Cultura

Penso, taggo, dunque sono? Nuovi rituali e apparenze digitali

La rete è uno spazio in cui gli individui quotidianamente vivono, si confrontano, consumano prodotti, musica, emozioni, amicizie, amori. È il luogo degli incontri, degli scontri ma è anche quell’ambiente in cui tutti credono di avere diritto di parola e che l’opinione espressa sia talvolta la più corretta

di Pietro Piro

Il mondo prima di Internet

Forse qualcuno ricorda ancora quando per fare una ricerca su un qualunque argomento, generalmente si consultava un'enciclopedia per farsi una prima bozza d'idea e poi, ci si recava in una biblioteca. Dopo una estenuante ricerca su un archivio fatto di migliaia di schedine di cartoncino sistemate in ordine alfabetico in contenitori metallici – ma anche in legno – ci si faceva portare da un paziente bibliotecario i volumi desiderati. Chi non appartiene per età o per condizione socio-economica (sono ancora milioni le persone che non hanno ancora accesso alla luce elettrica e al gas) alla generazione dei "nativi digitali" ricorda un mondo in cui moltissimi "usi e costumi" ruotavano attorno a tecnologie diverse da quelle che utilizziamo oggi e che condizionavano e determinavano la nostra quotidianità. Un tempo in cui i viaggi in aereo erano riservati a ricchissimi signori e per scrivere a un amico occorreva acquistare dei francobolli.

La storia umana è sempre stata influenzata dai "prodotti tecnici" che è stata capace di produrre. Il mondo immediatamente anteriore a Internet non era certamente un mondo senza strumenti tecnici. Al contrario, abitavamo già un mondo altamente tecnologico stracolmo di attrezzature e macchinari che forse attendeva solo di evolversi nella sua dimensione "planetaria" in cui si dispiega oggi. L'elemento di sconcertante attualità è l'accelerazione che alcune innovazioni tecnologiche hanno imposto e la correlata influenza che questa dinamica imprime alla produzione dei beni, ai consumi, alle relazioni.

L'accelerazione è un fattore determinante per comprendere il nostro tempo così come ha ben evidenziato Hartmut Rosa nel suo lavoro: Accelerazione e alienazione Per una teoria critica del tempo nella tarda modernità (Einaudi, Torino 2015): "Il soggetto moderno può quindi essere descritto come condizionato in maniera minima da regole e sanzioni e sanzioni etiche, e quindi considerato "libero", sebbene sia strettamente regolato, dominato e oppresso da un regime temporale per lo più invisibile, depoliticizzato, indiscusso, sottoteorizzato e inarticolato. Questo regime del tempo può essere di fatto analizzato sotto un unico concetto unificante: la logica dell'accelerazione sociale". (p. VIII). Pochi sono oggi le persone che non sentono "la terra sfuggire da sotto i piedi" e il fatto che "tutto diventa vecchio in pochissimo tempo". E' forse questo il "segno" più evidente dei tempi di Internet: l'estrema velocità con cui tutto si consuma e diventa antiquato (Günther Anders ci aveva fornito le basi per comprendere questa caducità già nel 1958 con il suo Die Antiquiertheit des Menschen).

L'avvento e la diffusione capillare dei dispositivi per la comunicazione mobile hanno accelerato ancora di più i processi comunicativi e imposto un "regime" invisibile che c'impone la disponibilità continua alla "mobilitazione" (fenomeno abilmente descritto da Maurizio Ferraris nel suo Mobilitazione totale, Laterza, Roma-Bari 2015).

Posto, taggo, dunque sono?

Il giovane sociologo Angelo Romeo ha pubblicato recentemente il volume: Posto, taggo, dunque sono? Nuovi rituali e apparenze digitali (Mimesis, Milano-Udine 2017) che vorrebbe: "fuggire dalle interpretazioni pregiudiziali, che talvolta considerano la rete una foresta del male" (p. 101). Per farlo analizza gli "usi" che oggi facciamo dei social network e dei modelli di relazione che questi usi determinano. Scrive Romeo: "Ogni giorno utilizzando i social network, l’individuo nel costruire i suoi rapporti mediati dal computer, mette in atto rituali, che in un certo qual modo ricalcano quelli utilizzati nella vita quotidiana, anche se tuttavia inseriti nella rete, assumono una familiarità e una vicinanza con l’interlocutore, che di fatto spesso non esiste.

