Non profit
Perché quelli di Cl hanno successo. Meeting sempre vivo
Rimini 2003. Parla il sociologo Aldo Bonomi. Torna la grande kermesse, attesa per capire società e politica. Ma come fa Cl a essere sempre sulla cresta dellonda?
Il maggiore esploratore di comunità non poteva non incappare in un movimento che il concetto di comunità porta persino nel nome. E che cosa ha scovato Aldo Bonomi scandagliando Comunione e liberazione? Il sociologo affronta la questione misurando le parole. Sa che quando si parla di Cl e derivati, la politica-politica o la poltica ecclesiale spuntano sempre a soffocare ogni analisi e ogni ragionamento. Ma accetta la sfida: «Fortuna o sfortuna vuole che io non segua le fenomenologie politiche o religiose. Ho uno sguardo che può apparire parziale, ma è certamente laico».
Inizia il Meeting. Un appuntamento che è passato attraverso tutte le stagioni della politica e della cultura italiana. S?è fatto una ragione di questo successo? «Sta nel loro approccio alla persona. Un approccio che potrà anche essere precapitalistico, nel senso che prescinde da un rapporto con la modernità, ma certemente è efficace. Spesso, infatti, accade che ciò che è premoderno si riveli poi anche ultramoderno: così l?attaccamento ai fondamenti, ai valori porta a riconsiderare il rapporto con le comunità locali. E oggi questo fa parte dell?ultramoderno». In che senso? «Io ho spesso incontrato Cl in quell?orizzonte che chiamo la ?città infinita?. È l?orizzonte in cui la metropoli assorbe la provincia e le comunità locali. Diventa un tutt?uno. Su questo terreno è maturata una svolta: lo spazio sociale e lo spazio economico sono diventati un tutt?uno. Non c?è più il tempo della fabbrica e quello della vita; il tempo in cui si è lavoratori contrapposto a quello in cui si è cittadini. Nella città infinita s?è rotta quella separazione. E in questo scenario così nuovo chi ha messo al centro il rapporto personale vince, conquista consenso, mette radici».
Lei spesso ha accostato l?esperienza della Cdo con quella della Caritas ambrosiana di don Colmegna. Due esperienze che, secondo logiche di simpatie politiche, non dovrebbero avere molto in comune? «Ma io non ragiono su quei criteri. E, se prescindiamo da una lettura simile, troviamo molto in comune. La differenza è che Colmegna ha una funzione interrogante: si occupa degli ultimi per interpellare i primi. Si muove insomma nella prospettiva che la società cambi. Vittadini invece guida la persona perché costruisca la sua rete dentro un meccanismo comunitario». Proviamo a fare un esempio? «Mi sembra emblematico quanto sta accadendo intorno alla fiera di Milano. La Cdo è in prima linea nella gestione di questa istituzione che è la più grande vetrina del capitalismo italiano. Ma come l?ha reinventata? Organizzando la fiera dell?artigianato, che è quel successo di massa che tutti conosciamo. Cioè ha dato spazio al capitalista personale, gli ha permesso di fare rete. In sostanza ha creato una comunità e l?ha confrontata con i meccanismi del mercato. Tutto questo naturalemente contiene un?ambivalenza». Cioè? «Le racconto una situazione che si è creata nella valle in cui sono nato, la Valtellina. Politicamente è un bacino di poco significato, 150mila persone in tutto. Da qualche anno ha subito una trasformazione traumatica, perché l?apertura di grandi centri commerciali ha determinato una strage di piccoli negozi che nei paesi erano luoghi di socializzazione. Spaventati dalle ricadute, gli stessi gestori hanno varato un piano di riapertura in franchising di punti vendita delocalizzati. E chi hanno trovato come partner? La Compagnia delle opere, la più adatta a muoversi su un terreno dove c?era da valorizzare dei tessuti comunitari. Ma in questo modo la Cdo ha finito con il cooperare con chi ha contribuito a distruggere quel tessuto».
Si dice che sarà un Meeting già in clima post berlusconiano. Lei come lo vede? «Io penso che Cl sia un movimento di lunga deriva e sia inutile inseguirla nelle sue alleanze politiche. O invidiarlo perché,in fondo, non lo si capisce. Siamo di fronte a un fenomeno che occupa la prima fila da 20 anni e sarà bene chiedersi perché. Io credo che la capacità di innovazione e di radicamento sul territorio siano le sue carte vincenti. E sono caratteristiche che leghismo e berlusconismo hanno smarrito dopo la salita al potere. Il centro destra aveva dato al capitalismo molecolare la speranza di una buona rappresentanza. Ma dopo due anni tutti sono disillusi».
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.