Mondo

Per 70mila la scuola è matrigna

Niente sostegno per chi è adottato o in affido

di Benedetta Verrini

Cosa sono 70mila contro 9 milioni? E’ il numero dei bambini in adozione e affido che ogni anno si trova ad affrontare il percorso scolastico insieme a tutti gli altri studenti italiani. Per aiutarli, nel mese di settembre, durante il convegno “Adozione, affido e leaving care tra scuola e famiglia”, l’Associazione Amici dei Bambini ha lanciato le “Linee Guida per la scuola” per favorire la migliore integrazione dei minori.

Vita ha ospitato un approfondimento sul tema a pag.11 del n.34, il 4 settembre 2009. Ecco un estratto:

La matematica non aiuta. C’è una legge di maggioranza che rende I bambini adottati, i minori in affido e i ragazzi fuori famiglia un imbarazzante problema nelle aule scolastiche. Gli studenti italiani sono circa 9 milioni. “Loro”, il problema, sono circa 60-70mila.

Hanno una fisionomia complessa: gli adottati sono italiani o – più spesso – stranieri, con una famiglia molto presente ma una pesante storia di abbandono da elaborare.

Per i minori in affido o fuori dalla famiglia il dolore non è solo alle spalle, è una quotidianità precaria, vissuta attraverso l’isolamento o l’aggressività.

Sono ragazzi come Margherita, che non accetta il metodo di lavoro “a squadre” della prof di spagnolo perché è meglio una nota che far sapere ai compagni che vive in una comunità. O come il piccolo Santiago, le cui maestre non comprendono le difficoltà: «Adesso che è stato adottato dovrebbe aver superato tutto, no?». O come Emanuele, che l’anno scorso a scuola ripeteva: «Tanto qui non resto, torno da mamma e papà». Ma quest’estate, mentre era in una colonia estiva, il Tribunale ha deciso che i suoi non sono ancora pronti a fare i genitori.

Si naviga a vista

Mosche bianche «che è fin troppo facile escludere, punire, bocciare», confessa una preside vecchio stampo, Giovanna Rosa Pifferi, dirigente scolastico in una scuola media e docente di Pedagogia e didattica presso l’Istituto di scienze religiose di Siena. «Se per gli stranieri o per i bambini con disabilità abbiamo una normativa cui fare riferimento e siamo aiutati all’inclusione, per questi ragazzi si naviga a vista». Anche combattendo con insegnanti stremati o demotivati, che dicono di non potersi trasformare in assistenti sociali o di non poter ritardare il programma. «Come dirigente spesso dico che noi, come scuola, non possiamo infilarci in quello stesso giro di abbandono che ha reso questi ragazzi così difficili», dice la Pifferi.

«Dobbiamo dar loro obiettivi raggiungibili, anche se non sono allineati con gli standard comuni. Siamo educatori e dunque non dobbiamo riempire le teste, ma fare teste che ragionano. Tutto questo, però, non si può improvvisare. Abbiamo bisogno di punti di riferimento comuni, una formazione specifica per gli insegnanti, un progetto condiviso tra scuola, famiglia e servizi».

Fuori dalla porta

È di questo che il 24 e 25 agosto si è parlato al convegno internazionale di AiBi «Emergenza educativa. Adozione, affido e leaving care tra scuola e famiglia». Assente ingiustificato, forse proprio per la dittatura dei numeri, il ministero dell’Istruzione.

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