Il mondo e il Donald II

Per Trump l’Europa è solo una Cina-bis

Bruxelles avrebbe già dei piani per affrontare il ritorno del tycoon alla Casa Bianca e le sue idee protezionistiche in Economia e isolazioniste sulla Difesa. Nel diritto internazionale l'Ue resterà sola. Gli interrogativi sui trumpiani europei come Victor Orban

di Paolo Bergamaschi

Il 5 novembre si è chiusa la finestra temporale che avrebbe dovuto consentire all’Unione Europea di sviluppare e sostanziare il concetto di “autonomia strategica” auspicato da Emmanuel Macron e rilanciato spesso nei corridoi istituzionali di Bruxelles in vista del possibile ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca.

Per quattro anni in troppi da questa parte dell’oceano si sono trastullati e illusi che la presidenza di Joe Biden avrebbe messo fine alle strampalate ambizioni di chi voleva picconare un’alleanza transatlantica apparentemente indistruttibile. Non solo Trump è tornato, ma ha vinto a mani basse prendendosi anche il controllo delle due camere che avrebbero potuto intralciare il suo cammino trionfale. Ora l’Europa deve rapidamente fare i conti con la dura realtà interrogandosi sull’impatto che le scelte di oltre oceano avranno sul futuro del Vecchio continente. Trump non ha mai fatto mistero durante il precedente mandato di preferire relazioni bilaterali con i singoli stati membri piuttosto che con l’intero blocco. Non va dimenticato che in passato si era pronunciato a favore della Brexit attirandosi le critiche piccate della diplomazia europea.

I piani di Bruxelles per contrastare i dazi

Nel frattempo anche gli equilibri politici nell’Unione sono cambiati rendendo ancora più fragile un edificio che traballa ad ogni piccola scossa. Se Biden con l’Inflation Reduction Act di due anni fa aveva già imboccato la strada del protezionismo è quasi scontato che Trump si spingerà oltre adottando politiche commerciali ancora più aggressive.

Il contenimento e la riduzione del volume di scambi con la Cina rimane l’obiettivo strategico ma per l’anziano tycoon l’Europa non è che una “Cina numero 2” più che un alleato da trattare con riguardo. Niente sconti, quindi. Il mercato unico costituisce ancora il cemento che tiene in piedi la costruzione europea; senza di questo buona parte delle nostre imprese sarebbero condannate all’irrilevanza con conseguenze devastanti  per le tasche dei cittadini europei. Si dice che la Commissione europea abbia già pronti i piani di azione per contrastare le probabili misure della nuova amministrazione Trump che mirano a raddrizzare la bilancia commerciale che oggi favorisce l’Ue. Vedremo presto se saranno applicati e in che misura i paesi membri saranno determinati a farlo invece di bussare in ordine sparso alla Casa Bianca per lucrare su un trattamento preferenziale a scapito degli altri come probabilmente cercherà di fare Viktor Orban.

Il trumpismo e i trumpisti europei: il caso Orban

A proposito del leader ungherese in molti si interrogano sulla presa di Trump sulle istituzioni che si farà sempre su stretta mettendo a rischio i delicati equilibri della democrazia “liberale” che lo stesso Orban ha riconvertito a “illiberale” in un cortocircuito ideologico che fa a pugni con i nostri valori. Ma per il nuovo presidente americano non esistono valori certi o irrinunciabili. L’aggettivo più usato a proposito dai media anglosassoni è “transactional” ovvero con lui tutto è negoziabile, tutto si riduce a merce di scambio. Gli autocrati con lui vanno sul sicuro. A Putin un pezzo di Ucraina dopo che si è già preso un pezzo di Georgia e Moldavia purché si impegni a tenere sotto controllo il regime nordcoreano e quello iraniano interrompendo lo sviluppo del programma nucleare; all’Arabia Saudita forniture militari a iosa in cambio della normalizzazione delle relazioni con Israele a scapito, ovviamente, dei palestinesi la cui apartheid verrà certificata. D’altronde è stato lui durante il precedente mandato a trasferire la sede dell’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, riconoscendo questa città come capitale indivisibile di Israele, ed è stato sempre lui a riconoscere l’annessione delle alture del Golan. La difesa dei diritti umani si limiterà a quella delle minoranze cristiane nel mondo in particolare dei membri delle chiese evangeliche che in patria costituiscono il suo bacino elettorale. Dimentichiamoci dei dissidenti perseguitati  o dei prigionieri politici per non parlare dei militanti Lgbtq+.

All’Europa resta la fiaccola del diritto internazionale

Inizierà di nuovo, inoltre, e sarà più marcato lo scontro con gli organismi internazionali in particolare con la Corte penale internazionale se, come è probabile, confermerà il mandato di arresto nei confronti di Netanyahu richiesto dal procuratore capo. La fiaccola del diritto internazionale, della lotta al cambiamento climatico e dello stato di diritto rimarrà quindi nelle mani della vecchia Europa. Ma più che una fiaccola è un cerino che rischia di spegnersi presto scottandoci le dita.             

Nella foto di apertura, di Zumapress/LaPresse, Trump e Victor Orban durante un congresso Nato nel 2017.             

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