Cultura

Per farsi giustizia? Meglio la pace. Sicuro

Recensione del libro La guerra è pace di Arundhati Roy (di Domenico Stolfi)

di Redazione

Subito dopo l?11 settembre, gli americani si chiesero sgomenti: perché ci odiano? Domanda rapidamente soffocata dal frastuono omicida delle bombe in Afghanistan e dal governo americano che, ai suoi cittadini, rispose con un sobrio e sbrigativo: «Ci odiano perché siamo il Bene». Ma forse quella domanda varrà la pena di riprenderla. E una buona occasione ce la dà il libro di Arundhati Roy, La guerra è pace (Guanda, 14,00 euro). Che, fin dal titolo, ironizza amara sull’ipocrisia corrente che spaccia i bombardamenti come strumenti per riportare libertà, giustizia e civiltà in Paesi più o meno canaglieschi. La scrittrice indiana, senza rancori ideologici e fanatismi anti occidentali, mette insieme un bel numero di fatti che aiutano a capire (non a giustificare) l?odio dei dannati della Terra per l?Impero. Ma non sta qui, solo qui, l?interesse di La guerra è pace. I misfatti raccontati dalla Roy sono tristemente noti. Quel che rende queste pagine interessanti sono le riflessioni che cuciono quei fatti, li commentano e ce li affidano perché continuino a lavorarci dentro. Sono riflessioni semplici, che ruotano intorno a parole essenziali: compassione, amore, comprensione, forza, ingiustizia, dolore e bellezza. Parole che la Roy riesce a rivitalizzare, sottraendole all?usura semantica e all?abuso retorico che le hanno ridotte a gusci vuoti. Parole scritte tutte rigorosamente con la minuscola. La maiuscola ce l?ha già il Bene di George W. Bush.

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