Famiglia

PENA DI MORTE. Rapporto Amnesty sulla Nigeria

Alla fine di febbraio, nei bracci della morte della Nigeria si trovavano 736 persone

di Redazione

 In una conferenza stampa ad Abuja, Amnesty International ha presentato un  nuovo rapporto sulla pena di morte in Nigeria, intitolato ‘Aspettando il  boia’, in cui sollecita il governo ad adottare un’immediata moratoria  sulle esecuzioni. Nel rapporto si legge che centinaia di persone in attesa  dell’esecuzione non hanno ricevuto un processo equo e potrebbero dunque  essere innocenti. L’organizzazione per i diritti umani ha esposto un  ‘campionario di fallimenti’ del sistema giudiziario nigeriano, ‘dominato  da corruzione, negligenza e una quasi criminale mancanza di risorse’.
Il rapporto e’ stato redatto in collaborazione con Legal defence and  assistance project (Ledap), un’organizzazione legale nigeriana che  promuove pratiche di buon governo e il primato della legge nel paese.  ‘E’ davvero orribile immaginare quante persone innocenti siano gia’ state  e potrebbero ancora essere messe a morte. Il sistema giudiziario e’ pieno  di lacune che possono avere effetti devastanti e, nel caso dei reati  capitali, conseguenze mortali e irreversibili’ – ha dichiarato Aster van  Kregten, ricercatrice di Amnesty International sulla Nigeria. 
Di seguito alcune delle conclusioni piu’ preoccupanti del rapporto di  Amnesty International e Ledap: 
* confessioni: la maggior parte delle condanne a morte si basa unicamente  su confessioni e queste sono spesso estorte con la tortura;
* tortura: sebbene proibita, la polizia la pratica quotidianamente; quasi  l’80 per cento della popolazione carceraria ha denunciato di essere stato  picchiato, minacciato con le armi o torturato dalla polizia;
* ritardi: i processi capitali posso durare oltre 10 anni, alcuni appelli  sono in corso da 14, 17 o addirittura 24 anni;
* negligenza: molti condannati a morte non possono presentare appello  perche’ i loro fascicoli processuali sono andati persi;
* condizioni: la vita nei bracci della morte e’ estremamente dura; i  prigionieri che hanno esaurito gli appelli vengono posti in celle dalle  quali assistono alle esecuzioni e, dopo un’impiccagione, vengono obbligati  a pulire il cappio;
* minorenni: nonostante il diritto internazionale vieti l’uso della pena  di morte nei confronti di criminali minorenni, almeno 40 prigionieri in  attesa dell’esecuzione avevano tra 13 e 17 anni al momento del presunto  reato. 
‘La polizia lavora sotto pressione e con poche risorse e cio’ la spinge a  puntare quasi tutto sulle confessioni per ‘risolvere’ i casi, piuttosto  che su indagini dispendiose’ – ha commentato van Kregten.  ‘La legge nigeriana prevede che una confessione estorta sotto pressione,  minacce o tortura non possa essere usata come prova in tribunale. I  giudici sanno che c’e’ un vasto ricorso alla tortura da parte della  polizia, eppure continuano a infliggere condanne basate sulle confessioni,  mandando incontro alla morte molti possibili innocenti’ – ha aggiunto  Chino Obiagwu, coordinatore nazionale di Ledap.  A causa dell’elevata criminalita’, la polizia e’ messa sotto pressione per  fare arresti veloci. Talvolta, se non riesce ad arrestare un sospettato,  prende la moglie o il fratello se non addirittura un testimone.
Il rapporto di Amnesty International racconta il caso di Jafar, 57 anni,  in carcere dal 1984. Ha presentato appello contro la condanna a morte 24  anni fa ma, poiche’ il suo fascicolo e’ stato smarrito, e’ ancora in  attesa che sia esaminato. ‘Non sono un rapinatore, ma un calzolaio. Ho  acquistato un motorino da un tizio che l’aveva rubato. La polizia mi ha  chiesto di testimoniare. Hanno preso l’uomo che me l’aveva venduto e gli  hanno sparato. Da quel momento, io sono diventato il sospettato’ – ha  raccontato ad Amnesty International.  ‘Le centinaia di persone gia’ messe a morte o in attesa di esecuzione  hanno qualcosa in comune: sono poveri’ – ha sottolineato Obiagwu. ‘Quando  parliamo con i prigionieri nel braccio della morte, emerge chiaramente che  la questione dell’innocenza o della colpevolezza e’ irrilevante per il  sistema penale nigeriano. Dipende solo se sei in grado di pagare per  tenerti alla larga da quel sistema: pagare la polizia perche’ indaghi  adeguatamente sul tuo caso, pagare un avvocato che ti difenda, pagare  qualcuno perche’ aggiunga il tuo nome all’elenco delle persone che possono  ricevere la grazia. Chi ha minori risorse corre i rischi maggiori’.  Molti prigionieri in attesa di processo o nel braccio della morte hanno  riferito ad Amnesty International e a Ledap che la polizia al momento  dell’arresto ha chiesto soldi per lasciarli andare; chi non era in grado  di pagare e’ stato incriminato per rapina a mano armata.  Altri prigionieri nel braccio della morte hanno detto di essere stati  arrestati quando si erano recati a una stazione di polizia per denunciare  un crimine cui avevano assistito. La polizia ha chiesto soldi per  rilasciarli. In altri casi, la polizia chiede denaro per la benzina, senza  la quale non puo’ andare a trovare testimoni o esaminare alibi. 
Ulteriori informazioni. Alla fine di febbraio, nei bracci della morte della Nigeria si trovavano  736 persone (725 uomini e 11 donne), di cui almeno 40 minorenni all’epoca  del presunto reato. Il 55 per cento delle condanne a morte si riferisce a  omicidio, il 38 per cento a rapina a mano armata, l’8 per cento a furto.  Un prigioniero si trova nel braccio della morte da 24 anni, sette da oltre  20 anni e 28 da oltre 15 anni. Il 47 per cento dei prigionieri e’ in  attesa dell’esito dell’appello, un altro 41 per cento non ha mai  presentato un appello contro la condanna a morte. Il 6 per cento di coloro  che hanno presentato appello e’ in attesa dell’esito da oltre 20 anni, il  25 per cento da oltre 5 anni.   Le esecuzioni in Nigeria sono avvolte dal segreto. Il governo non segnala  ufficialmente esecuzioni dal 2002 sebbene sia emerso che almeno 7  prigionieri (tra cui 6 che non avevano mai presentato appello) siano stati  messi a morte nel 2006.


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