Cultura

Perché è esplosa una nuova voglia di mutualismo?

Quella di mutualismo è una voglia, non solo necessità. Segno che non si tratta di rispondere a una paura, ma che siamo di fronte a un atteggiamento diverso. Intervista a Stefano Zamagni

di Francesco Maggio

Quella di mutualismo è una voglia, non solo necessità. Segno che non si tratta di rispondere a una paura, ma che siamo di fronte a un atteggiamento diverso. Per Stefano Zamagni è che siamo stanchi della filantropia: vogliamo che l?etica riguardi la fase di produzione della ricchezza, non solo la distribuzione del reddito. Meglio sarebbe allora parlare di voglia di reciprocità, di cui il mutualismo è un sottoinsieme. Che tuttavia tira, tanto da essere una ?minoranza profetica?. A tre condizioni: che sia coerente, coniughi libertà e democrazia e non si faccia sedurre dal mito omologante del group think.

Il mutualismo: una categoria antica che torna di grande attualità. Lo scrivevamo due settimane fa a proposito dell?evento Voglia di mutualismo organizzato da Vita alla Triennale di Milano, che ha registrato pienone di pubblico e di maîtres à penser, di protagonisti dell?economia, della politica, delle istituzioni. Quindi è inevitabile porsi (e riproporsi) la domanda: perché un così diffuso ?desiderio intenso, volontà di fare?? Il mutualismo è cosa complessa, la risposta a tale domanda non può che essere altrettanto articolata, l?interlocutore cui ?affidarla? non può non avere consumata padronanza di simili categorie concettuali. Chi, allora, se non Stefano Zamagni, ordinario di Economia politica all?università di Bologna, ?padre? dell?economia civile, fenomeno così ?affine? al mutualismo?

Vita: Professore, c?è davvero voglia di mutualismo, seppur in chiave rinnovata, oppure assistiamo solo al tentativo di esorcizzare alcune paure?
Stefano Zamagni: Prima di rispondere devo fare una premessa: il mutualismo è una specie del genus reciprocità, dunque il mutualismo sta dentro il principio di reciprocità. Non è vero il contrario. Io avrei preferito che si parlasse di voglia di reciprocità, perché il concetto di reciprocità è più ampio. Il mutualismo è una particolare forma di reciprocità che si è storicamente attuata all?inizio dell?Ottocento con le prime cooperative e, soprattutto, le società di mutuo soccorso. È una species di un genus e «genus numquam perit», il genere non perisce mai, le specie invece sì. Mentre il principio di reciprocità è ontologicamente fondativo della persona umana, non altrettanto può dirsi del mutualismo e della mutualità che è storicamente determinata.

Vita: Fatta questa doverosa puntualizzazione, stiamo allora assistendo a una rinnovata, generalizzata voglia di mutualismo?
Zamagni: La mia risposta è sì. La categoria della reciprocità ma anche del mutualismo viene chiamata in causa come forma alta di ingresso della cosiddetta dimensione etica nel discorso economico. Fino ad anni recenti la dimensione etica nel discorso economico era riferita al momento finale del processo, quello che concerne la destinazione del reddito o della ricchezza prodotta – tipico è il caso della filantropia – mentre ultimamente ci si è resi conto che questo non basta più. L?ingresso dell?etica nell?attività economica non può limitarsi all?ultima fase, quella della distribuzione, ma deve riguardare anche quella della produzione del reddito e della ricchezza e nel momento in cui questo questa avviene. È qui che emerge la categoria della reciprocità di cui il mutualismo è una specie storicamente importante. Questo è il punto che serve anche per capire come interpretare le recenti decisioni di Bill Gates e Warren Buffet di destinare gran parte del loro patrimonio a scopi filantropici: rappresentano il vecchio, non il nuovo, un modello antico un secolo e mezzo, di chi fa i soldi e poi li destina a fini di beneficenza. Ecco perché c?è voglia di mutualismo, cioè di reciprocità, c?è voglia di persone che vadano a lavorare in luoghi in cui non vengono prima sfruttate e poi il frutto dello sfruttamento viene elargito a chi ne ha bisogno. È questa la ragione per cui io prevedo che l?approccio filantropico alla Gates non durerà ancora a lungo.

