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Perché l’Europa non deve umiliare Atene

L’analisi dei possibili scenari del default greco dell’economista Andrea Baranes, presidente della Fondazione culturale Responsabilità etica della rete di Banca Etica. Intanto alle 19 l’Eurogruppo decide su un nuovo piano di salvataggio in extremis

di Marina Moioli

L’ultimissima notizia è che il premier greco Alexis Tsipras ha risposto all’ultima chiamata di Jean Claude Juncker chiedendo un nuovo piano di salvataggio, il terzo, per la Grecia, insieme alla ristrutturazione del debito al 180% del Pil. La proposta greca di allungare per due anni il sostegno dell’Unione europea e della Banca centrale (prescindendo dal Fondo monetario internazionale) finisce sul tavolo dell'Eurogruppo, che a partire dalle 19 di questa sera deciderà. Si tratta proprio dell’ultima possibilità per evitare il default della Grecia, chiamata domenica al referendum per dire no e sì alla proposta dei creditori internazionali. Come sottolinea Andrea Baranes, presidente della Fondazione Culturale Responsabilità Etica della rete di Banca Etica.

Al referendum greco cosa voterebbe?
Impossibile rispondere. Comunque la si voglia considerare l’esito rischia di essere pessimo. La questione è che la situazione greca è il simbolo del fallimento della politica europea. La Grecia è messa alle corde, con il cappio attorno alla gola. Certo è che l’Europa non doveva umiliare così Atene. I motivi, però, non sono finanziari, ma di natura politica.

Perché?
Perché i soldi che sono in ballo per sostenere la Grecia sono solo una quindicina di miliardi di euro. Una cifra esigua rispetto ai piani di salvataggio messi in atto senza battere ciglio dalle istituzioni internazionali: un’enorme partita di giro per mettere al sicuro le banche francesi, tedesche e di altri Paesi. Un delegato del Fondo Monetario già a gennaio 2010 denunciava come il presunto salvataggio della Grecia fosse «concepito solo per salvare i creditori, nella gran parte banche del vecchio continente e non la Grecia». Uno studio ha mostrato come per lo meno il 77% di tutti gli aiuti forniti alla Grecia tra maggio 2010 e giugno 2013 siano finiti al settore finanziario e non alla popolazione o allo Stato ellenico. Come dire che, oltre la montagna di denaro regalato o prestato a interesse nullo alle banche, persino i fondi destinati, nelle dichiarazioni ufficiali, ad aiutare i Paesi in difficoltà, sono finiti a salvare il sistema bancario. La verità è che i tempi e le richieste della finanza non sono quelle della democrazia, ed è la democrazia a doversi piegare.

Qual è oggi il rischio?
Il vero pericolo per l’Europa è la capacità che la Grecia sta dimostrando di ribellarsi ai diktat europei. Quello che si teme veramente è l’effetto contagio. Il rischio ad esempio che Podemos arrivi in Spagna a prendere l’80% dei voti. Non si vuol far vedere ai vari movimenti di protesta che un’altra strada è possibile. Ora mi auguro che si arrivi a un compromesso, che si trovi un’ultima possibilità. Non è possibile che per la Bce, che crea 60 miliardi di euro al mese, siano introvabili 15 miliardi. Se si costringe la Grecia a uscire dall’euro, sarà un fallimento per l’Europa e si rischia veramente l’effetto valanga.

Qualcuno sostiene anche che il referendum del 5 luglio sarebbe illegale, visto che l’ultimatum Ue scade oggi…
La mossa di Tsipras ha una forte valenza politica e in ogni caso lui ha già dichiarato che se vincesse il fronte del sì si dimetterebbe. La sua è stata una mossa per cercare di smuovere le acque e io mi auguro veramente che in queste ultimissime ore si riesca a trovare una soluzione che possa andare bene a tutti. Anche se la trattativa è sul filo del rasoio.

Se invece il compromesso non andrà in porto quali scenari si possono prevedere?
La cosa più probabile è l’uscita della Grecia dall’euro, con la conseguenza che il Paese sarebbe costretto a stampare un’altra moneta. Potrebbe nei primi tempi far circolare euro e dracma in parallelo. A quel punto l’effetto contagio euro sì, euro no sarebbe garantito.

E in Italia?
Si può ipotizzare come effetto immediato una svalutazione del 30% sui titoli di Stato.

FotoGettyImages

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