Mondo

Per un figlio mi faccio in 4

"Con mio marito avevo fatto domanda di adozione internazionale",racconta Raffaela."Poi ci hanno parlato diquattro fratellini, da prendere in blocco.Così siamo volati in India.

di Cristina Giudici

Quella che vi raccontiamo è una storia tanto sorprendente quanto felice. L?adozione internazionale significa spesso difficoltà e burocrazia, ma può essere anche un?esperienza di felicità. «Quando l?associazione International Adoption ci ha proposto l?adozione di quattro orfani indiani, ospiti di un istituto a Nuova Delhi, io e mio marito ci siamo detti: perché no?». Raffaela Paggi, 32 anni, insegnante di lettere alla scuola media dell?Istituto Sacro Cuore di Milano, ride divertita mentre racconta la sua insolita esperienza di neo mamma adottiva di quattro bambini: Raju di dieci anni, Sunita di otto, Bitoo di quattro anni e Pinki di tre anni. Un gesto di amore infinito, sicuramente in controtendenza in una società come la nostra dove pare complicato anche mettere al mondo un solo figlio. «Ci siamo sposati nel ?94 e abbiamo sempre desiderato di crescere un bel gruzzoletto di figli», spiega Raffaela. «I medici ci consigliavano di aspettare perché non avevamo problemi particolari di sterilità, ma i figli non arrivavano e così abbiamo deciso di ricorrere all?adozione. Nel 1996 sono iniziati i colloqui con le assistenti sociali, ma il tempo passava e non succedeva nulla. Così l?anno dopo abbiamo deciso di chiedere l?adozione internazionale. Abbiamo contattato un?associazione russa che non ci ha convinto: sono partiti in quarta chiedendoci di indicare se lo volevamo maschio o femmina, biondo o castano, con occhi scuri o chiari. Ma noi volevamo un figlio, non una bambola!». Poi finalmente il figlio è arrivato, anzi ne sono arrivati addirittura quattro. Tutti d?un colpo. Un?associazione di volontariato di Tarcento (Udine) ha proposto a Raffaela e a suo marito, Marco Pierazzi, l?adozione di quattro indiani orfani che vivevano in istituto da un anno e mezzo. I due ci hanno pensato un po? su, hanno chiesto consigli a parenti e amici, anche quelli che hanno già vissuto esperienze di adozione. Poi si sono decisi e la pratica di adozione per procura è stata avviata. In mezzo, sei lunghissimi mesi, segnati da mille emozioni: l?ansia dell?attesa, l?euforia dell?impazienza. La gioia della maternità, la paura di non essere all?altezza. «La prima volta che ho visto i bambini in foto, ho pianto dall?emozione», dice Raffaela. «Erano bellissimi e molto dolci. Poi ho preso carta e penna e ho scritto una lettera, per raccontare loro chi eravamo e dove vivevamo, che l?Italia era un paese bello e non dovevano aver paura. Pensavo a rassicurarli perché spesso l?errore che fanno i genitori adottivi è di pensare solo a loro stessi, mentre per bambini nati in un mondo così diverso, arrivare in Italia può essere un trauma. Loro mi hanno risposto con dei disegni e una lettera. I disegni ritraevano una casa, un albero di Natale (che avevano copiato da un libro) e una mamma cicciottella con trecce lunghe e nere. Nelle lettere la più grande scriveva: ?Sono felice perché aspetto mamma e papà, sono triste perché non so ancora chi siano? e si firmava con il nostro cognome». Così fra l?India e l?Italia sono iniziate le prove generali (virtuali) per costruire una famiglia grande e rumorosa, dove si sarebbe parlato inglese e italiano allo stesso tempo, e dove genitori dalla pelle bianca avrebbero imparato cosa vuol dire nascere in India e figli dalla pelle scura avrebbero imparato cosa significa crescere in Italia. A Delhi un avvocato indiano, che ha studiato a Perugia, insegnava ai bimbi parole di italiano e spiegava loro che da noi si mangia la carne, si indossano gonne corte e si gesticola molto. Infine, nel dicembre scorso, i coniugi Pierazzi Paggi volano a Nuova Delhi per incontrare i loro nuovi figli, con il cuore in gola. Ma appena bussano all?orfanotrofio, i quattro bimbetti si precipitano nelle braccia di mamma e papà e, come in una favola moderna, li costringono a ballare un valzer. Poi lo scambio i regali: un braccialetto per la piccola, un orologio per il più grande, orsacchiotti per gli altri due. I bimbi offrono una torta nuziale, disegni, pupazzi. «Siamo arrivati in Italia il 7 dicembre, c?era una tribù ad aspettarci: amici, amici degli amici, parenti, i miei studenti. Appena i bambini hanno avvistato le nonne, sono saltati in braccio anche a loro». Poi è arrivato il Natale e per Raju, Sunita, Bitoo e Pinki c?è stata la sorpresa della festa e dei regali. «Sapevano chi era Gesù, ma non riuscivano a capacitarsi che i regali erano tutti per loro. Stavano lì, imbarazzati, avevano paura ad aprire i pacchetti. Ora vanno già tutti a scuola. Sunita, che ha otto anni, ha avuto qualche problema, in India alla sua età le ragazze sono già quasi pronte per il matrimonio. Ci ha messo un po? a capire che è ancora una bambina, ma si sta abituando. Certo, è molto matura per la sua età e già cucina benissimo…». Ma lei, signora, come se la cava a fare la mamma? «Appena arrivata, non sapevo dove cominciare. Sia io che Marco siamo crollati, avevamo trattenuto troppe emozioni nello stomaco, nella testa e nel cuore. Uno dei bimbi ha anche preso l?orticaria, ma col sostegno di tutti, ce l?abbiamo fatta. Adesso ogni giorno è meglio del precedente e siamo felici». dal BRASILE nel 1995:436nel 1997:239(-81%) dalla BULGARIA nel 1995:127nel 1997:223(+75%)


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