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Perché il Sinodo è andato di traverso ad Israele

di Lucio Brunelli

Israele ha criticato aspramente il Sinodo sul Medio Oriente. «Una tribuna per attacchi politici nel segno della migliore propaganda araba». Non è piaciuto il messaggio finale dei padri sinodali, laddove si chiede all’Onu di far rispettare le risoluzioni del Consiglio di sicurezza sul ritiro di Israele dai territori arabi occupati. Non è andata giù la critica all’uso della Bibbia per giustificare l’insediamento dei nuovi insediamenti ebraici, specialmente a Gerusalemme Est. I patriarchi e i vescovi del Medio Oriente hanno le loro ragioni. Sono arabi e si sentono arabi, cioè poco capiti in Occidente. Vivono sulla loro pelle il dramma dei palestinesi e sentono come un’ingiustizia l’occupazione israeliana. Era la prima volta che si riunivano tutti insieme in Vaticano. Era prevedibile che uscisse un messaggio così.
I Papi, peraltro, dal 48 ad oggi, hanno sempre avuto a cuore la causa palestinese. Va detto però che a far tracimare l’irritazione di Israele è stato l’intervento di un singolo vescovo, greco-melchita, nemmeno residente in Terrasanta ma negli Stati Uniti. Nella conferenza stampa finale del Sinodo si è messo a dire che il concetto biblico di Terra promessa – da molti ebrei identificata in Israele – non ha più senso dopo il cristianesimo, in quanto Gesù stesso è la promessa di Dio all’uomo. Verità di fede per i cristiani ma non imponile agli ebrei per i quali il nesso tra la terra e l’Alleanza di Dio è inscindibile. In ogni caso non era né opportuno né giusto muovere a Israele una critica teologica. Sono convinto che senza l’intervento del melchita, a Gerusalemme avrebbero incassato il colpo del messaggio finale del Sinodo con maggior fair play.
EQUIVOCO
Di «Sinodo equivoco» e «antisionista» hanno parlato con delusione e fastidio Il Foglio e alcuni blog supercattolici infatuati dal verbo teocon.
Gioca qui un vizio ideologico, occidentalista. Si valorizza del Papa l’intransigenza dogmatica, liturgica e morale, ma si storce il naso (senza farsi troppo notare) quando lo stesso Papa critica le aberrazioni del capitalismo o difende i diritti dei palestinesi.

ipse dixit
Le cose più belle non ce le meritiamo mai, arrivano come doni inaspettati.

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