che ha ordinato di versare. Tra ricevuta e ordine saranno inevitabili distonie perché i tempi dell?intermediazione non sono mai troppo trasparenti per gli attori reali della transazione (versante/Onlus). Ancora: dopo il sonno appagato , dovuto all?equiparazione di diritto delle attività di ricerca a quelle di solidarismo attivo che connotavano la concezione originaria delle Onlus, i primi nodi vengono al pettine ora che le fondazioni interessate hanno bisogno delle prime conferme, anche per preparare i contratti con cui regolare la loro attività. Resta, intanto, inadempiuto l?impegno del governo ad emanare ?apposito? (così dice la legge: art. 10, comma 1, n. 11) regolamento atto a chiarire: 1 – quando la ricerca ha ?particolare interesse sociale?; 2 – quali sono gli ?ambiti? e le ?modalità? che abilitano la fruizione della qualifica alle fondazioni che non svolgono direttamente la ricerca ma la affidano a ?università, enti di ricerca e altre fondazioni?, che evidentemente saranno nella maggior parte dei casi Onlus che devono fatturare con Iva i corrispettivi per quelle commesse a carico della ?potenziale Onlus mandante?. E il bello è che l?attività di Fondazione-Onlus ?committente? di ricerca dovrà essere ?esclusiva?, pena il rischio di decadenza per altri motivi dalla qualifica. Pubblicità o sponsor? Continuiamo. Sono numerose le segnalazioni ricevute che investono il problema del giusto inquadramento dei compensi per prestazioni pubblicitarie, che poi sono solo il ?rivestimento? necessario dell?aver ricevuto delle ?sponsorizzazioni? che l?azienda erogante intende dedurre dal reddito di impresa senza passare attraverso il filtro della liberalità deducibile (spesso ?chiuso? da altre erogazioni). La questione è sottile e controversa soprattutto per le Onlus, dato che essa mette in moto anche la spinosa questione dell??esclusività?, e qualcuno potrebbe dire che non si può concepire lo svolgimento di attività pubblicitarie. D?altra parte è da escludere, secondo noi, che questi proventi possano mai designare attività istituzionali né connesse e a nostro parere neppure accessorie, dato che esse non hanno un rapporto di contiguità per natura. Quello che è certo, però, è che il ricevere una sponsorizzazione, anche se presuppone una concessione di utilità pubblicitaria (ad esempio abbinamento del nome, diffusione di marchi aziendali in occasione di svolgimento di momenti istituzionali), non può mai essere considerata una violazione del precetto di esclusività solidaristica. L?istituzionale decommercializzazione delle attività delle Onlus, invece, deporrà spesso, piuttosto, per la soluzione di inquadrare il provento tra i redditi occasionali ?diversi?, cioè imponibili fuori dal contesto commerciale, fuori da obblighi Iva, ma con soggezione all?Irpeg (e non all?Irap). Ovviamente, anche questa soluzione generale non può estendersi senza limiti, ma dovrà soggiacere a chissà quanti condizionamenti sul piano concreto. Altro che semplificazione fiscale, come tutti promettono. (S. P.)


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