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Pena di morte: previste esecuzioni in Sudan e Filippine

Amnesty International esprime preoccupazione per le esecuzioni previste in Sudan e nelle Filippine nelle prossime settimane.

di Redazione

In Sudan 88 persone, tra cui due bambini di 14 anni, sono stati condannati a morte per crocifissione o impiccagione per la loro partecipazione a scontri etnici che si sono tenuti nella regione del Darfur. Tutti gli accusati sono stati processati senza un?adeguata rappresentanza legale e alcuni di essi hanno subito torture prima del processo. I ricorsi finora presentati sono stati respinti. Il prossimo appello dovrà essere presentato entro il 26 agosto ad una Corte Superiore, che potrà pronunciarsi entro breve tempo. Nel caso di una decisione negativa, il destino degli 88 condannati resterà nelle mani della Corte Costituzionale. Il governo ha esteso alle province del Nord e del Sud Darfur lo stato di emergenza dichiarato nel 1999 a Khartoum. Nel 2001 sono stati introdotti Tribunali Speciali, costituiti da due giudici militari e un giudice civile, che non prevedono una rappresentanza legale. Il codice Penale sudanese, che si basa su un?interpretazione della Sharia (la legge islamica), prevede la pena di morte, l?amputazione degli arti, e la crocifissione in seguito all?esecuzione. Queste pene sono incompatibili con le leggi internazionali in materia di diritti umani e con gli obblighi internazionali sottoscritti dal Sudan con il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, la Convenzione Internazionale sui Diritti dell?Infanzia, e con La Convenzione Contro la Tortura che il Sudan ha ratificato. Amnesty International chiede che queste condanne a morte non siano eseguite e che sia messa fine a queste crudeltà. AI teme inoltre la ripresa delle esecuzioni nelle Filippine, che interromperebbe una moratoria non ufficiale sulle esecuzioni capitali introdotta dal precedente presidente Estrada due fa in occasione del giubileo. L?organizzazione ha chiesto alla presidente delle Filippine Arroyo di sospendere le esecuzioni imminenti di tre uomini e di dichiarare una moratoria sulla pena di morte. I tre uomini, le cui esecuzioni per iniezione letale sono programmate per il 30 agosto, il 20 settembre e il 16 ottobre, sono stati condannati a morte per aver stuprato le rispettive figlie. Nelle Filippine, contro le tendenze internazionali, la pena di morte era stata reintrodotta nel 1993 dopo che era stata abolita nel 1987. Nonostante la presidente Arroyo abbia commutato almeno 18 sentenze capitali, dal mese di ottobre sembra abbia cambiato opinione affermando che il governo ha il dovere di incutere terrore ai criminali. Amnesty teme inoltre che le carenze nell?amministrazione della giustizia, compreso l?uso della tortura o di maltrattamenti da parte della polizia al fine di estorcere confessioni, potrebbero condurre all?esecuzione di persone innocenti. Recenti passi del parlamento verso l?abolizione della pena di morte danno un segnale positivo nella direzione di un cambiamento. Amnesty International spera che la presidente Arroyo segua l?esempio del presidente del Guatemala che in una recente visita di Giovanni Paolo II , ha dichiarato la sua opposizione alla pena di morte, annunciando la sua intenzione di abolirla. “La pena di morte, che venga somministrata con la tecnologia moderna dell’iniezione letale oppure con i metodi storici di crocifissione e impiccagione, rimane oggi una punizione abominevole, di crudeltà e disumanità estrema” dichiara Karen Hooper, responsabile del Coordinamento Pena di Morte della Sezione italiana di Amnesty International.

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