Welfare

Per battere la Mafia basta una formichina

A Catania, una coop si oppone alla criminalità con il lavoro

di Daniele Biella

In questa cooperativa non si paga il pizzo a nessuno. Si prega di non insistere. Immaginate un cartello con una scritta del genere, per esempio in un piccolo centro ai piedi dell?Etna, nei luoghi in cui la malavita siciliana conserva ancora il potere di un tempo. Ora potete smettere di immaginarlo, perché questo cartello esiste veramente e si trova, appunto, a Linera di Santa Venerina, in provincia di Catania. I suoi autori sono i volontari della sezione siciliana dell?associazione Papa Giovanni XXIII, la comunità creata da don Oreste Benzi nel riminese e che oggi, a poco più di vent?anni dalla sua nascita, conta 200 case famiglia in tutto il mondo.

Da pochi mesi, questo cartello accoglie clienti e visitatori della cooperativa sociale che l?associazione ha creato per dare lavoro agli ultimi della società, persone con alle spalle problemi di tossicodipendenza, criminalità, o semplice povertà.

Rò la formichina, questo il nome che si è data la cooperativa, nasce nel 2001. Da allora almeno una decina di ragazzi, la maggior parte dei quali provenienti dal carcere minorile di Acireale e accolti dalla Papa Giovanni XXIII, hanno imparato il mestiere di falegname. «Abbiamo iniziato fabbricando icone», dice Alberto Pennisi, 33enne fondatore della cooperativa, «poi, visto l?aumento delle richieste, abbiamo ampliato la nostra attività anche ai mobili».

Il lavoro è intenso soprattutto nei periodi prima delle feste, ma ad Alberto Pennini danno una mano i volenterosi ragazzi ospitati. «Dopo le difficoltà dell?inizio, la buona volontà si trasforma in capacità lavorativa e i risultati, a volte, sono inaspettati », dice il fondatore della cooperativa, al quale piace ricordare la storia di Jimmy, ragazzo albanese che, dopo aver finito di scontare la sua pena, ha trovato lavoro esterno proprio grazie a quello che aveva imparato all?interno della cooperativa. «Con lui era un continuo scontro fisico, abitudine che derivava dal carcere», ammette il volontario dell?associazione riminese. «È stata dura, ma ne è valsa la pena».

Un reinserimento lavorativo sano, come strumento di ritorno alla legalità e di lotta alla mafia, è uno dei principi di Marco Lovato che con la moglie ha avviato la presenza siciliana dell?associazione Papa Giovanni XXIII nel 1992 e ora gestisce una casa famiglia in cui vivono 18 persone, tra bambini e adulti. «Noi siamo una piccola realtà, ma possiamo fare molto per combattere la malavita organizzata che ancora oggi qui in Sicilia minaccia la gente onesta», dice Lovato, che con Pennisi ha fondato la cooperativa sociale e ora ne è il responsabile. Il cartello è nato proprio con lo scopo di ?alzare la voce?: «Non è un gesto eroico», aggiunge Lovato, «ma un semplice atto di solidarietà verso chi ha la bocca chiusa dalla paura».

www.rolaformichina.com

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