Formazione

Per fare ci si deve capire

Un nuovo volume di Isfol in regalo ai nostri lettori del Sud: le opportunità messe a disposizione dall'Europa rischiano di infrangersi sugli equivoci

di Redazione

Il mare che, di solito, separa il dire e il fare, stavolta non c?entra. Tra il dire e il fare, infatti, titolo del secondo volume della collana Welfare plurale curata da Isfol, che i nostri abbonati del Mezzogiorno ricevono in omaggio con questo numero di Vita, evoca piu che una distanza tra azioni poco ?coincidenti?, la complessità del non profit. Al Sud, in particolare. E, quindi, anche la confusione che ne può scaturire. Già, perché se l?Europa guarda con progressivo interesse alla crescita del terzo settore come fattore di sviluppo delle aree Obiettivo 1 (quelle, cioè, economicamente più depresse, destinatarie dei fondi strutturali) è anche vero che se non ci si intende sui concetti base è poi difficile intervenire. Prendiamo, per esempio, l?espressione ?impresa sociale? attorno a cui ruota il lavoro dell?Isfol: ciascuna regione del Sud, è sottolineato nello studio, ne dà una connotazione differente. In Basilicata le organizzazioni con un assetto imprenditoriale sono considerate soprattutto quelle ?storiche?. In Calabria viene sottolineato il ruolo dell?impresa sociale nelle politiche per l?occupazione. In Campania esiste un problema di censimento, le imprese sociali non si riescono a stimare perché sfuggono a quelle codificate dalle normative di settore. In Puglia si possono trovare associazioni e cooperative sociali che convergono verso lo stesso modello imprenditoriale. Discorsi simili valgono per la Sardegna e la Sicilia, a testimonianza del fatto che il non profit di natura più economica, al Sud più che altrove, risulta estremamente composito. E se non lo si conosce a fondo, nei suoi punti di forza e di debolezza, rischiano di essere vanificati gli sforzi che in sede europea si compiono per sostenerlo. Per questo è prezioso Il dire e il fare, perché colma molte lacune conoscitive e ammonisce come la ?residualità? del terzo settore nell?ambito della programmazione aumenta il rischio che esperienze innovative di successo restino isolate.


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