Mondo
Pegida: la Primavera anti-araba travolgerà la Germania?
Si chiama Pegida, è un movimento dal basso che mira a creare una rete europea di cittadini contro "l'islamizzazione dell'Occidente". Dichiara di non avere strutture né gerarchia. Non è un partito né aspira - almeno a parole - a diventarlo. Centinaia di persone si ritrovano ogni lunedì, a Dresda, per marciare contro l'immigrazione e la Germania comincia a chiedersi chi siano e dove arriveranno.
di Marco Dotti
Pegida è l'acronimo di Patriotische Europäer Gegen die Islamisierung des Abendlandes. Letteralmente: patrioti europei uniti contro l'islamizzazione dell'Occidente.
Si sono formati da poco più di due mesi, su iniziativa di Lutz Bachmann, un quarantenne di Dresda che non sembra vantare trascorsi politici degni di rilievo, anche se alcune informative dei servizi di sicurezza e quel richiamo, molto pomposo e splengleriano all'Occidente "e ai suoi abitanti, denoterebbero una certa simpatia per la destra.
Eppure, Pegida si limita a organizzare marce pacifiche e tranquille, avanzando ipotesi che qualcuno sarebbe pronto a definire "di buon senso". La prima marcia si è svolta a ottobre. Da allora, ogni lunedì sera, cittadini mossi da indignazione si riuniscono e sfilano, prevalentemente per le strade delle città della Germania orientale. Basta questo per etichettare come pericoloso il movimento di Bachmann? Basta per classificarlo "di destra"?
Destra oltre la destra
Ma forse la categoria "destra" non è più in grado di contenere una spinta multiforme e disomogenea che mescola populismo dal basso e populismo elitario, unendo nazifighetti ed ex socialdemocratici in pensione.
Sono loro, col tono della vox populi a dire che "non ne possono più" dei mozziconi di sigaretta" buttati per strada, delle "bottiglie lasciate sui marciapiedi" e, soprattutto, "dei musulmani che impunemente sfilano dichiarando guerra alla nostra civiltà". Non mancano nemmeno affermazioni che, da noi, potrebbero diventare slogan del nuovo corso nazionale della Lega di Matteo Salvini: "Prima i tedeschi, poi tutti gli altri".
Singolare, come sempre, il passaggio tra considerazioni di ordine locale – pulizia delle strade e sicurezza -e riflessioni di ordine globale – processi, veri o presunti, di "islamizzazione". Singolare ma da non minimizzare.
Le nuove destre – continuiamo a chiamarle così, per facilità di comprensione – si stanno organizzando in grande stile e sarà facile per loro entrare negli anfratti di un'Europa destinata a moltiplicare sempre più disuguaglianze e scontento.
Destrutturare il marchio politico
Sul piano dell'immaginario politico, queste formazioni – che si declinano in termini di movimento – operano con procedimento che potrebbe ricordare quello – ben noto agli esperti di marketing – di "destrutturazione del marchio" e, come tale, capace di inserirsi nella complessità e nel disorientamento del mondo postmoderno.
I vecchi simboli permangono, ma si declinano sposando fenomeni modaioli (è il caso dei "nipster") o evaporando – allora il richiamo è assicurato da evocazioni cromatiche (rosso e nero: non a caso i colori di Pegida) e pervade non una stanza, ma l'intera atmosfera politica.
Questo procedimento – in atto in Francia da qualche anno: "les nouveaux rouges-bruns" è non a caso il titolo di un'importante analisi sul fenomeno, firmato dall'antropologo Jean-Loup Amselle – sembra corrispondere a una strategia di penetrazione più complessa rispetto a quella militare-eroica di una presa del potere da vecchio colpo di Stato.
Destrutturare il marchio politico, allora, è un modo per uscire dalla fase testimoniale e nostalgica, entrando in quella operativa: è precondizione per la propria espansione, non per il proprio "imborghesimento".
Se questa ipotesi fosse vera, staremmo assistendo a pratiche di pressione e, a detta di alcuni, di condizionamento e a lungo termine colonizzazione delle posizioni attualmente moderate. Potrebbero essere lette così le prese di posizione minimizzanti da parte di importanti esponenti del governo tedesco
Da parte sua, infatti, il Ministro degli Interni Thomas de Maizière si è subito affrettato a dichiarare che "non esiste alcun pericolo di islamizzazione". Segno, però, che qualcosa si è incrinato nel rapporto fra piazza e establishment politico, se un degno rappresentante di quest'ultimo si prende la briga – in quella che i media ci raccontano come l'operosa, mite e pacata Germania – di tranquillizzare animi di osservatori e investitori.
"Noi siamo il popolo! E voi?"
Alla domanda "chi siete?" quelli di Pegida rispondono "noi siamo il popolo". Lo gridano ogni lunedì sera, per le strade di Dresda: "Wir sind das Volk!". Parole che qui – ovunque, per chi non abbia memoria breve – hanno un certo peso. "Wir sind das Volk!" gridavano infatti nel 1989 i manifestanti della DDR che portarono alla caduta del Muro.
Due giorni fa, dal sito del movimento hanno diffuso un position paper (che pubblichiamo in allegato), nel quale si ribadisce che Pegida:
– "è per l'accettazione dei richiedenti asilo provenienti da zone di guerra o di coloro che sono soggetti a persecuzione politica e religiosa . Questo è un dovere umano!";
– è per la modifica della Legge fondamentale della Repubblica federale tedesca al fine di imporre l'obbligo agli immigrati a integrarsi ";
– "è per una politica di tolleranza zero nei confronti di richiedenti asilo e migranti che commettono reati in Germania ":
-"è per mantenere e proteggere la nostra cultura occidentale giudaico-cristiana ";
– " è contro il radicalismo, a prescindere dal fatto che sia religioso o politico":
– "è contro i predicatori di odio , a prescindere dal credo religioso ".
Anche la Germania ha il suo "mondo di mezzo"
Pegida sarebbe però, a detta di molti, tutt'altro che un movimento spontaneo. Corrisponderebbe più a quella pratica di manipolazione (pratiche di vera e propria ingegneria sociale) delle piazze attraverso la formazione di masse orizzontali, che abbiamo visto all'opera in questi anni da Belgrado a Piazza Tahir.
Accando a questa operazione, vi è quella parallela di costruzione di una fitta rete di alleanze fra gruppi politici informali. Uno di questi sarebbe l'HoGeSa o Hooligans gegen Salafisten – Hooligans contro i Salafiti.
Una rete che opera nelle reti del tifo calcistico più violento, che ha come obiettivo manifestazioni anti-islamiche e l'indubbia capacità di raccogliere e indirizzare voti, e a sua volta si relazione su scala europea e euroasiatica con reti consimili.
Insomma, anche la Germania ha il suo "mondo di mezzo", ma la sua primavera anti-araba – se mai si realizzerà – travolgerà un po' tutti.
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