Cultura

Per sé e per gli altri

Teresio Gandini era di Alessandria. Nel 1994 il Tanaro aveva spazzato via la sua casa, e lui aveva trovato l’aiuto di decine di volontari. Dopo il sisma di settembre, era partito per restituire quanto

di Paolo Giovannelli

C? è una piccola croce in ferro, arrugginita e con le estremità a coda di rondine, circondata da tulipani bianchi e rossi e da rose, anch?esse rosse; fiori tutti messi in un catino, come quelli usati per lavare l?insalata. Sulla ruggine, una mano sicura, molto probabilmente di donna, ha scritto con una vernice bianchissima, lungo il braccio corto della croce, una data, 26 – IV- 98, e un nome: Teresio Gandini. La croce, uguale a tante che si incontrano improvvisamente in montagna, conficcate a ricordo di una disgrazia, si trova quasi in cima a una serie di strettissimi tornanti. A guardar sotto, le curve sembrano le spirali di un serpente sprofondato nel verde dei boschi di primavera. A guardar sopra, un po? sulla destra, l?eremo ?Maria Maddalena? della frazione di Pasano che si affaccia su Valtopina, uno dei centri umbri più segnati dal terremoto, a pochi chilometri dall?epicentro Colfiorito-Sellano. A Valtropina il 60 per cento delle case è stato dichiarato inagibile, compreso il palazzo municipale. La chiesa principale è puntellata da un fascio di legni, quasi fosse una pira.

L?ultima missione lassù, all?eremo
All?eremo voleva arrivare Teresio Gandini, volontario sessantasettenne della Protezione civile comunale di Piovera, frazione della provincia di Alessandria. Per rivedere suor Alberta, suor Nadia e suor Carla, tre francescane che hanno consacrato le loro esistenze alla Beata Angelina. Con altri compagni piemontesi, assieme ai quali quella triste domenica stava trasportando brande e vettovaglie per fermarsi alcuni giorni lassù, aveva promesso loro di ricostruire il minuscolo campanile a vela schiantato dal sisma e abbattuto da loro stessi perché pericolante. Avrebbero calato la campana dall?albero sul quale l?avevano provvisoriamente appesa, facendola rintoccare di nuovo per gli abitanti della valle. Non più fra i rami, ma al suo posto. Sarebbe stato l?ultimo gesto di affetto e solidarietà da compiere, per quest?anno, nel territorio di Valtopina, un?area di circa 48 chilometri quadrati; la ?ciliegina sulla torta? di tutta una lunga serie di azioni di assistenza, materiale e morale, avviate dall?inverno scorso.
A compiere quell?ultimo gesto, simbolico, Teresio non c? è arrivato: il suo autocarro, un Fiat 650, si è ribaltato in salita, finendogli sopra mentre tentava di gettarsi fuori. Un incidente stradale lo ha ucciso, tremila anime in tutto (la somma degli abitanti di Piovera e Valtopina) lo hanno pianto. La stampa nazionale non ha ritenuto il fatto degno di nota, giudicando l?accaduto un banale incidente da cronaca locale e sottovalutando, al punto praticamente da ignorarlo, il significato della morte di Teresio a Valtopina. È vero: quella domenica, a sette mesi esatti dal sisma più tremendo, il dramma non è stato causato da nessuna nuova scossa da panico, né si sono verificati altri crolli mortali di importanti volte affrescate. Eppure ci sarebbe da discutere. Teresio, che quel giorno stava andando ?dalle sue suore?, si era recato tante volte da tante altre persone di Valtopina: per aiutarle in ogni loro difficoltà, piccola o grande che fosse, per alleviare le loro sofferenze ?da terremoto?.
«Era giunto da noi», rammenta il sindaco di Valtopina, Giancarlo Picchiarelli, che interrompe per un momento il ricevimento di altri volontari trentini, «nello scorso novembre, quando le famiglie iniziavano a trasferirsi nei container, sia in quelli del villaggio chiamato poi ?Alessandria? sia negli altri del ?Subasio?. Per i miei concittadini ha fatto veramente di tutto e molti andavano a cercarlo proprio al villaggio ?Alessandria?. Personalmente lo ricordo impegnato a costruire piccole scale di accesso ai moduli abitativi per agevolare soprattutto l?ingresso di bambini e anziani. Per questo, per tutti da queste parti, era semplicemente ?Teresio?.
Teresio era memore di quando il fiume Tanaro, nel novembre 1994, aveva con violenza alluvionato la sua casa. Si ricordava della concreta solidarietà ricevuta da uomini e donne mai visti prima che la gente chiamava semplicemente ?volontari?. Sbattuto sulla strada dalle forze della natura, adesso che la natura aveva colpito ancora, voleva restituire quel sostegno puntuale e concreto ricevuto. Con il figlio trentunenne Gianmichele, orafo di professione, a Valtopina si alternava nelle fila del suo gruppo di volontariato, per non lasciare sola sua moglie, Maria Assunta, gravemente malata.

