Una settimana piena di parole. Dopo la publicazione del post sull’esilio forzato della gioventù europea in tempi di crisi economica, abbiamo ricevuto twitter e mails. Vi abbiamo raccontato della manifestazione organizzata dal movimento spagnolo No nos vamos, nos echan – Non ce ne andiamo, ci stanno cacciando –
Dalla piazza alla parola scritta. Parole non solo per continuare a gridare, ma soprattutto per farsi capire.
Una delle storie ci è arrivata da Roma, dove giovani spagnoli avevano organizzato un sit-in davanti l’ambasciata in rappresentanza del movimento Juventud sin futuro.
La traduciamo e pubblichiamo dopo aver chiesto all’autrice se fosse possibile la condivisione. Ci ha dato risposta positiva, ma senza scriverne il nome. “Il nome non serve”, spiega, “sono spagnola, ma se cancelliamo il mio nome o la mia nazionalità e lasciamo solo europea, la mia storia è come quella di una giovane greca, portoghese, italiana… ”
“Ti voglio parlare di quando sei a casa – nella mia Madrid – e dopo un anno che sei senza lavoro, ti senti oppressa dallo sguado degli altri. Uno sguardo che ti domandava sempre e con insistenza – anche quando rimaneva in silenzio – ma perchè non riesci a trovare un lavoro? con un sottinteso, che risultava essere ancora più snervante: se non trovi lavoro è colpa tua. Colpa tua se non cerchi abbastanza, non fai abbastanza, non ti sei specializzata abbastanza o – ancora peggio – non ti sai accontentare abbastanza. E, invece io, ogni giorno, cercavo sempre di andare oltre quell’abbastanza. Inviavo cv: ne avevo tre differenti, uno per “rivendermi” come cassieracommessa, un altro come economistafinanza, altro come baby sitter. Giravo a piedi la città per propormi a ristorantialberghi. Passavo ore in internet per cercare. Passa il tempo, passa la speranza e alla fine quel lavoro smetti anche di cercarlo. Sei Stanca. E ti dici: così quello sguado degli altri su di me, quello che fa più male di tutto, sarà giustificato. Poi arriva il MOMENTO, la crisi più crisi. Condividevo casa con amiche. Mi dicevano devi essere indipendente. Io l’avevo afferrata l’indipendenza, con tutta la forza che avevo, a 19 anni ho iniziato a vivere da sola. Dopo 6 anni, son dovuta ritornare a casa dei mie. Quando ero con le valigie in mano ho incontrato sulle scale lo sguardo della vicina dei miei. Ho smollato tutto in casa, valigie, scarpe e sono andata a dormire da un’amica. Quella notte ho deciso: conosco l’inglese abbastanza bene. Ora vivo a Toronto, di passaggio a Roma per una vacanza (perchè ora posso anche permettermi una vacanza), ho trovato un lavoro che non rispecchia le mie competenze, ma che mi piace: commessa in una libreria – specializzata in letteratura internazionale. Sono circondata da silenzio e musica in sottofondo. Contributi assicurati e una specie di welfare state che mi permette di non avere paura di ammalarmi. Mi manca Madrid, ma mai abbastanza per ritornarci e ritrovarmi addosso quegli sguardi”
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.