Welfare

PEDOFILIA. Condannata attivista per detenzione di materiale denunciato

Aurelia Passaseo, una vita a favore dei bambini, multata per aver aiutato la giustizia

di Gabriella Meroni

Oltre dieci anni trascorsi, da presidente del Coordinamento internazionale delle associazioni a tutela dei diritti dei minori, a monitorare la rete, a scovare siti pedopornografici e a denunciarli alla polizia. Con il “premio” finale di una condanna a 1.200 euro di multa per la “detenzione” di materiale hard. Quello stesso materiale puntualmente “girato” agli investigatori e servito a puntellare non poche inchieste.

E’ sospesa tra il paradosso e l’ingiustizia la vicenda processuale di Aurelia Passaseo. Che, pur senza nascondere di sentirsi «profondamente amareggiata» per la sentenza del Tribunale di Pordenone, promette di passare al contrattacco («faremo appello, non finisce qui», giura, «alcuni parlamentari mi hanno già garantito che le motivazioni della sentenza saranno alla base di un’interrogazione») ma si preoccupa soprattutto per le conseguenze che la storia potrà avere su altre associazioni come la sua («è un precedente gravissimo, così si uccide il volontariato», lamenta) e sui singoli cittadini-internauti che dovessero imbattersi in immagini o filmati hard: «Chi glielo farà fare di denunciare se il rischio potenziale è quello di ritrovarsi indagati?».

L’incubo della Passaseo è cominciato a marzo del 2003, quando si ritrovò a sorpresa tra gli oltre 300 indagati nella maxioperazione denominata “Pedoland”. «Ricordo bene quella mattina – ammette Passaseo – i carabinieri mi tirarono giù dal letto all’alba, sventolandomi sotto il naso un mandato di perquisizione della procura di Acqui Terme e portandosi via due pc, dei floppy, alcune carte. La mia colpa? Quella di aver visitato un sito contenente un listino dettagliato di video pedopornografici, con tanto di prezzi e di condizioni di acquisto. Sito naturalmente denunciato alla polizia postale e alla procura di Ivrea».

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