Politica

Perché sarà decisivo nel costruire pacificazione

Il terzo settore ha nel suo dna la capacità di costruire ponti. Per questo può avere un ruolo importante nella pacificazione delle due Italie.

di Francesco Maggio

«Una grande occasione per il non profit, a patto che stavolta non indugi a guardare oltre il proprio stretto ?recinto? e a costruire ponti con le diverse rappresentanze della società». Per Pierluigi Sacco, ordinario di Economia della cultura allo Iuav di Venezia e tra i più raffinati pensatori del non profit, il risultato elettorale offre al terzo settore la rara possibilità di diventare protagonista della ?ricomposizione? della frattura che il voto ha prodotto nel paese.

Vita: Facile a dirsi, professore?.
Pierluigi Sacco: Ne sono convinto davvero, anche se c?è bisogno di fare i conti con il fatto che il non profit oggi non è molto capito nel nostro paese. Chi non lo vive in prima persona, infatti, ne ha un?idea estremamente confusa, e questa campagna elettorale, con la sua nota ?propaggine? sul mondo cooperativo, lo ha dimostrato chiaramente. Penso tuttavia che il terzo settore abbia nel suo dna la capacità di unire, di costruire ponti, di mettere a punto proposte progettuali di ampio respiro.

Vita: Ma secondo lei il non profit ne è consapevole?
Sacco: Io credo che la maggior responsabilità che oggi grava sul terzo settore sia quella di aver assunto nel dibattito sul welfare un atteggiamento passivo. Di aver contribuito, cioè, ad accreditare una propria immagine di tipo ?residualista?. Si tratta di un approccio perdente che accredita sempre di più la tesi di chi pensa al non profit come ad uno dei tanti soggetti di un modello consociativo che tenta di spartirsi tutta una serie di dividendi sociali del sistema di welfare. Così non si può andare avanti: il non profit, da questo punto di vista, deve cominciare a lavorare come un vero laboratorio di proposte progettuali. Però, poiché il grande difetto dell?Italia è che non fa innovazione e non fa innovazione perché non ci sono luoghi deputati a farlo, il terzo settore avrebbe bisogno di dotarsene di uno ad hoc.

Vita: Di che tipo?
Sacco: Penso a quello che un tempo, un po? sbrigativamente, si sarebbe definito ?pensatoio? anche se adesso sarebbe sbagliato chiamarlo così perché non solo di questo si tratterebbe bensì di un luogo dove analizzare e disegnare strategie che dovrebbero poi essere condivise e validate con tutto il sistema politico-economico. Un simile luogo potrebbe diventare un centro di elaborazione di contenuti che permetterebbe al non profit di giocare non di rimessa ma di anticipo. E questo è il frangente politico ideale per farlo e per spiegare non solo quali saranno le future compatibilità del welfare e la sua sostenibilità ma anche per proporre una ridefinizione stessa dell?idea di welfare per il prossimo futuro, per fissare alcuni paletti che hanno a che fare con la qualità della partecipazione alla vita civile, con la capacità di accesso all?esperienza e alle competenze che non si acquisiscono attraverso il tradizionale sistema educativo ma attraverso la società. Insomma, per promuovere una nuova cultura della cittadinanza attiva. D?altronde, già oggi abbiamo chiarissime evidenze del fatto che laddove si hanno significative opportunità di accesso alle esperienze culturali diminuiscono drasticamente i tassi di criminalità giovanile e il disagio, migliore è il rendimento e la frequenza scolastici.

Vita: Perché ritiene ?ideale? questo frangente politico?
Sacco: Se ci fosse stata una vittoria schiacciante dell?Unione lo scenario, molto verosimilmente, sarebbe stato il seguente: il non profit avrebbe cercato di ritagliarsi una fetta nel sistema delle opportunità che si va creando. Una dinamica che ha certamente degli aspetti positivi ma, a mio avviso. soprattutto negativi perché rafforza una mentalità consociativistica. In questa nuova situazione nella quale, invece, è evidente che la stabilità di questo governo dipenderà dalla circostanza che le persone sono considerate soluzioni e non problemi, ecco che cambia completamente l?approccio. Al non profit toccherà non porre problemi ma offrire soluzioni e questa è una grandissima opportunità per cominciare a ragionare in senso progettuale. Mettendo in evidenza il bene della stabilità.

Vita: Come si riparte, quindi?
Sacco: Dalla consapevolezza diffusa che ciò che innanzitutto manca e va costruita è una società civile che tutti riconoscano e nella quale tutti si riconoscano. Per questo è importante gettare ponti. La nostra società civile sull?appartenenza alle microcategorie, se mi passa l?espressione, ha ?già dato?, forse anche troppo. Manca invece la produzione di un capitale sociale che costruisca ponti. È questa la sfida. È questa la grande opportunità.

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