l principio di riproduzione dell’industria odierna non significa solo che i prodotti fabbricati nel processo di serie sono caduchi e transitori; non solo che essi, come i singoli pezzi delle precedenti generazioni di prodotti, purtroppo finiscono un giorno col diventare decrepiti, ma che soffrono di una mortalità altamente particolare, una mortalità la cui caratterizzazione appare addirittura teologica:cioè che essi sono destinati a morire, che essi sono destinati alla transitorietà

Günther Anders, L’uomo è antiquato

Al tempo stesso vengono meno quei passaggi preliminari di conoscenza della persona, invece obbligatori in un confronto face to face. In questo caso però, rivolgersi in maniera confidenziale con il “tu” in rete, rispetto a una situazione di presenza, non comporta particolari disagi, anzi diviene consuetudine così come anche interrompere una conversazione, senza un particolare congedo o un saluto, soprattutto da quando la messaggistica viene utilizzata sui cellulari, finendo quasi con il sostituire il classico sms" (pp. 19-20). I social ci permettono dunque di ampiare le possibilità dei "registri comunicativi" e di stabilire nuove modalità di relazione: "La rete, in qualsiasi spazio o dispositivo la consideriamo, sviluppa in ogni individuo una libertà d’azione e di pensiero che va oltre i confini della vita quotidiana, consentendo a chi ne entra a far parte, di accettare un modus agendi, come corpus di regole, che nulla in questa sede hanno di anormale. Stare su un social network è ormai diventata tuttavia una routine, basti considerare come talvolta alcuni appelli lanciati su Facebook o altrove, passino inosservati. Alcuni tristi episodi, come per esempio alcuni giovani che affidano al diario di Facebook, le ultime loro frasi prima di togliersi la vita o il grido disperato di un disoccupato, ricevono commenti e like quando è troppo tardi, passando sempre più spesso inosservati al pubblico virtuale. Così com’è evidente a chiunque passi solo qualche ora su un social network, un fatto socialmente rilevante quale una emergenza o una questione culturale, riceve una minima, se non una superficiale attenzione rispetto a una foto di un bel paesaggio o alla frase di un contatto, che si è costruito un discepolato di sostenitori molto forte. Si crea in rete una percezione dell’emergenza e del problema, che appare spesso ribaltata rispetto all’ordinaria quotidianità" (p. 25). Indiscutibilmente, moltissimi di noi hanno trasferito sui social una buona parte del proprio sistema di relazioni accelerando ancora di più i processi di vetrinizzazione sociale (Vanni Codeluppi) e di liquidità (Zygmunt Bauman).

Ha ragione Romeo quando scrive: " è impossibile escludere lo spazio digitale dagli spazi significanti. In un contesto caratterizzato da sovrabbondanza spaziale (mutamenti di scala, accelerazione della mobilità, moltiplicazione dei riferimenti immaginifici e immaginari), i parametri spaziali si ridefiniscono continuamente: non soltanto si riarticola la relazione tra vicino e lontano, ma anche, come si è visto, quella tra online e offline. Questo insieme di considerazioni, confermate dai risultati della nostra ricerca, costituisce uno stimolo a ripensare il luogo: alla parziale smaterializzazione (il luogo non è più un “contenitore” stabile di eventi e relazioni; non è più mappabile in modo preciso; non ha più una consistenza territoriale e dei confini certi) corrisponde però una sua umanizzazione, che lo vede configurarsi come l’intreccio stabile, a geometria variabile, di relazioni nel tempo" (p. 29).

La nostra presenza in rete non è più occasionale e ristretta a una piccola élite di programmatori, siamo tutti dentro il caleidoscopio della comunicazione digitale, ognuno con il proprio livello culturale: "Se nel passato, la rete era talvolta considerata come luogo d’isolamento; i primi studi erano infatti protesi a considerare la dicotomia online/offline, vedendo nella rete un semplice luogo destinato a essere contenitore solamente informativo, con il passar del tempo le sue potenzialità prima significative per ridurre molte barriere geografiche, poi per incrementare la nascita di nuove espressioni di socialità e condivisione, iniziarono a vedere nella rete non un semplice passatempo e nemmeno un luogo talvolta di passaggio per molti cybernauti. Quest’aspetto spinse molti teorici a chiedersi cosa diveniva l’identità in rete, in una prima fase autori come Sherry Turkle e Howard Rheingold vedevano nell’identità assunta dai frequentatori, non una veste anonima e sempre sinonimo di falsità, piuttosto un’opportunità per chi in rete riusciva a trovare maggiore consapevolezza della sua persona, scrollandosi da atteggiamenti pregiudiziali e stereotipi, che talvolta il confronto face to face comporta.

