Politica

Per il Sudafrica il voto è un salto nel buio

Le mille incognite che accompagnano il favorito Jacob Zuma

di Redazione

Il 22 aprile si sceglie il successore di Mandela e Mbeki. A Pretoria si insedierà un politico di lungo corso, con qualche guaio giudiziario e programmi nebulosi Quello del Sudafrica rischia di essere un brusco risveglio. A quindici anni esatti dalle elezioni che portarono Nelson Mandela dal carcere alla presidenza, il nuovo voto del 22 aprile consegnerà le redini del Paese ad un personaggio che si presenta con un profilo drammaticamente diverso. Che il carisma e la statura del primo presidente del Sudafrica democratico sarebbero stati impareggiabili è sempre stata una previsione facile e condivisa. Ma pochi avrebbero immaginato la parabola e le difficoltà in cui già il suo immediato successore, Thabo Mbeki, si sarebbe imbattuto, dapprima con le controverse posizioni assunte in relazione alla lotta all’Aids e alla crisi politica nel vicino Zimbabwe, e poi per uno scontro tra fazioni interne all’African National Congress che gli è costato non solo la leadership del partito, ma lo ha anche costretto a dimissioni anticipate come capo del governo.

Cattivi presagi
Oggi, alla vigilia di un nuovo voto, la figura di Jacob Zuma, presidente in pectore, non lascia presagire nulla di meglio. Senza molti giri di parole, lo stesso arcivescovo sudafricano e Nobel per la pace Desmond Tutu ha dichiarato che «nell’anno di Barack Obama? non posso dire di attendere con trepidazione l’ora in cui Zuma sarà il mio presidente».
Zuma non è certo un outsider, ma un politico di lungo corso dell’Anc. Secondo alcune ricostruzioni, l’accordo secondo il quale sarebbe toccato a lui succedere a Mbeki risale addirittura a dieci anni fa. Eppure la sua leadership rappresenta un salto nel buio. Per le opposizioni interne e gli osservatori internazionali, la sua immagine è ormai legata a doppio filo a populismo, corruzione e machismo.
L’era Zuma si apre con tre grandi incognite. La prima riguarda l’azione di governo del nuovo leader sudafricano. Si sa infatti ben poco delle linee programmatiche che vorrà dare al suo esecutivo, e in particolare del peso che avranno le organizzazioni sindacali, nonché il partito comunista sudafricano, che hanno spalleggiato la sua ascesa politica. È certo vero che le aspettative di trasformazione delle condizioni di vita che per molti sudafricani avevano accompagnato il superamento dell’apartheid sono andate in buona parte deluse, e che il Sudafrica ha alcuni margini per rispondere alle domande di redistribuzione della ricchezza.
Il secondo interrogativo riguarda il ruolo e il futuro delle opposizioni. Lo scontro tra Mbeki e Zuma ha portato alla prima significativa scissione dell’Anc. Un frazionamento all’interno di un partito che controlla circa i due terzi dell’elettorato era stato da tempo previsto, ed è un’evoluzione naturale e salutare della democrazia sudafricana. Non è tuttavia chiaro che tipo di seguito riusciranno a ottenere il partito nato dalla scissione, il Congress of the People, né l’attuale principale opposizione, la Democratic Alliance. I pochi sondaggi effettuati accreditano entrambi di circa il 10-15% dei voti. Se è vero che l’Anc scenderà da quasi il 70% al 60-65% dei suffragi, l’opera di costruzione di un’alternativa potrebbe essere iniziata, ma la strada sarà ancora lunga.
Un’inversione a U
Il terzo interrogativo, il più inquietante e tutt’altro che prematuro, riguarda la durata dell’era Zuma e l’eredità che essa lascerà. In una regione, l’Africa subsahariana, nella quale l’avvicendamento al governo ha quasi sempre rappresentato un momento problematico, Pretoria ha fino ad oggi mostrato un comportamento virtuoso, apprestandosi ad eleggere il quarto presidente in quindici anni. Ma come reggeranno le istituzioni sudafricane all’impatto della nuova leadership? Nuovi motivi per essere scettici sono emersi proprio a pochi giorni dalle elezioni, quando la procura nazionale ha accolto la richiesta degli avvocati di Zuma di far cadere le accuse di corruzione che lo hanno inseguito negli ultimi anni, sostenendo che gli stessi pubblici ministeri fossero politicamente motivati e in qualche modo fedeli all’ex presidente Mbeki. Ma la decisione della procura, secondo la leader dell’opposizione Helen Zille, è il frutto avvelenato di una politica con la quale, negli anni, l’Anc ha preteso che tutti i propri funzionari continuassero a rispondere direttamente ai vertici del partito anche dopo aver assunto incarichi pubblici. La nuova presidenza si inaugurerà così con la sgradevole sensazione che Zuma voglia sottrarsi al controllo del potere giudiziario. Il Sudafrica potrebbe essersi avviato verso un’inversione ad U. Se quindici anni fa la “nazione arcobaleno” era vista come il faro del continente, oggi il timore è che stia per adattarsi a seguire i vizi di molti Paesi subsahariani.


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