Non profit
Per i volontari l’ospedale diventa un labirinto
Cosa succede con la nuova legge sulla sicurezza sul lavoro
di Redazione
Sono equiparati a lavoratori autonomi. E se l’associazione ha dipendenti, gli oneri a carico diventano insostenibili. Perché non rivedere la legge?
Sicurezza nei luoghi di lavoro: volontari equiparati ai lavoratori autonomi: dopo molti rinvii in agosto è andato in porto il provvedimento sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e sulle tutele da garantire a lavoratori e volontari (si tratta del Dlgs n. 106). Ora, a più di due mesi dall’entrata in vigore, la sua attuazione nell’ambito del mondo del volontariato resta quanto mai incerta: si è creata una situazione di totale confusione.
Sembra che gli ospedali debbano considerare i volontari nel loro organico, coinvolgendoli nell’informazione e nelle procedure per la sicurezza. Peccato però che a distanza di due mesi nessuna azienda ospedaliera si sia attivata per avere i nominativi dei volontari stessi o per rivedere le convenzioni. Le associazioni, d’altra parte, non hanno nessun onere e nessuna responsabilità, ma nemmeno il potere di “obbligare” gli enti a provvedere.
La cosa ci preoccupa molto anche perché la norma diventa particolarmente vessatoria proprio verso i volontari: ciascuno di loro dovrà pensare alla vigilanza medica e a seguire i corsi sulla sicurezza, con oneri a proprio carico (art. 21, comma 2). In alcuni ospedali poi, pur in presenza di nutriti gruppi di volontari, l’ente non ha accettato di firmare la convenzione che regola e definisce compiti e responsabilità reciproche. E sono proprio le responsabilità a destare le maggiori incertezze riguardo a questa nuova norma. Se si prendono in esame compiti e responsabilità dei presidenti e consigli direttivi delle associazioni, cominciano le “intepretazioni”. Sembrerebbe – e il condizionale è d’obbligo, perché nemmeno i Csv vengono a capo di un’interpretazione certa della nuova disciplina – che sia necessario distinguere due categorie.
Le associazioni di volontariato regolate dalla l. 266/91 senza nessun dipendente, con volontari che operano presso ospedali, servizi sanitari, ecc., per le quali le responsabilità di fornire informazioni sono a carico del “datore di lavoro”; i soggetti (cioè i volontari) hanno facoltà, con oneri a proprio carico, di frequentare corsi e di munirsi di assistenza sanitaria; l’accordo con il “datore di lavoro” deve essere formulato per scritto.
Poi ci sono le associazioni di volontariato in cui operi anche solo un dipendente, anche part time, anche solo a progetto. Per queste, la previsione legislativa introduce una rivoluzione piuttosto onerosa: devono istituire un servizio di Prevenzione e protezione, con un responsabile che risponda a quanto previsto dall’art. 32, oppure formarne uno interno (costo circa 3/4mila euro), oltre a un rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (che deve frequentare un corso di almeno 32 ore e successivamente di aggiornamento annuale). Salvo apposita delibera che deleghi un responsabile all’interno del consiglio direttivo, tutti i componenti del consiglio sono responsabili e soggetti a sanzioni penali e amministrative.
Tutto questo rappresenta, per una realtà come Abio ma anche per tante altre che operano con assoluta prevalenza di volontari e un numero ridottissimo di dipendenti, un problema gestionale, un aggravio di costi, una preoccupazione che un ente di volontariato (e i volontari stessi) non dovrebbero avere.
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