L’analisi proposta da questi studiosi più di dieci anni fa ormai, troverà approfondimenti e sviluppi soprattutto in un momento in cui la rete diventa spazio abitato anche per produrre cultura, per aprire un dibattito su questioni sociali, religiose di ampia portata" (p. 39). "La tribù del Noi sui social network, è sempre più sviluppata, l’individuo vive momenti della collettività pur non esperendoli direttamente" (p. 41). "[…] entrano però in gioco i sentimenti, l’ emozionalità, talvolta, però, in rete rappresentate da una presenza e da un diritto di parola e di presenza, che va oltre i confini dell’ascolto dell’altro. Se Cartesio affermava “Cogito, ergo sum,”nella società contemporanea, la presenza in rete diviene espressione da un lato del voler affermare la propria presenza, dall’altro, incapacità per molti individui di poterne rimanere fuori senza manifestare la propria presenza" (p. 42).

La nostra presenza on line nutre consistenti aspetti della nostra personalità e stabilisce molte delle modalità di relazioni che viviamo oggi: "la rete diventa a pieno titolo un agente di socializzazione, svolge un ruolo determinante sui bambini e crea un linguaggio che in qualsivoglia contesto viene utilizzato" (p. 102). Nessun aspetto della vita sociale rimane estraneo da questo flusso continuo e in particolar modo la politica sembra essere stata più condizionata da questa mutazione. Dice bene Junji Tsuchiya sociologo giapponese intervistato da Romeo: "Non c’è alcun contesto che oggi possa vivere senza Internet. Internet è l’infrastruttura della nostra vita, ed è così profondamente inserito nella nostra società che non ha senso chiedere ora quale significato abbia il suo impatto sociale. Internet è anche il frutto della globalizzazione. Internet si propone per lo sviluppo infinito, per essere connessi con il campo delle scienze cognitive, con l’intelligenza artificiale e con tutti gli altri ambiti scientifici, e continuerà a provocare un drastico cambiamento nella vita sociale d’ ora in poi. Non possiamo essere ottimisti o pessimisti contro Internet. È necessario per tutti noi, tuttavia, è importante essere molto sensibili all’etica sociale del suo utilizzo, per la sicurezza e per la salvezza della nostra vita sociale" (p. 100).

Per un etica dei mezzi

Come tutte le grandi innovazioni sociali, Internet e i dispositivi per la comunicazione mobile suscitano entusiasmi sfrenati e paure ancestrali. Posizioni catasfrofiste si alternano a slanci progressivi e magnifici. Internet è il nemico come afferma Julian Assange oppure, è l'unica strada da percorrere per un mondo nuovo ecologico e scientifico? Difficile dirlo adesso, difficile fare un quadro completo dei benefici e delle storture che questi mezzi stanno causando.

Di certo, sono entrati prepotentemente nella nostra vita quotidiana e molti di noi fanno fatica ad immaginare un mondo in cui non sia possibile comunicare con un messaggio elettronico. Gli stumenti che utilizziamo non sono mai neutri. E' una lezione che abbiamo imparato con fatica.

Ogni mezzo, anche il più innocuo, crea "nuove modalità di relazione" e "nuovi atteggiamenti". Alcuni certamente positivi, altri decisamente negativi. Ogni innovazione prende e toglie. Facilità alcuni aspetti della vita e ne atrofizza altri. Fa tramontare intere categorie di "valori" e aiuta a crearne di nuovi. Fa eclissare alcune ideologie politiche e favorisce l'avvento di altre. L'unica cosa di cui possiamo essere certi e che anche oggi siamo chiamati a esercitare quel "principio di responsabilità" che Hans Jonas ci ha caldamente invitato ad utilizzare quando di fronte all'incertezza del domani siamo costretti a valutare con molta attenzione le conseguenze future dei nostri "usi e costumi".

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