Sembrerebbe una domanda retorica dalla risposta scontata, ma forse non è proprio così. Chi partecipa ad un bando promosso da un ente d’erogazione con il solo obiettivo di ricevere il contributo deve infatti essere consapevole che si sta assumendo un rischio crescente, dato che, mentre le risorse disponibili rimangono, nel migliore dei casi, costanti, il numero dei richiedenti non cessa di aumentare e quindi la probabilità di avere successo non può che ridursi. Inoltre, non bisogna dimenticare che i contributi da parte delle fondazioni non sono affatto gratuiti, ma nascondono oneri alquanto gravosi. Essi impongono dei costi importanti sia in termini di elaborazione progettuale che in termini di rendicontazione che quasi sempre sono a totale carico dell’ente richiedente e, di norma, stabiliscono un consistente cofinanziamento da parte di colui che fa domanda. Del resto l’esperienza insegna come il modo migliore per fare fallire un ente non profit sia proprio quello di spingerlo ad inseguire i bandi delle fondazioni.
Con questo non si vuole affatto scoraggiare la partecipazione a tali bandi, ma spingere le organizzazioni a concentrare la propria attenzione su alcuni benefici che tale attività può arrecare loro e che non dipendono dall’esito del finanziamento. Partire da tali aspetti può rivelarsi utile sia per evitare che il miraggio del contributo faccia compiere degli errori che potrebbero avere conseguenze negative, sia per usufruire pienamente dei vantaggi che tale partecipazione può arrecare loro. In particolare si può sfruttare questa opportunità per:
1) Innescare un processo volto a costituire partnership, utilizzando l’incentivo del possibile finanziamento per coinvolgere attivamente altre organizzazioni con cui si ritiene fondamentale collaborare per conseguire l’impatto desiderato;
2) Sfruttare le scadenze che il bando impone per realizzare un intenso piano di lavoro e di incontri comuni che altrimenti rischia di essere posticipato alle calende greche;
3) Considerare la compilazione dei moduli predisposti dagli enti d’erogazione come un’occasione per approfondire in modo strutturato la propria idea, migliorarla e comunicarla, rendendone espliciti presupposti ed eventuali criticità.
Sono questi aspetti fondamentali che dovrebbero essere alla base di qualsiasi iniziativa che voglia realmente conseguire un reale impatto e spesso non hanno prezzo. Ne consegue che chiunque riesca a sfruttare la partecipazione ad un bando per conseguirli può ritenersi ampiamente ripagato delle energie investite. Il valore così generato può infatti essere correttamente considerato superiore anche a quello dell’eventuale contributo, il quale cessa di essere il fine, per trasformarsi in un’eventuale conseguenza del lavoro svolto. Una conseguenza sicuramente gradita, ma non così indispensabile come si potrebbe pensare.
Mi si potrà obiettare che una simile riflessione non è che una brillante invenzione per cercare di indorare la pillola e che, comunque, senza il contributo non sarà possibile realizzare quanto programmato. Ora, a parte il fatto che per un’iniziativa ben strutturata è relativamente facile trovare nuove opportunità di finanziamento, tale obiezione è in realtà molto meno forte di quella che sembra se si comprende che la vera via per conseguire un reale cambiamento sociale non consiste nell’implementare brillanti idee progettuali, ma nel riuscire a catalizzare e valorizzare le tante energie presenti in ogni comunità, energie che troppo spesso vengono sprecate, quando non si trasformano esse stesse in gravi problemi sociali.
L’evidenza empirica sta infatti mostrando come i tanto invocati progetti innovativi, sostenibili e replicabili non abbiano certo conseguito i risultati sperati e che, nel migliore dei casi, siano riusciti ad arrecare dei benefici, a volte meramente temporanei, solo ad una frazione infinitesimale della popolazione interessata dal problema che si vorrebbe affrontare. Ciò non deriva esclusivamente dal fatto che le idee veramente innovative sono rare e ancora minori sono quelle che si rivelano realmente sostenibili, mentre è quasi impossibile citare progetti che sono poi stati replicati su vasta scala; ma è piuttosto la conseguenza del carattere illusorio delle speranze di chi crede di poter affrontare i complessi problemi sociali coi quali ci confrontiamo con l’implementazione di singole soluzioni, per quanto sofisticate queste possano essere.
La vera sfida consiste invece nell’innescare un processo capace di mobilitare un numero consistente di soggetti provenienti dai vari settori che, attraverso un confronto franco e spassionato, possano sviluppare una comune comprensione dei bisogni della loro comunità, individuare priorità e coordinare i propri sforzi con l’obiettivo di catalizzare e meglio utilizzare le energie presenti, energie che raramente vengono pienamente valorizzate. Non si tratta quindi di implementare soluzioni, ma di favorire il loro emergere nell’ambito dei vari contesti, quale naturale conseguenza del coinvolgimento e del confronto di una pluralità di persone che vivono quotidianamente tali problemi in prima persona.
Partecipare ad un bando può diventare quindi una modalità molto efficace per innescare un simile processo, nella consapevolezza che, una volta partiti, i soggetti coinvolti saranno in grado di trovare al loro interno le energie necessarie per perseguire gli obiettivi condivisi, permettendo così all’iniziativa di svilupparsi con modalità realmente sostenibili. La mancata concessione del contributo non solo non blocca necessariamente tale processo, ma potrebbe addirittura rafforzarlo evitando che, soprattutto in una fase iniziale, quando i rapporti fiduciari non si sono ancora pienamente consolidati, l’esigenza di allocare le risorse ottenute finisca per generare tensioni o per distrarre l’attenzione dal perseguimento dell’obiettivo comune.
Mi rendo conto di come, in una società in cui il denaro sembra essere l’unico vero motore di qualsiasi attività, queste affermazioni rischiano di apparire astratte o ingenue. Posso però garantire che esse nascono da una concreta esperienza personale che sto vivendo non dal lato degli enti d’erogazione, ma proprio da quello di chi, pur non avendo ricevuto un contributo su cui inizialmente contava, sta trasformando quella che, a prima vista, può apparire una sconfitta, in una concreta opportunità di crescita sia personale che per la propria comunità.
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