Cultura

Pensando alla guerra, i cattolici fanno la pace

All’incontro delle sentinelle del mattino il 21 settembre a Firenze si discute di povertà e sviluppo con un documento unitario

di Giampaolo Cerri

Monsignor Ennio Antonelli l?aveva detto subito: voglio un gesto unitario, altrimenti meglio lasciar perdere. L?arcivescovo di Firenze, da poco succeduto al cardinal Silvano Piovanelli, nel dichiarare la propria disponibilità a ospitare il secondo raduno di Sentinelle del mattino, l?appuntamento cattolico sui temi della globalizzazione, aveva posto l?unità come conditio sine qua non. In una città dilaniata dalle polemiche politiche sul Social forum europeo di novembre, il presule non voleva probabilmente correre il rischio di dover gestire anche qualche discussione intraecclesiale. Né ritrovarsi a fare i conti con qualche defezione clamorosa, come quella della Compagnia delle opere, assente al raduno di Genova che precedette G8 e anti G8. Ma sua eccellenza non ha dovuto faticare più di tanto per convincere la Conferenza episcopale italiana: monsignor Giuseppe Betori, il segretario, era mosso dalla stessa preoccupazione. Restava da mettere d?accordo una cinquantina di sigle dell?associazionismo cattolico, missione giudicata impossibile da più un monsignore della Cei. Dimenticavano, i pessimisti, che Antonelli poteva contare su un negoziatore instancabile: quel don Giovanni Momigli, responsabile della Pastorale del lavoro e divenuto sacerdote dopo anni di sindacalismo Cisl (fino ad arrivare alla carica di segretario provinciale edili ai tempi di Marini). Se il documento finale è stato condiviso da Pax Christi e Cdo, da Agesci e Misericordie, il merito principale va senza dubbio a questo parroco combattivo, abituato a spendersi per gli immigrati e per i giovani dell?hinterland fiorentino. La diplomazia associativa E a sostenere il negoziatore dell?arcidiocesi, in uno di quei curiosi rovesci della storia ecclesiastica, Acli e Mcl. Luigi Bobba e Carlo Costalli, presidenti di queste due associazioni, la seconda nata da una scissione della prima, ai tempi del referendum sul divorzio (1974), hanno intessuto un lungo lavorio diplomatico fra le diverse anime di questo cartello associativo. Un fattore non secondario è stata poi la guerra all?Iraq: minacciata o temuta che fosse, ha finito per unificare il variegato schieramento dei cattolici impegnati nel sociale. «L?arcidiocesi offre a questo importante incontro un?ospitalità attiva», si schermisce don Momigli, «abbiamo scelto un ruolo che riteniamo proprio della Chiesa: non fare politica operativa ma svolgere momenti di conoscenza e riflessione anche scientifica e quindi dare messaggi». Diversi ma uniti Sulla ricercata unitarietà del gesto, Momigli spiega che si è voluto «raccogliere i fondamenti di ogni associazione cattolica e sui quali non si potesse che essere d?accordo». Non che le diversità facessero difetto. «Figuriamoci», dice, «sono quelle che ci salvano dall?unanimismo mentre l?unità impedisce le lacerazioni». Diversità esplose in luglio, alla redazione della prima bozza di documento quando la discussione s?è fatta incandescente, con Cdo da una parte e Pax Christi e Agesci dall?altra. Divergenze sulla premessa del manifesto e sulla continuità con il Forum sociale europeo: fra fine luglio e primi d?agosto, si sono incrociate telefonate, email, fax, bozze, documenti di protesta, inviti alla rottura e appelli alla conciliazione. «Siamo donne e uomini che credono nel valore universale e sacro della vita umana», recitava la bozza che piace alla sinistra ecclesiale. «Siamo uomini e donne che credono in Gesù Cristo fatto uomo, compagnia all?uomo sulla terra, morto e risorto, salvatore d?umanità», rilanciava Giorgio Salina, l?uomo che Giorgio Vittadini, presidente della Cdo, ha incaricato di seguire i lavori. In realtà, sui contenuti le distanze erano apparse subito colmabili: dal Wto ai brevetti sul vivente, dal debito agli stanziamenti per la cooperazione, dal no alle armi al commercio equo, le diverse sensibilità concordavano. Come, naturalmente, sulla guerra. «Il nodo centrale era se puntare sull?identità o sulle finalità», precisa oggi Tonio Dell?Olio, coordinatore di Pax Christi. «Al muro dell?identità, preferivamo un?identità dialogante. Ed è la linea che ha prevalso». Per la verità, a prevalere è la linea dell?arcidiocesi che si prende la briga (lo stesso Momigli?) di accorpare i due testi in uno solo, senza frustrare nessuna sensibilità. Rispetto al momento del Forum europeo? «Acli, Agesci, Pax Christi e altri non possono non far riferimento al Social forum perché ne sono stati fondatori», spiega Dell?Olio, «altri hanno posizioni più critiche ma questa è una ricchezza. Certo che dispiace. Dicevo agli amici della Cdo: riproduciamo qui la fatica di essere Chiesa». Soddisfatto anche Carlo Costalli: «Chi riterrà di andare al forum di novembre è libero di farlo. Naturalmente non potrà che partire da questa riflessione», precisa il presidente Mcl. Per lui, «il fatto interessante è l?allargamento a organizzazioni, come la Cdo e le Misericordie d?Italia e l?ampia unità realizzata». «Il dialogo paga sempre», dice Giorgio Salina, «in questo caso è servito a smussare molti spigoli. Sicuramente quelli legati al pregiudizio». Dubita che la guerra abbia avvicinato le parti: «La preoccupazione e l?avversione terrorismo e conflitti era già condivisa. No, la guerra non è riuscita neppure a svolgere questo ruolo. Sperando che non ci sia». Luigi Bobba guarda già avanti: «L?unità espressa su temi così importanti come lotta alla povertà e sviluppo sostenibile ci sfida a consolidare questo nostro collegamento, a renderlo un centro di elaborazione di un pensiero consolidato e meno volatile».


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