Non profit

Perché Berlusconi ha (già) perso

l’editoriale/ Tutti i segnali indicano una cosa: Berlusconi, qualunque sia il risultato elettorale, ha già perso. Perché la sua stella è declinata così rapidamente?

di Giuseppe Frangi

Tutti i segnali indicano una cosa: Berlusconi, qualunque sia il risultato elettorale, ha già perso. Possiamo cominciare a chiederci perché la sua stella è declinata così rapidamente. Quando entrò sulla scena politica nel 94 era un leader che aveva un?idea del paese, un?idea chiara, nitida anche se discutibile. Berlusconi era un imprenditore di successo (spregiudicato ma fuori dalle solite congreghe); con queste credenziali si candidava a guidare il paese per toglierlo dalle secche di una transizione estenuante e velenosa come quella dell?Italia post tangentopoli. In lui si incarnava la voglia di revanche dell?Italia moderata che non ha mai amato (anche se ha spesso usato) la sinistra post comunista. In lui si condensavano i sogni di successo di tutto il nuovo della composizione sociale, le partite Iva e i piccoli imprenditori e il loro fastidio per le burocrazie. Insomma era davvero il nuovo della politica, malgrado, e forse proprio, per i suoi accenti di antipolitica. Dopo dodici anni non solo Berlusconi rappresenta il vecchio (e non c?è lifting che tenga perché è questione di odore nella politica), ma ormai il suo messaggio è svanito nel rancore contro tutti. Lui che aveva rotto gli schemi della vecchia politica e aveva raccolto consenso trasversale, si è arenato nei pantani della politica. Ma dove Berlusconi ha fallito? Innanzitutto nella capacità di mobilitazione delle energie individuali. Berlusconi, via via, non ha più saputo istillare quella voglia di iniziativa che pure era stato il segreto del suo successo come imprenditore. Per mobilitare energie, infatti, bisogna suggerire anche categorie ?morali” per convincere la gente a rischiare. E su questo è completamente mancato. Ha fallito perché ha continuato a pensare che chi governa può governare contro metà del paese. La maggioranza elettorale non è come un patto di sindacato che permette di far polpette della minoranza. Il governo non è un cda aziendale. La democrazia non è autocrazia. è capacità di essere forti essendo tanti e diversi. Ha fallito puntando su un modello di rappresentanza verticale che si è concepita come relazione diretta e tutta mediatica con il singolo cittadino saltando tutti i corpi intermedi. Con questo modello quando il carisma si appanna il consenso cala in verticale, senza nessun paracadute. L?aver smantellato o snobbato tutte le rappresentanze intermedie alla fine ha esposto Berlusconi ai rovesci del consenso. Ma l?errore più grande Berlusconi lo ha svelato nel suo accanimento contro le coop. Lui che si era accreditato come nuovo modello imprenditoriale, ha scatenato la guerra contro l?entità più viva e meno allineata del nostro sistema produttivo. Dimostrando di non credere o di non capire che l?economia in generale è sempre, quando non si progetti come rapina a beneficio di pochi, costruzione di società (in senso lato e non solo per azioni). Il suo schematismo gli ha precluso il rapporto con forze economiche, vive, assolutamente dinamiche che invece era suo compito e interesse valorizzare. Sono lezioni che farebbero bene a ripassare anche le forze di centrosinistra che, se come tutto lascia pensare saranno i probabili vincitori della tornata elettorale, dovranno cominciare dall?11 aprile a far fronte ai problemi veri.


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