Sostenibilità

Perché dico no alle trivelle sulle colline del Montepulciano

di Redazione

L’Eni si appresta a trasformare la nostra regione in un megacampo petrolifero, trasformando il 50% del territorio in zona per l’estrazione del petrolio, comprese le colline del Montepulciano Doc, il Parco nazionale della Majella e quello d’Abruzzo, Lazio e Molise.
Il petrolio abruzzese è di qualità scadente. È un fango fortemente corrosivo e denso. L’indice API è 12. Il petrolio migliore del mondo è quello texano ad indice 40. Quello peggiore sono le sabbie del Canada con indice 8. Dunque, il petrolio abruzzese è giusto un po’ meglio delle sabbie bituminiche dell’Alberta. L’idea dell’Eni è quella di trasformare 15 ettari di terra a Montepulciano doc ad Ortona in una raffineria di petrolio creata apposta per desolforizzare le schifezze del sottosuolo abruzzese. A 500 metri dal mare. L’Abruzzo quest’ anno è arrivato quarto al Vinitaly di Verona per numero di medaglie sulla qualità dei vini. Questa regione fino a 50 anni fa era povera. Ora, la possiamo rigirare come vogliamo, ma vino, agricoltura, turismo e petrolio non possono coesistere. Il rapporto guadagno petrolifero/perdita agricoltura è infinitamente basso. Ad Ortona, il petrolio porterà 30 posti di lavoro (l’ha detto l’Eni stessa) a fronte di 5mila famiglie nei vari comuni attorno alla proposta raffineria impiegate nell’agricoltura che perderanno il loro sostentamento, per non parlare del turismo e della pesca del luogo. Il petrolio abruzzese non è una risorsa per l’Abruzzo, ma per l’Eni. Non esiste un comune “petrolizzato” in Italia dove si vive bene con il petrolio: esplosioni a Trecate, petroliere inabissate a Genova, bimbi deformi a Gela, tumori fuori ogni limite a Falconara, inquinamento alle stelle a Melilli, Priolo, Augusta, Cremona, Falconara, Mantova, Sannazzaro, Sarroch, Marghera, Manfredonia. Ai petrolieri si vuole regalare il 50% del territorio, compreso parte dei parchi nazionali e la costa. Su quei territori vive l’80% della gente d’Abruzzo. Un sondaggio fatto dal governo centrale mostra che il 75% degli abruzzesi è contrario alle trivelle. La terra non è dell’Eni ma degli abruzzesi. Grazie ad altre opere già portate avanti (fra cui la centrale turbogas di Gissi), l’Abruzzo già produce più energia di quanto gli serva. Il petrolio non può coesistere con l’Abruzzo che conosciamo oggi.

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