Vita: La reciprocità di cui lei parla chiama in causa un?idea di cittadinanza che, a sua volta, presuppone la libertà del cittadino. Che rapporto c?è tra mutualismo e cittadinanza?
Zamagni: La nozione di cittadinanza è nata storicamente, ed è declinata ancora oggi, con riferimento alla sfera del politico, cioè alla sfera della cosa pubblica. E quindi la nozione di cittadinanza ha anche a che vedere con i diritti oltre che con i doveri della persona quando agisce nell?agorà della polis. La nozione di cittadinanza non è mai stata declinata nei confronti del rapporto tra cittadino e luoghi produttivi, anche se negli ultimi tempi ci si è resi conto di una simile lacuna e quindi si va facendo largo una nuova idea di cittadinanza d?impresa. In questo senso può ravvisarsi un collegamento, il bisogno di reciprocità lo possiamo abbinare alla domanda di cittadinanza economica.

Vita: E tra mutualismo ed economia civile quali sono i punti in comune?
Zamagni: Il mutualismo è una espressione alta dell?economia civile, però non la esaurisce. Per questo ho coniato l?espressione ?economia civile?, perché altrimenti il rischio era di mettere in un ghetto quelle espressioni o attività economiche che si ispirano al principio di reciprocità. La mia ?tensione? è verso un mondo nel quale il principio di reciprocità entri anche nelle imprese di tipo capitalistico, perché non mi piace una società in cui chi lavora nell?impresa capitalistica è trattato in un certo modo, chi lavora nella cooperativa in un altro. Il progetto dell?economia civile è più ampio del mutualismo perché tende, attraverso le contaminazioni virtuose, a contagiare anche altre sfere.

Vita: Da qui, certe sue critiche al settore non profit?
Zamagni: Già, perché il non profit tende a individuare una sfera dentro la società dove si pratica una logica diversa. Disinteressandosi di quel che avviene nelle altre sfere. L?idea dell?economia civile è che noi dobbiamo civilizzare tutto il mercato, evidentemente in forme e gradualità diverse. In questo senso le forme di impresa che realizzano la mutualità svolgono un ruolo che si definisce di minoranza profetica. La prospettiva di rinchiudersi in un ghetto non è affatto interessante.

Vita: Cosa intende, in particolare, per minoranze profetiche?
Zamagni: Minoranza profetica, tecnicamente, è un termine della teoria dei giochi, un sottoinsieme di un certo gruppo che persegue una strategia cooperativa pur sapendo che gli altri non perseguono una strategia non cooperativa. Minoranza profetica è un sottogruppo in grado di rimanere coerente alla scelta della strategia cooperativa per un certo numero di mosse del gioco. In sostanza, sono coloro che non si scoraggiano.

Vita: Quali sono le peculiarità identitarie del mutualismo?
Zamagni: Il mutualismo deve soddisfare, essenzialmente, tre condizioni. La prima è la coerenza psicologica, deve esserci, cioè, coerenza tra enunciazione di principi o valori e comportamenti effettivi. Questa è una condizione dirimente. Mentre un?impresa capitalistica non ha tale esigenza da soddisfare, per l?impresa mutualistica, al contrario, si rivela fondamentale. Io non posso fare il cooperatore, accettare una carta dei valori e poi nel mio agire quotidiano comportarmi in maniera dissonante, perché questa dissonanza compromette, spacca, l?intero contesto. Io non posso avere una governance che contraddica certi valori nel nome dell?efficienza. L?impresa capitalistica lo può fare, perché l?unica condizione che deve necessariamente soddisfare è l?efficienza. Quando poi l?impresa capitalistica decide di darsi un codice etico e di rispettarlo, non solo a parole ma soprattutto nei fatti, allora vuol dire che sta andando verso l?economia civile.

Vita: La seconda condizione?
Zamagni: La seconda condizione da rispettare è quella di evitare, nel modo più assoluto, il ?group think?, il pensiero di gruppo. Ossia quell?atteggiamento prevalente all?interno di una organizzazione che tende a eliminare il pensiero critico e a esaltare il pensiero calcolante a scapito del pensiero pensante. Ebbene, è stato ampiamente dimostrato come quando in una organizzazione di impresa o di altro tipo il group think prende piede, porta alla distruzione, perché il group think induce alla omogeneizzazione dei pensieri e alla demonizzazione di chi la pensa diversamente. Se questo accade si corre un rischio altissimo. Mentre nell?impresa di tipo capitalistico questo rischio è meno presente perché un azionista può andarsene via in ogni momento, nel caso delle imprese mutualistiche non è possibile, se io sono in disaccordo non posso andarmene via se non dopo un certo periodo di tempo e dopo aver speso risorse anche significative. Ne consegue che, non di rado, si tende a far prevalere il group think, cioè l?omologazione: tutti la pensano come il capo. Ma c?è la prova empirica che ciò porta alla rovina dell?organizzazione.

