Famiglia
Perché Napoli non è un caso a parte
Editoriale/ C'è un aspetto sconvolgente nellapocalisse dei rifiuti napoletani: linselvatichimento di tutti i rapporti sociali a cui si è arrivati
C'è un aspetto sconvolgente nell?apocalisse dei rifiuti napoletani: è l?inselvatichimento di tutti i rapporti sociali a cui si è arrivati, o per irresponsabilità o per incompetenza. O, infine, per disperazione. Se è vero che tutti sapevano, che l?emergenza esplosa a fine anno è vecchia di anni, è altrettanto vero che nessuno sa come trovare rimedio a una situazione che Leonardo Sciascia avrebbe definito «irridimibile». Ora, davanti ai veleni napoletani, l?atteggiamento più vigliacco è quello di catalogare la vicenda come una vicenda circoscritta. L?inferno è là. Alle falde del Vesuvio. Noi ne siamo fuori. Per dirla con una metafora discretamente volgare, ma suggerita dalla contemporaneità dei fatti, da una parte c?è l?Italia tutta rosso luccicante della nuova Ferrari, dall?altra quella assediata dagli odori e dai miasmi dei propri rifiuti. Difficile immaginare due immagini più distanti, eppure sarebbe una vera idiozia pensare che siano ?due Italie?. La realtà è un?altra: Napoli sta pagando per tutti. Tante colpe sono senz?altro sue. Ma sono colpe da cui nessuno può sentirsi esente. Napoli, sulla strada di quell?irresponsabilità, si è solo spinta un po? più in là.
E allora quali sono queste colpe? La prima riguarda la politica, giunta al suo punto di massimo degrado, non tanto e non solo per aver accettato un?illegalità diffusa di cui ora ha perso il controllo, ma per avere pensato di coprire malefatte e incapacità con un?attenzione spasmodica all?immagine. Ora il maquillage si è impietosamente squagliato. E l?immagine, secondo il più diabolico contrappasso, è stata rimpiazzata dalla puzza. Ma possiamo pensare che questa sia una regola esclusiva della politica napoletana? Che la pratica di coprire con il chiasso mediatico l?abisso che separa dalle cose e dai problemi, non sia una regola che detta i tempi della politica italiana?
La seconda colpa è quella di un integralismo ideologico che passa sopra la vita delle persone o ne sfrutta l?esasperazione pur di salvaguardare dei discutibili principi (ammesso che principi siano e non coperture di interessi): anche per quell?ambientalismo nostrano che oggi occupa tanti posti di potere ma che non ha nessuna capacità di affrontare la complessità delle situazioni, quella di Napoli è una brutta pagina. C?è solo da augurarsi che non venga replicata altrove.
La terza colpa è la più diffusa. Ed è quella che riguarda i nostri stili di vita. La montagna di rifiuti che sommergono Napoli sono l?emblema di un modo di vivere che non è più sostenibile. Di una corsa infinita alla crescita dei consumi che sta producendo danni devastanti e destinati a riversarsi sulle generazioni future. Napoli in questo non è un?enclave infernale ma l?esito più estremo di una globalizzazione dissennata che ha scatenato i suoi effetti proprio sulla città più bella, più cantata e più sognata del mondo (quanti dei rifiuti sotterrati in quelle zone sono rifiuti di tutti, venuti da lontano?). Se ne parla poco oggi, anche perché troppi che ieri erano in prima linea nella critica della globalizzazione, si sono accomodati in posti di rendita o di comando. Ma anche questa sinistra ieri arrabbiata e oggi invaghita dai riti del potere non è un?esclusiva di Napoli.
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