Economia

Per gli italiani, i valori sono la chiave del successo di un marchio

Un'indagine condotta da Connexia, agenzia di marketing e comunicazione del gruppo Ratex, in collaborazione con la società di consulenza TrendWatching e BrandFinance, ha stilato una classifica dei brand più amati dagli italiani, in base al loro set valoriale. Emergono alcuni temi importanti - come la responsabilità nella lotta ai cambiamenti climatici e l'impegno su Diversity&Inclusion - e molte differenze tra generazioni

di Veronica Rossi

Set valoriali e performance – anche economiche – dei brand rappresentano due variabili collegate. È quanto mette in luce l’indagine “The Good, the Trend and the Brand”, condotta attraverso la ricerca e l’analisi dei dati e realizzata dal centro studi Connexia, agenzia di marketing e comunicazione del gruppo Ratex, in collaborazione con la società di consulenza TrendWatching e BrandFinance.

Lo studio – destinato a diventare un appuntamento annuale – verte sull’importanza del brand e sull’evoluzione del suo significato: non più un semplice logo, ma l’essenza stessa di una realtà e dei suoi valori, del suo purpose, utilizzando un termine anglosassone. L’indagine ha distillato l’opinione degli italiani rispetto ai 50 marchi made in Italy più forti nel nostro Paese (secondo la classifica “Italy 100 2022” di Brand Finance), in relazione ai valori più importanti nel preciso momento storico in cui stiamo vivendo, tenendo conto – dati alla mano – delle differenze, marcate e non sempre scontate, nelle risposte delle persone appartenenti a generazioni diverse.

Nella classifica generale di Connexia, al primo posto si piazza la Ferrari, seguita a ruota da due brand Ferrero, Kinder e Nutella. Segue, in quarta posizione, Lavazza. Poi di nuovo la Ferrero, con i Ferrero Rocher. In sesta posizione c’è Armani, prima assoluta nel settore Fashion and Luxory. Settima la Barilla, mentre Maserati e Lamborghini conquistano l’ottavo e il nono posto. A primeggiare nella Gdo è la Coop, in decima posizione. Poi tocca, in ordine, a Ray Ban – brand più noto di Luxottica –, Gucci, Versace, Pirelli e San Pellegrino, oggi di proprietà della multinazionale Nestlé.

Anche l’analisi per fasce d’età è interessante: la Generazione Z (coloro che sono nati dal 1997 al 2012) preferisce Armani, a cui seguono Ferrari e Versace, mentre per i Millennials (coloro che sono nati dal 1981 dal 1996) al primo posto c’è Kinder, seguito da Coop e Ferrari. La Generazione X (coloro che sono nati dal 1975 al 1980) e i Boomers (coloro che sono nati tra il 1950 e il 1975) concordano sulla medaglia d’oro e d’argento, che assegnano rispettivamente a Ferrari e Lavazza; tra queste due fasce d’età c’è disaccordo sul bronzo, che per i primi va a Kinder e per i secondi va a Barilla.

In chiave macro trend, invece, emergono numerose curiosità. La prima è che per oltre l’80% degli italiani di tutte le generazioni i singoli sono i veri protagonisti della rivoluzione in chiave sostenibilità, nel bene e nel male. Nell’ottica della responsabilità contro i cambiamenti climatici al secondo posto, a pochissima distanza, si collocano le aziende, che per la Generazione X e per i Millenials sfondano il tetto dell’80% nella scala di importanza degli attori pro-cambiamento. Diversity&Inclusion, invece, è un tema particolarmente caro alla Generazione Z. Per il 40% degli under 25, la capacità o meno di un brand di impegnarsi su questo fronte è “decisamente importante” nella scelta se acquistarlo o meno. Tutti gli altri cluster d’età si fermano al 33%. Ma non solo. Per oltre 2 rappresentanti su 10 della GenZ, il fatto che una marca decida di schierarsi apertamente, prendendo posizioni nette su questioni politiche e/o sociali spesso divisive, va premiato. È il famigeratobrand activism che, in Italia, a differenza di altri Paesi perlopiù di stampo anglosassone, è ancora agli albori, ma che, a quanto pare, soprattutto tra i giovani è in grado di fare breccia. Sul piano tecnologico, invece, vince il rapporto qualità-prezzo in tutte le fasce d’età, ma con tassi di penetrazione piuttosto diversi: ben 26 punti di differenza tra Generazione Z e Boomers in favore di questi ultimi, più attenti, a quanto risulta, alle spese. Ma va anche detto che per i più giovani la capacità dei singoli brand di garantire esperienze d’acquisto, tanto fisiche quanto digitali, gratificanti e all’insegna dell’innovazione, fa la differenza. È quanto dichiara il 36% degli intervistati under 25 e il 30% di quelli nati tra il 1981 e il 1996.

“Gli insight emersi dalla prima edizione di «The Good, the Trend and The Brand» realizzata dal nostro centro studi sono davvero tanti e per nulla scontati”, commenta Massimiliano Trisolino, Managing Partner Strategy & Creativity di Connexia. “È sufficiente sfogliare il white paper realizzato per l’occasione per rendersene conto. Quello che mi preme però sottolineare sin d’ora è la nostra volontà di mettere a disposizione dei brand una vera e propria piattaforma condivisa, in grado di fotografare anno dopo anno l’evoluzione dei valori che più impattano sulle decisioni d’acquisto di tutti noi, fornendo così una bussola in grado di orientare anche le scelte aziendali più controverse e non sempre scontate. Con una certezza su tutte: in prospettiva, investire in asset intangibili avrà un valore sempre più tangibile”.

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