Cultura

Perché non servono affatto altre centrali

Potremmo risparmiare 153 milioni di terawattora. Ecco le misure del Wwf (di Andrea Masullo).

di Redazione

Non abbiamo bisogno di nuove centrali, ma di maggiore efficienza nella gestione di quelle che ci sono già e di misure per razionalizzare la domanda. Il blackout è avvenuto in un momento in cui il fabbisogno di energia elettrica era di circa 22mila megawatt, in Italia ne sono installati 76mila, e la potenza reale disponibile è di circa 50mila megawatt. Quindi la radice del problema non è la mancanza di potenza ma la gestione della potenza esistente: solo le perdite di energia elettrica dovute alle condizioni della rete sono di 10mila megawatt. Mi sorprende che politici, anche di alto rilievo, continuino a parlare della necessità di aumentare la potenza installata: è una sciocchezza e non ha nessuna correlazione con il blackout. Invece di proporre nuove centrali si dovrebbe far ricorso alla fonte energetica più a buon mercato: l?efficienza. Esiste un rapporto dell? ex Anpa (oggi Afat) della fine del 1999 commissionato e redatto dall?Ipsep, un istituto di ricerca statunitense tra i più prestigiosi al mondo, che ha valutato per l?Italia un potenziale di risparmio energetico, ottenibile sostituendo le apparecchiature elettriche attualmente in uso con quelle più efficienti già disponibili sul mercato, di 153 terawattora, (un terawattora è pari a un milione di kilowattora). È chiaro che non possiamo pensare che di colpo tutti gli elettrodomestici inefficienti possano essere sostituiti, però si potrebbe pianificare la sostituzione di almeno la metà di essi nell?arco di 10 anni, prevedendo incentivi come per la rottamazione delle auto. Solo questa misura consentirebbe di far fronte ai blackout chiudendo centrali vecchie senza costruirne delle nuove. Questo impegno, invece, non c?è. Non si va verso un reale ammodernamento del sistema elettrico, non si parla di sostituzione di vecchie centrali con nuove. Saremmo i primi a non ostacolare la costruzione di nuove centrali se ci venisse garantita la chiusura di quelle vecchie. Quanto ad aggiungere potenza, ciò significa rendere ancora più vulnerabile il sistema, che è basato sulla produzione centralizzata di energia in poli di grande potenza e non è in grado di far fronte a situazioni improvvise, né di seguire le oscillazioni della domanda. La nostra proposta, in linea con gli indirizzi dettati dall?Unione europea, è quella di realizzare un sistema basato su una produzione diffusa in piccoli impianti ad altissima efficienza in grado di fornire sia calore che elettricità. In questo modo si avrebbero una serie di reti locali connesse a una rete nazionale, e un evento improvviso avrebbe un impatto limitato all?area interessata e non si ripercuoterebbe su larga scala. Una rete diffusa permetterebbe inoltre una maggiore penetrazione delle fonti rinnovabili, e la possibilità di lavorare con più facilità sull?efficienza della domanda.

Andrea Masullo


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