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Persone “dublinate” scaricate dalla Germania all’Italia come pacchi postali

Oltre al dramma dei naufragi e agli sbarchi senza sosta lungo le coste italiane del mar Mediterraneo - poche ore fa l'arrivo di 419 persone a Pozzallo - emergono i racconti di quanto accade a chi viene trovato senza documenti in regola negli Stati Ue non di primo approdo e quindi respinto nel Paese in cui avrebbe dovuto chiedere asilo, quasi sempre l'Italia. Intanto poche news dal summit dei ministri europei e africani di Tunisi, in attesa dell'incontro tra Macron e i due leader libici domani a Parigi

di Daniele Biella

Ci sono i naufragi, tanti e troppi: l’ultimo, con un numero ancora imprecisato di morti, è di questo stesso pomeriggio, al largo della Libia. Persone innocenti che rimarranno sul fondo del Mar Mediterraneo con i loro sogni di una vita migliore. Ci sono poi i salvataggi, tanti ma mai abbastanza. Poche ore fa è sbarcata a Pozzallo con 419 migranti la nave delle ong Sos Mediterranée e Msf, Medici senza frontiere. Che, come ogni volta, hanno condotto le operazioni di salvataggio in coordinamento con la Guardia costiera, con buona pace del mondo della politica che non l’ha ancora capito. Anzi, il personale dell’Acquarius ha fatto sapere che nei giorni scorsi a loro è stato chiesto di prendere a bordo persone salvate dalla Guardia costiera al limite delle acque territoriali libiche: proprio l’inverso di quello che viene loro additato come una colpa, quando invece rientra nella attività di search&rescue, ricerca e soccorso. Ecco qui sotto il tweet dell’Unhcr, Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati, che dà notizia dello sbarco dell’Aquarius con un video.

Altrove, a Tunisi, il ministro degli Interni Marco Minniti aveva indetto ieri 24 luglio 2017, un secondo tavolo di colloqui con gli omologhi di buone parte delle nazioni interessate ai flussi migratori perché Paese di passaggio o di arrivo: Algeria, Austria, Ciad, Egitto, Francia, Germania, Italia, Libia, Mali, Malta, Niger, Slovenia, Svizzera e Tunisia (più il responsabile Migrazioni della Commissione Ue, Dimitris Avramopoulos). Com’è andata? Dichiarazioni post incontro piuttosto stringate. “La Tunisia è pronta a cooperare, anche mettendo a punto un piano di disponibilità dei propri porti”, ha comunicato il ministro dell’Interno locale. L’invito italiano è stato quello di “una forte collaborazione tra Unione europea e Stati africani nella gestione del fenomeno”. Oltre al problema della gestione dei viaggi attraverso la Libia e poi con i barconi della morte, l’Europa è attraversata da altri drammi: da giorni, nell’hotspot (centro di identificazione) di Moria, sull’isola di Lesbo, sono in atto rivolte e le ultime notizie parlano di espulsioni di massa verso la Turchia anche di siriani e curdo-siriani. E verso l’Italia, da vari Paesi europei, giungono aerei aventi come passeggeri coatti dei “dublinati”, ovvero persone sono arrivate in Italia ma poi si sono recate altrove ma che, che secondo il Regolamento di Dublino devono chiedere asilo nel primo luogo di arrivo in Ue e quindi non possono restare altrove. L’ultimo, traumatico atto di questi viaggi coercitivi – e faccia più visibile dell’assurda mancanza di volontà europea nel riformare un Regolamento che da anni ha perso di efficacia, essendo cambiati i flussi e i numeri – è avvenuto ieri con un volo Lufthansa dalla Germania all’Italia, come testimonia Lisa Bosia, parlamentare del Canton Ticino e attivista per i diritti umani con l’associazione Firdaus che ieri ha seguito il caso di una ragazza eritrea. Ecco in foto il documento con il quale le autorità tedesche certificano l’espulsione – usando proprio la parola deportazione, “deportation” – e le parole di Bosia che spiegano quello che ne è seguito.


“Nella notte del 24, in un centro di accoglienza in Germania, alle 3:00 del mattino, 11 poliziotti si sono presentati per la deportazione di un giovane richiedente asilo eritreo. La stessa cosa accadeva in almeno altri due centri. Tra le persone arrestate, ammanettate mani e piedi anche una ragazza. Ognuno di loro è poi stato trasportato all’aeroporto più vicino e scortato da due poliziotti durante il volo verso Milano. Il ragazzo preso da 11 poliziotti non ha potuto portare con se nulla: non un solo abito, non i suoi documenti, le sue foto, soldi, nulla. È stato impacchettato e portato via così com’era e così lo abbiamo incontrato davanti alla stazione centrale a Milano dove sono stati portati – e abbandonati a se stessi – tutti e quattro dopo le formalità di entrata in Italia. Unico documento un foglio con obbligo, notificato in italiano, di presentarsi alla questura (tre di loro Milano, la ragazza Varese) entro tre giorni. Nient’altro. Grazie al pronto intervento di ASGI è stato possibile accompagnarli allo sportello di informativa legale della Diaconia Valdese e mettere a punto un piccolo piano di accoglienza ma il luogo in cui avrebbero dovuto dormire, il centro di accoglienza per transitanti dietro la stazione centrale, ha però chiuso loro le porte in faccia alle 19:50, vale a dire dieci minuti prima della chiusura ufficiale e nonostante avessimo telefonato per annunciare il loro arrivo. Oggi, 25 luglio, ciascuno di loro deve presentarsi alla questura per la formalizzazione della domanda di asilo. La ragazza che non parla nient’altro che tigrino ci deve andare da sola. Non so come andrà a finire”.

Nel frattempo, si è alla vigilia dell’incontro del 26 luglio a Parigi tra il neopresidente francese Macron e i due leader della Libia divisa, Serraj e Haftar, dalla cui intesa dipende buona parte dello scenario futuro in termini di controllo di quella che oggi è la centrale del traffico di esseri umani (il punto di maggior partenza dei barconi, particolare la costa nei pressi di Zuara, non lontano dalla Tunisia) e delle violenze perpetrate ai migranti di passaggio, soprattutto quelli dell’Africa Subsahariana verso i quali è in atto una vera e propria schiavitù inaudita e impunita, con trattamenti disumani in carceri illegali. Le poche speranze di un cambiamento a breve sono affidate all’incontro di Parigi, che però segna anche una svolta: l’influenza francese in Libia rischia di aumentare ai danni di quella italiana, e il ricordo dell’assalto culminato con la morte di Gheddafi, voluto soprattutto da Sarkozy, è ancora fresco, dato che ha posto le basi per l’attuale instabilità. Nel frattempo, in mare si continua a morire e a terra a soffrire, nelle prigioni libiche così come nel crudele gioco dei respingimenti europei.

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