Famiglia

Perché in famiglia i conti tornano bene

Che fosse un luogo di economia sana lo aveva già scoperto il Nobel Gary Becker. Ma oggi la scienza economica va anche oltre...di, Luigino Bruni

di Redazione

La vita famigliare è ciò che più pesa per la felicità e l?infelicità delle persone. Le civiltà di ogni epoca, compresa l?attuale, ce ne danno ampia testimonianza. In particolare, dagli studi è ormai evidente che il reddito pesa relativamente molto meno dell?essere sposate e dell?avere figli nel nostro bilancio del benessere individuale, e sociale. Gli unici esseri che fanno fatica ad accettare questi dati siamo noi economisti, che restiamo meravigliati nell?osservare tali dati, e parliamo di ?paradosso della felicità?.

Così la vede l?economia
Il modo in cui la scienza economica guarda la famiglia è infatti caratterizzato da una grande parsimonia antropologica. Nonostante l?economia annoveri tra i suoi classici un autore come John Stuart Mill che nel 1869 ha scritto pagine tra le più belle mai pensate da filosofi sociali sulla vita di coppia intesa come agape, la teoria del matrimonio e della famiglia oggi prevalente è quella elaborata da Gary Becker negli anni 70, che gli è valsa il premio Nobel per l?economia.

Dalla scienza economica ufficiale la famiglia è considerata alla stregua di un ?mercato?, dove si scambiano beni (astraendo esplicitamente dall?amicizia e dalla relazionalità), retto da una logica puramente strumentale: «I beni prodotti dalla famiglia sono numerosi e includono la qualità dei cibi, la qualità e la quantità dei figli, il prestigio, la compagnia gradevole, l?amore (che viene inteso come una sorta di servizio), lo stato di salute. Di conseguenza, queste non possono essere identificate con il consumo o con gli output come sono tradizionalmente misurati: queste merci coprono una gamma molto più vasta delle attività e degli scopi umani» (Gary Becker).

Il tesoro nascosto
Ciò che resta fuori dall?analisi economica ufficiale della famiglia è l?idea che il rapporto umano possa avere un valore in sé, prima e indipendentemente dallo scambio di beni e servizi reciproci, che un figlio è anche ma non solo una sorta di assicurazione per la vecchiaia. In altre parole, l?analisi economica non annovera ancora tra i beni oggetti dei suoi studi i ?beni relazionali?, cioè quei beni dove è la relazione in sé a costituire il bene. La dinamica famigliare, quindi, prima di produrre beni e servizi di mercato, produce e consuma beni relazionali, cioè è una comunità creatrice di rapporti che sono costitutivi dell?identità, e che quindi svolgono un ruolo essenziale nel benessere personale.

Che cosa sono i beni relazionali?
Oggi alcuni economisti stanno iniziando ad occuparsi del bene (l?italiano Benedetto Gui è stato tra i primi ad introdurre l?espressione, nel 1987). Le caratteristiche-base di un bene relazionale potrebbero essere così sintetizzate.
a)Identità: l?identità delle singole persone coinvolte è un ingrediente fondamentale. Infatti, i beni che si presentano negli scambi dove ognuno può offrire in maniera anonima (acquisto di un dentifricio al supermarket o di un libro su internet) non sono relazionali.
b)Reciprocità: perché beni fatti di relazioni, essi possono essere goduti solo nella reciprocità; sono beni di reciprocità, non unilaterali.
c)Simultaneità: a differenza dei normali beni di mercato, siano essi privati o pubblici, dove la produzione è tecnicamente e logicamente distinta dal consumo, i beni relazionali (come molti servizi alla persona) si producono e si consumano simultaneamente; il bene viene co-prodotto e co-consumato al tempo stesso dai soggetti coinvolti (pensiamo ad una serata con amici).
d)Motivazioni: nelle relazioni di reciprocità genuine la motivazione che è dietro il comportamento è una componente essenziale. Lo stesso ?incontro? – ad esempio una cena – crea anche beni relazionali o soltanto beni ?standard? in base alla motivazione che muove i soggetti. Se il rapporto non è un fine ma solo un mezzo per qualcos?altro (fare affari) non possiamo parlare di beni relazionali.
e)Fatto emergente: il bene relazionale ?emerge? all?interno di una relazione. Forse la categoria di ?fatto emergente? coglie più della categoria economica della ?produzione? la natura di un bene relazionale. Dire che si tratta di un fatto emergente mette l?accento sul fatto che il bene relazionale è un terzo che eccede i ?contributi? dei soggetti coinvolti, e che in molti casi non era neanche tra le intenzioni iniziali.
f)Bene: un altro modo sintetico per dire cosa sia un bene relazionale è insistere sul sostantivo: esso è un bene ma non è una merce (nel linguaggio di Marx), ha cioè un valore (perché soddisfa un bisogno) ma non ha un prezzo di mercato.

I beni dell?infelicità
Infine, una caratteristica sintetica dei beni relazionali è la gratuità, nel senso che il bene relazionale è tale se la relazione non è ?usata? per altro, se è vissuta in quanto bene in sé, se nasce da motivazioni intrinseche. Dalla gratuità dipende anche la fragilità e la vulnerabilità dei beni relazionali: siccome non esiste per essi la possibilità di contratti, di sanzioni e di giudici, quando l?altro non corrisponde la nostra gratuità, o la tradisce, non solo il bene relazionale scompare, ma spesso si trasforma in ?male relazionale?, producendo sofferenza e dolore.

E' principalmente la loro fragilità che fa sì che le moderne società tendano a sostituire i fragili beni relazionali con le merci che sempre più tendono a simulare vere relazioni (si pensi alla tv o a internet: sono merci che si spacciano come rapporti umani), una truffa che però paghiamo caramente con la moneta della felicità (ho appena pubblicato uno studio con Luca Stanca sul rapporto tra tv e infelicità ).

Inserire i beni relazionali nelle analisi economiche produce importanti effetti in ambiti cruciali per la qualità della vita: dalla misurazione della ricchezza nazionale al benessere soggettivo sul lavoro, alla architettura delle città, alla comprensione del perché la vita famigliare pesi così tanto nella felicità delle persone.

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