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Perché Roma va bene a Silvio e non alla Fao

Due mesi fa per questioni di ordine pubblico Berlusconi chiese di spostare il vertice Fao da Roma, oggi la città è in mano ad una manifestazione (anzi due) nate per dividere e mostrare i muscoli.

di Riccardo Bonacina

Ve lo ricordate il grave problema di ordine pubblico che indusse il governo Berlusconi a una vera e propria iniziativa diplomatica estiva per impedire che il vertice Fao si svolgesse a Roma come previsto? Ve lo ricordate l?allarme internazionale perché a Roma, in occasione del vertice, cui peraltro nessuno aveva dichiarato guerra, si sarebbe assistito a un?adunata sediziosa di organizzazioni non governative di ogni parte del mondo e di antigiottini di ogni ordine e specie che potevano mettere a repentaglio l?integrità e la bellezza della Città eterna? Se ve lo siete scordati vi rinfreschiamo noi la memoria con poche citazioni d?epoca, tratte dalle agenzie di ben 60 giorni fa. «Spostare il vertice della Fao da Roma? è un?ipotesi di Berlusconi che nasce da una motivazione serena e dalla preoccupazione per il rischio di una nuova manifestazione di violenza». Così il ministro dell?Interno, Claudio Scajola, commentava il 4 agosto scorso l?idea avanzata dal premier riguardante la possibilità di spostare da Roma in altra sede il vertice Fao, in programma a novembre nella capitale. Un mese dopo, l?1 settembre, il ministro degli Esteri Renato Ruggiero, all?indomani di un incontro chiarificatore con Annan, spiegò alla stampa di tutto il mondo: «Anche il segretario Onu capisce che una città come Roma non può essere messa a rischio, poiché c?è una scia di violenze che va dalla prima all?ultima manifestazione e che non lascia dubbi sul rischio». Tutto questo succedeva poco più di due mesi fa a proposito del vertice Fao, da ben quattro anni previsto dal 5 al 9 novembre 2001. Ebbene, quelle che dovevano essere la città e la data off limits per vertici, assemblee e manifestazioni di ogni tipo, sono oggi diventate la madre di ogni marcia e manifestazione. Quella di governo e di piazza, convocata dalla coppia Ferrara e Berlusconi, e quella di piazza e strapiazza di ciò che resta del Gsf, convocata dal duo Agnoletto e Casarini. Qualcuno dovrà pur prendersi la briga di spiegare cosa è successo dal 1° settembre a oggi, e perché mai si era ritenuto pericoloso un grande raduno internazionale, insieme forum di una grande agenzia Onu e assemblea del popolo della cooperazione allo sviluppo intorno al tema del diritto all?alimentazione, e non costituisca, invece, problema per l?ordine pubblico la convocazione di due manifestazioni, entrambe nel centro storico della capitale, contrapposte e nate con l?intento di mostrare i muscoli e di dividere. Sabato 10 dicembre lo spazio aereo di Roma sarà bloccato, le provocazioni da due schieramenti aumentano di giorno in giorno e la Questura è in allarme. C?è qualcosa di più e di peggio della solita ?figuraccia all?italiana?. Sentite uno degli ideologhi della Marcia di piazza e di governo, Carlo Pelanda che cita il collega e deputato azzurro Paolo Guzzanti su Il Giornale (30 ottobre 2001): «Perché facciamo solo ora un?azione così forte? Come ha sottolineato Guzzanti,abbiamo trovato il coraggio di dividerci, cioé di separare l?Italia dei forti e responsabili da quella dei deboli». Mammamia! E dall?altra sponda, Nando Simone, un portavoce del Gsf, risponde: «La nostra marcia non si sposta. Se c?è qualcuno che deve cambiare data è la Casa delle libertà. La loro è una provocazione inacettabile». Mammamia! Sia ben chiaro, qualsiasi cosa succeda (dal probabile spettacolo mediatico indegno su un?Italia che non esiste a incidenti possibili), la responabilità sarà di un presidente del Consiglio che non ha ancora provato a essere il premier di tutti gli italiani. Un presidente che dopo aver suscitato un caso internazionale per il vertice Fao, con la marcia del 10 novembre, dimostra di considerare ogni manifestazione che non sia di esplicito consenso al suo operato un problema di ?ordine pubblico?.


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