Sostenibilità

Perché diciamo no al parco spa

Uno dei temi ambientali della legislatura che si è appena aperta sarà la revisione della legge 394/91, cioè la legge quadro sulle aree protette. Di Gaetano Benedetto

di Redazione

Uno dei temi ambientali della legislatura che si è appena aperta sarà la revisione della legge 394/91, cioè la legge quadro sulle aree protette. Una legge che ha avuto molti ?assalti?, che ha resistito a svariati tentativi di stravolgimento, che è stata strenuamente difesa dagli ambientalisti e dal WWF in particolare, ma che a seguito di un significativo e preoccupante spostamento di ruolo che hanno avuto gli enti parco necessita probabilmente di un ?tagliando?.

Senza un serio dibattito sulla legge quadro sarà difficile arginare il tentativo (presente anche a sinistra) di trasformare i parchi in soggetto politico di sviluppo territoriale. Per questo il WWF ha proposto a Federparchi di stimolare un confronto sulla legge quadro sulle aree protette, ma all?interno di una strategia sulla conservazione della natura. La legge è stata approvata nel 1991 dopo ottant?anni di confronti parlamentari. Questa, certo perfettibile, è una delle poche norme che ha dato risultati importanti, concreti e tangibili.

Intenzioni sospette
Il dibattito istituzionale intorno a questo fatto inconfutabile è apparso confuso, strumentale, pieno di pregiudizi. Testimoniano questo non solo le numerose proposte di modifica alla legge, quanto i numerosi interventi per contenere il ruolo dei parchi, per indirizzare l?attività degli enti gestori più allo sviluppo socio-economico che non all?attività di conservazione a cui questi sono istuzionalmente preposti. Dai verbali dei consigli direttivi emerge con chiarezza che i parchi dedicano pochissima attenzione ai temi della tutela e ragionano come enti di sviluppo o enti locali. In questo contesto, molte sono le proposte di riperimetrazione (in riduzione) delle aree protette nazionali e regionali, proposte che sono sintomo non solo di una difficoltà di gestione, ma anche di una difficoltà di relazione con le comunità locali e di dell?incapacità a saper cogliere le opportunità.

L?intervento sui parchi era stato tentato dal governo Berlusconi con la legge delega in campo ambientale. Ma in questo campo il governo non ha prodotto un testo di decreto legislativo e così la delega su questo tema non è stata esercitata.

Il testo invitava il governo ad «estendere i parchi nel rispetto dell?autonomia degli enti locali e delle popolazioni residenti», a prevedere l?«inserimento di ulteriori aree terrestri e marine di pregio». Il Governo avrebbe dovuto poi «articolare» e «differenziare le misure di salvaguardia» soprattutto in relazione alle «specifiche situazioni territoriali». Ed ancora, si sarebbe dovuto «favorire lo sviluppo di forme di autofinanziamento».

Come si può facilmente notare, si tratta di indirizzi generici e, nella loro genericità, anche condivisibili, ma i rischi sono molti.

Una riclassificazione delle aree protette (ad esempio introducendo la definizione di parchi agricoli, parchi fluviali, parchi geominerari ecc) potrebbe coinvolgere aree parco attualmente gestite come aree naturali: in concreto questo potrebbe significare togliere a significative porzioni di territorio i vincoli previsti per i parchi naturali. Questi infatti non si sarebbero più applicabili se quel territorio fosse definito (ad esempio) parco agricolo. Sarebbe poi inevitabile una riclassificazione troppo condizionata dagli interessi locali.

Fare cassa con la natura?
Ma a destare preoccupazioni è soprattutto il ruolo che i parchi devono assumere. Il WWF sostiene che troppe volte si è capovolto uno dei fondamenti della legge 394/91, quello per cui l?attività economica nelle aree naturali protette è ammissibile solo se compatibile con le esigenze ambientali e naturali dell?area protetta. In questo senso preoccupa l?accentuazione che si dà alle possibilità di autofinanziamento poiché spesso si sottintende l?esigenza di ?far cassa? non sempre in un modo pienamente rispettoso delle esigenze di tutela. Sarebbe follia continuare a costringere il sistema delle aree protette ad autofinanziarsi attraverso la progressiva riduzione dei finanziamenti così come è avvenuto negli ultimi cinque anni. Come ha detto Fulco Pratesi, «se per sviluppo si intendono gli impianti di risalita e di innevamento artificiale, i grandi insediamenti turistici, l?apertura di nuove strade, l?attività venatoria noi siamo contrari e gli enti parco che si oppongono fanno solo il loro dovere. Se però per sviluppo si intende la ripresa e la valorizzazione delle attività tradizionali, del pascolo e dell?agricoltura di qualità, dei prodotti tipici, dell?educazione ambientale e del turismo sostenibile, allora i parchi possono essere protagonisti di eccellenza».

Se dunque è vero che i parchi tanto meglio funzionano quanto più vedono la partecipazione delle comunità locali, è altrettanto vero che la loro funzione e il loro valore risponde ad interessi ben più ampi che a volte sono anche di ordine internazionale. I parchi come ?museo della natura?, cioè ?imbalsamazione delle realtà locali? ovvero ?negazione degli interessi sociali ed umani?, sono esistiti solo nella propaganda contro le aree protette. In realtà tutti coloro che si sono occupati di parchi hanno spesso rappresentato un approccio dinamico alla conservazione, teso cioè a salvaguardare le identità delle comunità locali e a recuperare e valorizzare in termini moderni quel tessuto di microeconomia che su quei territori insisteva. Così come d?altra parte è chiarissimo anche nella legge quadro che la funzione degli enti parco è anche quella di valorizzare e promuovere le attività produttive compatibili.

Senza tabù, ma anche senza strumentalizzazione politiche, si apra dunque un dibattito serio, evitando gli interventi puntuali, quelli del caso per caso. Si veda il tema della gestione delle aree protette come collegata e coordinata agli interventi di tutela della biodiversità. Noi confidiamo che Federpar-chi assuma finalmente un ruolo propositivo in questo dibattito rispetto al quale il WWF non mancherà certo di dare il proprio contributo.
Di Gaetano Benedetto, segretario aggiunto WWF Italia

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