Il 2 giugno del 1946, nelle prime elezioni a suffragio universale della storia italiana – dopo vent’anni di fascismo, la tragedia della guerra e la lotta di liberazione – si votò per il referendum tra monarchia e repubblica e per l’elezione dell’Assemblea costituente. Nacque da quelle elezioni la “Repubblica democratica fondata sul lavoro” come recita il primo principio della nostra Costituzione. Il 2 giugno, nel ricordo di quelle prime elezioni, è dunque la “Festa della Repubblica”. Dal 1950, per volere dell’allora ministro della difesa Pacciardi, l’evento principale della Festa della Repubblica è la parata militare; abolita nel 1992 dal Presidente Scalfaro, ripristinata nel 2001 da Carlo Azeglio Ciampi.
Nell’avvicinarsi delle celebrazioni, che prevedono anche quest’anno la contraddittoria e dispendiosa rassegna di uomini in armi, importanti network del mondo pacifista e nonviolento (Rete Italiana Disarmo e Tavolo Interventi Civili di Pace), solidale ( Campagna Sbilanciamoci), insieme agli enti di servizio civile (Conferenza Nazionale Enti Servizio Civile e Forum Nazionale Servizio Civile) insieme a moltissime altre realtà nazionali e locali, hanno scritto congiuntamente due lettere indirizzate rispettivamente al Presidente della Repubblica, per chiedere l’abolizione della parata, ed a tutti i parlamentari, per chiedere di disertarla, in obbedienza alla Costituzione.
Scrivono al Presidente affinché consideri che la Festa della Repubblica è la festa di tutti gli italiani e di tutte le categorie e per questo sollecitano “un’altra forma di celebrazione, che non associ simbolicamente la nostra repubblica alla sola forza militare”. Piuttosto, celebrare adeguatamente la Repubblica, scrivono i firmatari, significa “valorizzare le tante storie di chi ogni giorno s’impegna per il bene del nostro paese, lavorando per la coesione sociale, costruendo storie di pace, di giustizia di solidarietà”, perché è la stessa Costituzione che “ci indica come fondamento della nostra Repubblica sia la forza del lavoro, e non delle armi”. Senza dimenticare il Servizio Civile “unico parziale elemento che riesce a concretizzare quella “difesa non armata” della Patria”, prevista dal nostro ordinamento e ribadita dalla Corte costituzionale. Da ciò deriva la richiesta al Presidente di valorizzare queste esperienze civili, piuttosto che quelle militari. Le associazioni, i movimenti e gli enti, dal canto loro, il 2 giugno, “nello spirito dell’art 11 della Costituzione”, apriranno le sedi associative e quelle del servizio civile a tutti i cittadini che vorranno visitarle.
Gli stessi firmatari scrivono anche ai Presidenti di Camera e Senato, ai Capigruppo ed a tutti i parlamentari, ricordando loro che i primi 12 articoli della Costituzione, enunciando i principi fondamentali sui quali si fonda la nostra Repubblica, ne indicano come prima “identità” quella “democratica e fondata sul lavoro” e nell’articolo 11 è incastonato il ripudio della guerra “come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Per questo ritengono “che non risponda né alla lettera né allo spirito della nostra Costituzione celebrare la Festa della Repubblica con una parata militare”, la quale è invece il simbolo delle enormi spese militari che il nostro paese sostiene, compreso il progetto di acquisto dei cacciabombardieri F35 a capacità nucleare: “una scelta contro la Costituzione e dall’enorme sperpero di denaro sottratto alle tante necessità attuali (lavoro, sanità, istruzione, cultura, ricerca, protezione, pensioni, ecc.)”. E’ questa, scrivono ancora i firmatari “una contraddizione divenuta ormai incomprensibile per la gran parte dell’opinione pubblica”. Invitano pertanto i Parlamentari “a prendere posizione esplicita ed istituzionale attraverso un voto nelle due Camere, sulle modalità di celebrare la Festa della Repubblica”, partecipando invece alle celebrazioni civili, disarmate e nonviolente del 2 giugno “in piena obbedienza costituzionale”.
Insomma, un vero invito all’obiezione di coscienza verso la parata militare per un 2 giugno disarmato e costituzionale, a Roma e in tutta Italia. Se pure il presidente Napolitano anche quest’anno dovesse ignorare la lettera a lui indirizzata, sapranno almeno i parlamentari rispondere con un gesto di responsabilità costituzionale?
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