Sostenibilità
Peccato, è solo pulp
Cinema. Un magnifico bianco e nero e una tecnica straordinaria per portare il fumetto sullo schermo. Un film che se ne infischia della realt
di Redazione
La città del peccato, Sin City. In un universo senza tempo e senza luce, vive e uccide un?umanità assetata di vendetta, sesso, sangue, redenzione. Cannibalismo, teste mozzate, sparatorie, acrobazie, fascinose donne fatali, criminali e poliziotti corrotti. E ancora errori giudiziari, amori perduti, automobili e pistole sotto la pioggia battente. Tutta una umanità alla deriva attraversa questo sordido incubo metropolitano, in un intrecciarsi di storie tra western, noir anni 40 e fantascienza.
Tratto dall?omonimo fumetto di Frank Miller, che Rodriguez ha voluto con sé nella direzione del film insieme a Tarantino, Sin City rivela una devozione filologica assoluta nei confronti della fonte: grazie alla tecnica digitale l?elemento umano e il paesaggio sono stilizzati in una invenzione visiva abnorme. Operazione di natura linguistica, sempre sull?orlo dell?autocompiacimento estetico, girato in un magnifico bianco e nero attraversato da sprazzi di colore, Sin City è puro spettacolo, gioco perfido, divertimento terribile, una interminabile e lugubre giostra di scene a metà tra meraviglia e orrore, delitto e sogno.
Ciò che manca del tutto è il principio di realtà. Privo della fredda ironia adulta del miglior Tarantino (di Pulp Fiction ma soprattutto di Le iene), Rodriguez crede ciecamente nell?universo iperbolico del fumetto, crea personaggi a una sola dimensione, li fa convivere in un disegno forzato e non sa che farsene del mondo vero: questo il limite di un film barocco, ammirevole e vuoto, tecnicamente straordinario ma meccanico e privo di anima e significato.
Rodriguez è un regista innamorato del cinema e un citazionista talvolta cinico. La sua rappresentazione ossessiva della violenza obbedisce a un principio infantile: pulsione distruttiva e visione adolescente del mondo vanno di pari passo in un film tanto crudele quanto astratto, che si svolge sotto il segno della morte: ma è una morte finta, senza dolore, senza corpo, un gioco come un altro, un evento senza senso che si ripete all?infinito. Il regista messicano cataloga la corruzione dell?inferno urbano, mette un orrore sopra l?altro in un delirante e amorale archivio pulp; la traccia narrativa del film è un meccanismo senza fine di violenza, un susseguirsi parossistico e assurdo di azioni, in un grottesco teatro del massacro attraversato da attori che sono maschere, marionette, rigidi stereotipi : restano nella memoria il redivivo Mickey Rourke e un inquietante e torvo Benicio del Toro.
di Andrea Leone
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