Sostenibilità

Per riciclare i rifiuti organici useremo i batteri mangia-plastica

Jessica Zampolli, assegnista di ricerca del dipartimento di biotecnologie e bioscienze dell'Università di Milano-Bicocca: « L’obiettivo del nostro progetto è la messa a punto del primo trattamento italiano di trasformazione e degradazione microbiologica della plastica»

di Luca Cereda

La plastica è ovunque, nelle neo-isole che si sono create per via dei rifiuti nell’Oceano Pacifico, ma sono anche all’interno dei rifiuti delle raccolta differenziata: insomma la nostra plastica contamina anche i rifiuti organici, nella fase della loro raccolta differenziata. Spesso, infatti, per errore i materiali non biodegradabili si ritrovano nei rifiuti dell’umido perché non vengono correttamente differenziati all’origine.

«Una soluzione per la riduzione di queste plastiche che contaminano i rifiuti organici urbani è la rottura e la trasformazione delle catene del polimero che costituisce questi materiali. Questo processo può avvenire grazie all’utilizzo di microrganismi, ovvero batteri, in grado di biotrasformare e biodegradare, almeno parzialmente, il polietilene», spiega la dottoressa Jessica Zampolli, assegnista di ricerca del dipartimento di biotecnologie e bioscienze dell'Università di Milano-Bicocca e guida il progetto Micro-Val (MICROrganismi per la VALorizzazione di rifiuti della plastica), il cui obiettivo è quindi trasformare la plastica in rifiuti organici grazie ai “batteri mangia-plastica”.

Cosa ci fa la plastica nella raccolta dell’umido?

Oggi nel mondo – così come in Italia – il 65 per cento dei composti plastici prodotti è rappresentato dalle plastiche a base di polietilene, sia per le ottime caratteristiche chimico-fisiche e meccaniche, sia per i bassi costi di produzione del materiale. «Anche se nel nostro Paese sono anni che viene portata avanti la raccolta differenziata, e con risultati soddisfacenti, – continua la dottoressa Zampolli – capitano spesso errori che alterano il ciclo della raccolta di rifiuti organici». Si sa che gli scarti di frutta e verdura, così come le croste del formaggio, vanno nel bidone dell’umido, ma capita ad esempio di non rimuovere i bollini di plastica da pere o dall’ananas. Anche i sacchetti spesso e volentieri ingannano: a prima vista sembrano biodegradabili, ma per esserne certi bisogna osservare i loghi con attenzione: «Infatti in molti casi non è così. Per questo il progetto dell’Università di Milano-Bicocca Micro-Val ha come obiettivo la messa a punto di un processo sostenibile per il riciclo della plastica a base di polietilene presente all’interno della frazione organica dei rifiuti urbani».

I batteri saranno un allato per migliorare il riciclo dei rifiuti

Sono quindi i “batteri mangia-plastica”, gli osservati speciali del progetto che garantiscono la possibilità che presentano di individuare nei rifiuti organici dai residui di plastica a base di polietilene, e quindi “digerirla”. «Al momento i batteri studiati dal progetto Micro-Val “digeriscono” la plastica nei nostri laboratori. Le prove in laboratorio serviranno a studiare le proprietà dei batteri “mangia-plastica” e a valutarne la loro efficacia per liberare la frazione organica dei rifiuti solidi urbani dalla componente di rifiuto indesiderato, costituita per lo più da polietilene», continua la responsabile del progetto dell’Università Bicocca.

Nella seconda fase, che deve ancora entrare nel vivo, il team di ricerca verificherà la possibilità di applicare il trattamento biologico in un impianto di riciclo dei rifiuti in modo da testare se come ci si aspetta, i batteri “digeriscono” la plastica trasformandola non in altri prodotti inquinanti, ma in elementi che si possono smaltire in modo sostenibile per l’ambiente e per il procedimento di riciclo dei rifiuti. «Speriamo che questi batteri “mangia-plastica” diventino operativi entro un anno per collaudare un sistema efficace, che non vuole soppiantare i sistemi meccanici o chimici in utilizzo, ma implementarne le capacità così da eliminare definitivamente la plastica dal riciclo dei rifiuti organici».

Il progetto diventerà anche un’app per migliorare la raccolta differenziata

Micro-Val si può dire stia lavorando sul primo trattamento italiano di trasformazione e degradazione microbiologica della plastica a base di polietilene applicabile negli impianti di gestione dei rifiuti. «Il progetto è reso possibile anche grazie alla collaborazione – testimonia la dottoressa Jessica Zampolli – con un’azienda leader nel settore del recupero e il riciclo di rifiuti, ovvero Corepla, il Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica».

Inoltre è stata avviata una campagna di di raccolta fondi attraverso Biunicrowd, il programma di finanza alternativa dell’Ateneo, per consentire ai ricercatori di realizzare progetti innovativi e idee imprenditoriali attraverso campagne di raccolta fondi sulla piattaforma di crowdfunding e social innovation Produzioni dal Basso.

Infine il progetto prevede anche «lo sviluppo di un’applicazione per smartphone che fornirà consigli all’utente nello svolgimento della raccolta differenziata, permettendo a ogni cittadino di contribuire all’ambizioso obiettivo del team di ricerca», conclude Zampolli.

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