Vita: Infine, la terza condizione?
Zamagni: La terza condizione riguarda la necessità di fare i conti con il teorema di Amartya Sen del 1970 della ?impossibilità del liberale paretiano?: un teorema che dimostra che ci sono delle situazioni in cui il principio di libertà risulta incompatibile con il principio democratico. Questo è un punto sul quale le organizzazioni mutualistiche devono prestare attenzione. Mentre all?impresa capitalistica interessa solo il principio di libertà e non quello democratico, l?impresa cooperativa può e deve far stare assieme l?uno e l?altro. Poiché il teorema di impossibilità di Sen dimostra che in numerose situazioni i due principi non possono stare assieme, allora l?organizzazione cooperativa deve adoperarsi per realizzare una governance interna che scongiuri questo rischio.

Vita: Oltre che nelle Bcc, in quali altri ambiti della finanza il mutualismo oggi può trovare una concreta declinazione?
Zamagni: Oggi io guardo con interesse a come anche le banche commerciali stiano aprendo gli occhi su queste forme di organizzazione che sono state il territorio di elezione delle Bcc. Non è casuale che anche le banche commerciali si occupino di microcredito, di microfinanza, di credito agli immigrati. Le grandi banche italiane si stanno aprendo agli immigrati, è un interesse che si sposa con l?esigenza di assecondare i bisogni di segmenti di cittadini finora considerati non bancabili. Questo dimostra ancora una volta che certe espressioni di mutualismo stanno agendo da minoranze profetiche perché stanno facendo in modo che anche le altre forme di impresa – che fino ad anni recenti facevano spallucce nei confronti di quelle organizzate secondo i principi del mutualismo – oggi li stiano attuando.

Chi è Stefano Zamagni
Stefano Zamagni (1943) è professore ordinario di Economia politica all?università di Bologna e adjunct professor di Politica economica internazionale alla Johns Hopkins university di Bologna. Autore di decine di pubblicazioni, membro del comitato scientifico delle più prestigiose riviste di economia italiane e internazionali, presidente della Icmc – International Catholic Migration Commission di Ginevra, è considerato il padre dell?economia civile.Tre anni fa su Vita ha dedicato al tema dieci lezioni, pubblicate poi in un apposito quaderno intitolato Lezioni di economia civile.

Hanno detto
Alessandro Azzi – L?economia mutualistica non è un?invenzione lessicale, ma un modo specifico di fare impresa. Che funziona, genera valore economico e sociale, risulta efficiente e competitivo al pari di altre formule. Lo dimostra lo sviluppo e il successo, in Italia e in Europa, di una modalità imprenditoriale che è nata nel cuore dell?Ottocento e che resta straordinariamente moderna anche negli anni Duemila.

Johnny Dotti – Il nostro è un tempo di crisi. Per questo è un tempo straordinario. Finito lo Stato-nazione e tramontate le autorità morali, nessuno disegnerà l?ordine delle cose al posto nostro. Il futuro è nelle nostre mani. A patto di avere un orizzonte entro cui progettarlo. Con tre parole chiave: mutualizzare i bisogni; responsabilizzare i desideri; governare i valori.

Savino Pezzotta – Lo sviluppo della mutualità, nel recente passato, ha interessato prevalentemente aspetti di tutela della salute e dei servizi socio-assistenziali. Oggi l?ambito di riferimento si sta ampliando, ricomprendendo la tutela pensionistica, il welfare aziendale (vedi gli asili nido per i dipendenti), i servizi erogati dagli enti bilaterali. Alla base della mutualità c?è la consapevolezza che lo Stato non riesce più a garantire un sistema di protezione sociale in grado di rispondere alle istanze di una società in continua evoluzione.

Leggere
Pietro Cafaro
La solidarietà efficiente

Laterza 2001, pp. 513, euro 31

Franco Archibugi
L?economia associativa

Edizioni di comunità 2002, pp. 485, euro 32

Luigino Bruni
Reciprocità

Bruno Mondadori 2006, pp. 224, euro 20

Gianluca Fiorentini
Pubblico e privato nel nuovo welfare

Il Mulino 2000, pp. 355, euro 23,24

Luigino Bruni, Stefano Zamagni
Economia civile

Il Mulino 2004, pp. 320, euro 23

Amartya Sen
La diseguaglianza. Un riesame critico

Il Mulino 2000, pp. 220 euro 15

Voglia di mutualismo
Communitas n. 10

Vita Altra Idea, pp. 304, euro 7

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.