Economia
Perché da noi nessuno è straniero
l non profit considera limmigrazione una risorsa. Anche se non si nasconde le difficoltà. Le coop fra extracomunitari non sempre decollano
Se si fosse in uno stadio, la legge Bossi-Fini, licenziata dalla Camera qualche giorno fa, sarebbe accolta con un?ondata di fischi.
Alla cooperazione sociale non piace, «è una legge che parte dalle paure e delle preoccupazioni, non affronta in alcun modo i problemi relativi all?inserimento sociale ed è un testo che peggiorerà le condizioni degli immigrati. Il nostro è un pessimo giudizio», conferma Davide Drei consigliere nazionale di Federsolidarietà con delega all?immigrazione.
Ma il coro è unanime. «Gli aspetti negativi della legge attualmente in vigore, con questo provvedimento sono stati accentuati», sottolinea il sociologo Carlo Melegari: «ogni volta che si inaspriscono le norme di ingresso si fa un piacere alla criminalità che organizza gli ingressi clandestini. Sono risposte sbagliate a pressioni che l?opinione pubblica, volutamente male informata, è spinta a fare. A mio avviso dietro il maggior rigore c?è la volontà di forti lobby che traggono vantaggio dalla condizione di clandestinità. Un clandestino è un lavoratore obbligato a essere flessibile, facilmente ricattabile e per questo appetibile da parte di alcune imprese».
La cooperazione sociale rappresenta per molti stranieri una via d?ingresso, molto spesso l?unica, per ottenere piena cittadinanza. «Dove c?è una forte presenza di stranieri», riprende Drei, «e dove la realtà cooperativa è consolidata, le cooperative sociali hanno saputo ereditare e consolidare le esperienze del volontariato che hanno avuto un ruolo fondamentale nell?affrontare le emergenze svolgendo un ruolo di ammortizzatore sociale. Le cooperative sociali hanno saputo dare continuità e professionalità a queste esperienze, gestendo le dinamiche che hanno consentito di dare piena cittadinanza a chi molto spesso non ne ha. Grazie all?esperienza maturata in questi anni, la cooperazione sociale è pronta a dare risposte che probabilmente nessun altro soggetto è in grado di dare».
I rapporti tra immigrati e cooperazione non si limitano a quelli tra erogatore e fruitore di servizi. Spesso gli stranieri non sono solo fruitori diretti dei servizi, ma anche soggetti erogatori. A Bergamo, ad esempio, c?è Migrantes, una cooperativa sociale di tipo A nata nel ?93: su 36 soci, 10 sono immigrati e due, un messicano e un croato, hanno in passato ricoperto il ruolo di presidente. La cooperativa svolge attività interculturali in collaborazione con enti pubblici, Comune, Provincia, prefettura e nelle scuole. «Soprattutto al Nord sono nate delle iniziative imprenditoriali sotto forma di cooperative tra immigrati, in particolare nel settore dell?edilizia e delle pulizie», spiega Germano Marcolegio presidente di Migrantes, «ma i risultati molto spesso sono stati fallimentari: le realtà che conosco hanno avuto un bassissima percentuale di riuscita perché non è stato colto il vero senso del fare cooperazione. Non si può gestire una cooperativa con lo stesso spirito con cui si governa un?impresa con scopo di lucro».
Per porre rimedio a questo gap culturale e per facilitare la diffusione anche in altri Paesi della cultura cooperativa, il Consorzio Cgm sta mettendo a punto diversi progetti. «L?idea che stiamo sviluppando è quella realizzare progetti di cooperazione da esportare, che sappiano farsi carico dello sviluppo della comunità locale», spiega Sandro Giussani, dello staff di Cgm.
«Entro l?anno sarà definito un progetto istituzionale per l?accoglienza e la sperimentazione dell?economia cooperativa in Paesi in via di sviluppo. Stiamo inoltre lavorando per esportare il modello di cooperazione con la costituzione di strutture da avviare nei Paesi di origine cercando, attraverso accordi con grandi reti europee e con il ministero degli Esteri, di favorire la commercializzazione in Italia dei prodotti, lasciando alle popolazioni locali la formazione e il governo dell?intero processo». Iniziative dal carattere innovativo che affrontano la questione dell?immigrazione esportando modelli di sviluppo e di democrazia economica. Anche questa è cooperazione.
Legge
a richiesta di Tabacci (Udc) di regolarizzare gli stranieri che lavorano nelle imprese, piace a Confcooperative. «Non è ?sanatoria?, ma una proposta ragionevole che va anche incontro agli interessi delle nostre imprese».
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