Spesso non sono gli statuti, né i regolamenti interni a determinare le incompatibilità delle cariche sociali delle associazioni, tuttavia, correttezza e un certo “bon ton” imporrebbero un passo indietro a chi assume ruoli pubblici, fosse anche solamente in fase di candidatura.
Invece in questa tornata elettorale pare l’esatto contrario. Il dato positivo del numero elevato di esponenti dell’associazionismo di società civile inseriti nelle liste di diverse formazioni politiche non si accompagna con la rinuncia e la separatezza di parecchi candidati con la vita e le azioni delle rispettive organizzazioni di provenienza. In queste settimane di campagna elettorale c’è chi continua a presiedere incontri e eventi; chi utilizza i folti indirizzari delle proprie associazioni per inviare messaggi elettorali; chi resta inopinatamente nei loro organigrammi.
Ho sempre sostenuto come uno degli errori strategicamente più drammatici delle associazioni italiane fosse quello di tagliare ogni legame con parlamentari provenienti dalle loro costituency per l’assurdo motivo di così dimostrare la “apoliticità” delle associazioni. Tuttavia, la scelta personale di candidarsi non può e non deve essere strumentalmente confusa con quelle delle associazioni , né può anche indirettamente coinvolgere delle realtà che, per loro natura, sono plurali e non coinvolte in scelte di campo individuali.
Questione di stile e di deontologia professionale: lo ricordino candidati ed elettori.
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