Cultura

Per essere ascoltati, dobbiamo parlare con una voce sola

Come ci immaginiamo l'Islam di domani/3

di Redazione

In Italia, così come nel resto d’Europa, non si può far riferimento all’Islam o alla sua comunità come se si stesse parlando di una realtà monolitica. I tanti musulmani d’Italia non rappresentano un solo volto della religione islamica, bensì un mosaico composto da molte realtà diverse. Questo è un bene, che testimonia la pluralità di una confessione che ha ben sette versioni ufficiali del suo testo sacro, ma anche quattro diverse scuole giuridiche sunnite e, infine, tanti gruppi confessionali all’interno dello sciismo. Un pluralismo religioso all’interno della stessa fede che dà testimonianza della sua natura democratica.
Se dal punto di vista dottrinale questo pluralismo rappresenta una ricchezza, da quello sociale e politico invece crea un grosso problema, soprattutto in Occidente. Le comunità infatti, così variegate, non riescono a trovare un’istituzione che le rappresenti e che faccia da mediatore politico con il governo dei Paesi in cui vivono.
La mancanza di un’unica istituzione capace di rappresentare l’Islam italiano porta i suoi fedeli ad essere lontani dal discorso politico nazionale, in cui non hanno voce in capitolo, fino a renderli distaccati persino dal contesto sociale che li circonda. Il silenzio delle comunità islamiche italiane sulla cronaca dei nostri giorni – penso alla questione dei Rom, degli immigrati, delle intercettazioni, degli atti di razzismo – testimoniano un’assenza di partecipazione non solo politica ma anche sociale e civica.
Ma oltre a criticare, ci si deve chiedere il perché di tanto immobilismo. Posso avanzare delle ipotesi in merito: forse i musulmani d’Italia non si sentono ancora parte integrante della società, oppure pensano ancora di essere qui solo di passaggio, o portano con sé un retaggio culturale che rispecchia l’approccio verso la politica dei propri Paesi di origine, ovvero un’indifferenza dettata dal disincanto, dalla sfiducia, dalla disistima.Qualunque sia il motivo di tale silenzio, mi auguro che i musulmani d’Italia inizino presto ad essere socialmente attivi e a far sentire la propria voce. Solo la partecipazione civica, sociale e politica di questa nostra minoranza ci possono garantire la cittadinanza, i diritti e le libertà di espressione e di culto di cui abbiamo bisogno. Chissà, un giorno forse anche qui, come in Francia, avremo un ministro di origine araba?

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