Una quercia accanto alla croce
«Se dovevi iniziare qualcosa, qualsiasi cosa per gli altri», ne parla così suor Alberta, seduta all?ombra di due alberi nel piazzale dell?eremo ?Maria Maddalena?, luogo ideale per ritemprare lo spirito, «dovevi partire da lui. Un generoso, un cuore grande». Un eroe del quotidiano, insomma, che continua ad andare incontro agli altri nella foto scattata a Valtopina dal suo amico Marco Bologna, responsabile del gruppo di volontariato e sindaco di Piovera. Con un sorriso, la camicia da boscaiolo a scacchi colorati ben slacciata sulla canotta e un boccione di vino in mano, di quelli da due litri prediletti da coloro che amano stare a lungo in numerosa compagnia. Di certo, negli anni a venire, di incontri e tavolate fra gli abitanti di Valtopina e quelli di Piovera ce ne saranno molti e di vivaci, per quanto il bello e la positività della vita scorrevano in Teresio. Il tono delle lettere che si sono scambiati i due sindaci, prima e dopo il suo funerale al quale ha partecipato una folla di valtopinesi, non lascia dubbi a riguardo.
Tra qualche tempo, accanto alla piccola croce arrugginita, crescerà anche una quercia, desiderio che il figlio Gianmichele ha espresso alla municipalità umbra per ricordare suo padre.
Un albero forte e generoso, come quel volontario morto per amore e di cui in pochi, in troppo pochi forse, hanno parlato.

Scambio di aiuti
La catena della solidarietà ora lega Sarno a Serravalle

Volevano portare la loro solidarietà agli amici di Serravalle di Chienti, conosciuti per lettera. Ma poi ci ha pensato la natura ad accomunare le loro sorti. Rendendo impossibile la loro visita agli amici marchigiani. Sono i ragazzini della scuola media di Sarno che, dopo uno scambio di lettere con i piccoli della scuola elementare di Serravalle, avevano deciso insieme ai loro professori di prendere un pulman e andare a trovare i loro compagni, regalando tute, scarpe da ginnastica e anche tanta amicizia, necessaria quando le condizioni attorno si fanno dure. Ora, però le condizioni sono dure per tutti. Anzi, forse di più per i ragazzi di Sarno che non si aspettavano certo di essere improvvisamente sbalzati da un giorno all?altro nel mezzo di una tragedia di dimensioni apocalittiche.
E così chi era il destinatario degli aiuti, è diventato il soccorritore. I genitori della scuola elementare di Serravalle di Chienti hanno già iniziato una raccolta di fondi da inviare in Campania al più presto e lo stesso sindaco marchigiano Venanzo Rocchetti si è impegnato in prima persona. Nessun progetto o ideale lega le persone più dell?esperienza.

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