Volontariato

Perché Frisullo è in galera

«Chi crede che la nostra sia una vera democrazia si sbaglia, da noi comandano sempre i militari»

di Federico Cella

Le ultime notizie accendono una luce di speranza su una rapida risoluzione del caso Frisullo (vedi box). Non stiamo rivivendo un remake del film ?Fuga di mezzanotte?, fortunatamente; la Turchia sta cambiando, i canali televisivi privati, presenti dal ?93, aprono delle finestre meno governative (ma neanche troppo) sulla realtà del Paese. Ma l?Aziz, la tremenda polizia militare, è sempre dura e potente. «Chi crede che nel nostro Paese ci sia una vera democrazia, si sbaglia di grosso: il comando è sempre saldamente in mano ai militari, che gestiscono il governo in modo da mantenere sotto controllo il mosaico di realtà altamente esplosive che è lo Stato turco». Chi parla è un giornalista, direttore di uno dei gruppi editoriali turchi più imponenti (una tv e decine di testate giornalistiche): lo chiameremo Fatih Urek, uno dei più gettonati personaggi televisivi del momento.
«Se tu mettessi il mio vero nome, malgrado la mia posizione e il fatto che l?intervista esca su un giornale italiano, rischierei seriamente di essere arrestato. Ma lo sai quanti colleghi sono letteralmente spariti nel nulla negli ultimi anni?». Fatih Urek non si considera un turco, ma un cittadino del mondo: ha lavorato in Italia e negli Stati Uniti. Queste esperienze gli hanno procurato ?la distanza? sufficiente per valutare la vera realtà del suo Paese. «Spesso, infatti, smetto i panni del giornalista istituzionale per collaborare anonimamente con alcuni giornali indipendenti, per denunciare il drammatico stato dei diritti umani in Turchia, un Paese che vorrebbe fare il salto nel nuovo secolo. Ma è una partita persa in partenza, perché è la popolazione stessa a non essere pronta: 63 milioni di poveri contro 4/5 mila famiglie molto ricche e potenti; da noi, tanto per intenderci, non si è ancora costituita una classe media».
Nella caotica, ma operosa, mattinata di Istanbul, città a cavallo tra Europa e Asia, ma molto più in stile europeo, queste parole sembrano fuori luogo, esagerate. Poi ci si accorge che ogni dieci/venti metri, in ogni strada della città, ?ammiccano? uomini in divisa armati di mitra: perché? «La ?normale? gestione del potere tramite la forza. Basta pensare al fatto che Ataturk, il padre della Patria e di noi tutti, era lui stesso un militare, intento alla costituzione di uno stato laico contro il rischio di una presa di potere del fondamentalismo islamico. Abbiamo mutuato la Costituzione e le leggi dai grandi stati europei, ma viviamo nella falsità di un ordine mantenuto con le armi, sempre a rischio di una guerra civile tra le due anime del nostro Paese». L?Algeria, ammette Fatih, non è poi così lontana.
Un ordine, quello militare, che appare necessario al di là della politica nazionale, ma che ha le sue radici, e le sue entrate, nel ruolo unico di cuscino tra Occidente e mondo islamico. «Già, la sicurezza dell?Europa, di Israele… ma intanto qui da noi, in Anatolia, la gente vive come in una nazione del Terzo mondo. E cerca rifugio sempre più nell?Islam, dove trova parole di speranza nonché le generose elargizioni di Iran, Iraq e Siria, e degli altri Paesi fondamentalisti che ci vedono, al contrario, come il trampolino di lancio verso gli infedeli».
Tutto viene sacrificato alla necessità di combattere il fondamentalismo: i soldi per le infrastrutture mancanti appena si esce dalle città, per il rilancio economico (l?inflazione è attestata attorno al 100% annuo), la libertà di opinione; e anche il popolo curdo. «La questione curda nasce in modo non differente, per esempio, da quella vostra della Lega Nord: i curdi vivono tra noi, io personalmente ho molti amici, sono presenti in Parlamento e chiedono il riconoscimento della loro identità. Ma è stata fatta diventare una lotta di unità nazionale quella contro di loro, dei nemici contro cui unirsi. Ecco il ?reato? di Frisullo». E paradossalmente, Fatih Urek chiede a noi gli ultimi sviluppi. Perché solo ultimamente la stampa turca (e quella italiana no?) si è ?accorta? di Dino il Pacifista; e ha deciso di sollevare parte del velo militare che nasconde la remota città di Diyarbakir, simbolicamente equidistante tra Ankara e Baghdad, nella regione del Kurdistan. «Eh, lui stava facendo casino. Solo una manifestazione per i diritti dei curdi, ma già troppo per un Paese dove il pensiero è ancora considerato reato».
Per concludere, chiediamo a Fatih una battuta sul possibile ingresso della Turchia come membro a tutti gli effetti della Comunità europea. «Ecco, proprio una battuta, l?Europa per noi è questo; solo un sogno, magari un obiettivo, di una nazione che prima deve arrivare alla reale diffusione dell?economia e dei diritti più elementari. E se sarà possibile, ma non lo credo, in modo non cruento». Arrivano le 16.45 ed è, con l?ora legale, uno dei momenti della preghiera giornaliera. Dai megafoni delle moschee parte la lettura di passi del Corano. Attorno una piazza gremita dal mercato, dove, inaspettatamente, solo tre o quattro persone si preparano a inginocchiarsi, rivolte verso la Mecca. «Sai, l?Europa si trova dalla parte opposta», sorride furbo Fatih Urek.

Caso Frisullo
Lettere e fax contro il silenzio

«Il governo italiano potrebbe fare di più affinché Dino Frisullo venga rilasciato al più presto dalle carceri della Turchia». Non ha bisogno di spiegazioni il primo documento dell?Ufficio curdo in Italia, che ha lanciato la ?Campagna per la liberazione del pacifista Dino Frisullo?. Anche il Parlamento europeo aveva chiesto, la scorsa settimana, la sua ?liberazione immediata?. Frisullo, incarcerato dal governo di Ankara per la sua battaglia per il riconoscimento dei diritti del popolo curdo, era stato arrestato a Diyarbakir, capitale del Kurdistan turco, il 21 marzo scorso durante il Capodanno curdo, assieme ad altri 21 non violenti italiani.
In ogni caso un portavoce dei curdi in Italia rassicura sulle sorti dell?italiano: «Quando Frisullo è stato gettato nelle carceri turche, insieme a delinquenti comuni, si temeva che gli stessi compagni di cella potessero creargli seri problemi. Tuttavia quando Dino ha iniziato a occuparsi dei loro problemi, insegnando loro anche la lingua inglese, il pericolo è diminuito. Ma, se potete inviategli delle lettere in prigione per non farlo sentire solo. È utile anche mandare così tanti messaggi di protesta da bloccare i fax dei ministeri turchi. Affinché gli occhi di tutto il mondo siano puntati sul caso e si sappia che quella di Ankara è solo una decisione politica».
L?ufficio curdo in Italia si appella inoltre a personaggi italiani famosi, affinché aderiscano alla campagna per la liberazione di Frisullo. ?Vita? pubblica volentieri l?indirizzo del carcere turco dove scrivere al pacifista italiano, nonché i fax del governo della Turchia, da raggiungere con messaggi di protesta per la sua detenzione. Scrivete in carcere a:
Dino Frisullo, E Tipi Cezaevi 7, Kogus, Diyarbakir, Turkiye
Inviate fax di protesta al governo della Turchia:
ministero di Grazia e Giustizia fax 0090-312-4173954
ministero dell?Interno fax 0090-312-4172390
ministero degli Esteri fax 0090-312-2128936

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