Volontariato

Perchè i cattolici sono in fuga da Prodi

Lo spiega Andrea Riccardi della Comunità di Sant’Egidio: «Mancano segnali che siano di per sé significativi»

di Maurizio Regosa

A leggerla (e non fra le righe), la ricerca realizzata da Ipsos per conto della Margherita sui cattolici nella politica italiana, presentata a Roma, è davvero molto eloquente. Riferisce di un disagio crescente rispetto al gioco delle parti nel quale spesso la politica precipita, di una consapevolezza più esigente e non disponibile a fare sconti. Ma soprattutto riflette alcuni cambiamenti significativi avvenuti nell?universo cattolico. Quello che emerge infatti non è un mondo ?monolitico? (non lo è mai stato, ma per anni ha prevalso quel mortificante stereotipo). È piuttosto un universo vivo, articolato, non facilmente etichettabile.

Un solo esempio: dentro quel 12,3% degli intervistati (in tutto 20mila) che si dichiara ?praticante impegnato?, ci sono ragazzi fra i 18 e i 24 anni (quasi il 10%), giovani fino ai 35 (il 9,6%) e poi, via via, le altre fasce d?età (ciascuna si attesta a oltre il 12%) fino ad arrivare al 14,3% degli over 65 (i pensionati sono in tutto il 13,1%). Non solo: oltre il 25% ha un titolo di studio superiore o una laurea… Un segmento che in pratica rappresenta la società italiana, né più né meno.

Sicché nessuna meraviglia quando, nella seconda parte della ricerca, si certifica in sostanza un atteggiamento consapevole e adulto: questo mondo non è più disponibile a dare deleghe in bianco. A nessuno. Né a destra né a sinistra. Ha fiducia nella politica come ricerca di sintesi democratiche e pluralistiche. Ma vuole andare a vedere, partecipare e dire la propria. Chiede dei cambiamenti di rotta, è disponibile a nuove e più larghe alleanze (il 56% del totale degli intervistati, dai cattolici impegnati fino ai laici, le ritiene opportune, mentre il 57% sollecita una politica alternativa a quella dell?attuale governo).

I cattolici insomma non stanno bene in questa politica e, quando sono interpellati, lo dicono a chiare lettere, lanciando anche quelli che il senatore Luigi Bobba considera «segnali d?allarme». Segnali che vanno interpretati rapidamente (aspettando il Partito democratico e la sua capacità di essere casa pure dei cattolici) anche se, ha precisato Francesco Rutelli (vicepremier ma qui in veste di presidente della Margherita, nella foto), «le critiche non sono del tutto motivate, tuttavia il disagio esiste e perciò va affrontato».

Certo è che le sollecitazioni sono numerose. In gioco, ha commentato Andrea Riccardi della Comunità di Sant?Egidio, c?è il rapporto fra politica e religione. E quindi un livello assai profondo: «L?ipotesi che ha avuto grande credito negli ultimi 30-40 anni, e cioè che più modernità significasse più secolarizzazione, è stata smentita. Il vissuto religioso e la fede non sono diventati irrilevanti. Il paradosso è che nella seconda Repubblica, mentre la religione tornava come fenomeno centrale in tutto il mondo, la questione cattolica è scomparsa dal dibattito. Il mondo cattolico va intercettato con un linguaggio, con una politica e con segnali che siano di per sé significativi. Fino a oggi il centrosinistra non ha saputo farlo».


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