Non profit

Pdl, sull’orlo di una crisi di nervi

Forti contrasti nel partito di Berlusconi e Fini dopo la vicenda delle liste

di Franco Bomprezzi

La vicenda delle liste elettorali è il sintomo di un profondo malessere all’interno del Pdl, il maggiore partito italiano. I giornali colgono e raccontano i segnali di questa difficoltà, e il Corriere della Sera, dopo uno strano incidente “tecnico”, sdogana un fondo molto duro di Galli Della Loggia: “Il fantasma di un partito”. L’argomento è l’apertura di quasi tutti i quotidiani in edicola.

“Polverini, fuori anche dal listino. Fini: questo Pdl non mi piace”, titola il CORRIERE DELLA SERA in prima pagina. A fianco l’attesissimo editoriale di Ernesto Galli della Loggia ( per un errore tenico – sostiene oggi Ferruccio de Bortoli, il direttore – già comparso ieri sul sito del giornale e sul cartaceo in alcune edizioni straniere)  “Il fantasma di un partito”. Partiamo da qui: «Da quel che si può capire, e soprattutto si mormora, sono mesi, diciamo dalla famigerata notte di Casoria, che le maggiori insidie vengono a Berlusconi e al suo governo non già dall’opposizione ma proprio dalla sua stessa parte, se non addirittura dalle stesse cerchie a lui più vicine. Al di là di ogni giudizio morale tutto ciò non fa che mettere in luce un problema importante: perché mai la destra italiana, durante la bellezza di quindici anni, e pur in condizioni così favorevoli, non è riuscita che a mettere insieme la confusa accozzaglia che vediamo? Perché non è riuscita a dare alla parte del Paese che la segue, e che tra l’altro è quasi sicuramente maggioritaria sul piano quantitativo, niente altro che questa misera rappresentanza? Certo, hanno influito di sicuro la leadership di Berlusconi e la sua personalità. Il comando berlusconiano, infatti, corazzato di un inaudito potere mediatico- finanziario, non era tale da poter avere rivali di sorta assicurandosi così un dominio incontrastato che almeno pubblicamente ha finora messo sempre tutto e tutti a tacere; la personalità del premier, infine, ha mostrato tutta la sua congenita, insuperabile estraneità all’universo della politica modernamente inteso. E dunque anche alla costruzione di un partito. La politica, infatti, non è vincere le elezioni e poi comandare, come sembra credere il nostro presidente del Consiglio ; è prima avere un’idea, poi certo vincere le elezioni, ma dopo anche convincere un paese e infine avere il gusto e la capacità di governare: tutte cose a cui Berlusconi, invece, non sembra particolarmente interessato e per le quali, forse, un partito non è inutile». All’interno a pag. 5 Ernesto Menicucci ricostruisce il pastrocchio che rischia di tenere fuori dalle elezioni anche il listino della Polverini e non solo la lista Pdl di Roma e provincia. Lo scontro Fini-Berlusconi è ripreso dal titolo di pag. 6: “L’affondo di Fini: il Pdl non mi piace. E Bossi: dilettanti”. “Nel centrodestra ora si profila la resa dei conti” è invece il commento di Massimo Franco: «È chiaro, invece, che il centrodestra si prepara a reagire ad una seconda bocciatura parlando di «grave vulnus politico»: tesi sostenuta dai tre coordinatori nazionali Bondi, Verdini e La Russa. Definisce i radicali «agenti provocatori». E adombra un complotto politico-giudiziario per impedire la presentazione delle liste del Pdl in Lazio e Lombardia. Eppure proprio La Russa aveva parlato di «grave leggerezza». E ieri Umberto Bossi ha ironizzato sui «dilettanti allo sbaraglio». Un innalzamento dei toni così brusco, al quale tra l’altro ha fatto da sponda il presidente del Senato, Renato Schifani, suggerisce qualche domanda. Più si procede verso il voto del 28 e 29 marzo, più cresce la sensazione che quegli episodi non siano la sola causa dell’inquietudine nella coalizione berlusconiana. C’è una fragilità vistosa del corpo del partito nato dalla fusione tra FI e An; e viene accentuata dalla marcia in ordine sparso dei leader della maggioranza. Silvio Berlusconi fa del suo meglio per accreditare un Pdl unito. Annuncia una campagna nella quale «la scelta di campo» dovrebbe surrogare candidature non sempre felici. Ma intorno non ha né alleati, né generali docili. Ad appena quattro settimane dal voto, proprio ieri Gianfranco Fini ha dichiarato in pubblico che «così com’è adesso il Pdl non mi piace». E il ministro dell’Interno Roberto Maroni, numero due della Lega, ha esaltato l’esperienza del Carroccio rispetto al pressappochismo dimostrato dal Pdl».

Anche oggi LA REPUBBLICA apre sul caos elettorale: “Liste, altro stop alla Polverini”. Sul cui listino mancava la firma del vicecoordinatore del Pdl.  «Continueremo la nostra corsa, nulla ci potrà fermare… i dirigenti del partito sono pronti a ricorrere al Tar», dice la diretta interessata. Nel Pdl è però una gara allo sfottò: il senatur parla di  «dilettanti allo sbaraglio», mentre La Russa, per quanto riguarda Milano, gli rovescia l’accusa: venerdì sera, afferma in una intervista, la Lega si è presentata alle due di notte con 300 firme (ne aveva promesse 500 a sostegno di Formigoni), di cui solo 30 autenticate. Chi è il dilettante? nel frattempo dalla Sardegna Fini ( «questo Pdl non mi piace») apre un nuovo fronte con Berlusconi, che nel retroscena viene definito arrabbiatissimo: una provocazione mentre il Pdl è sotto attacco, quella del presidente della Camera (a sua volta irritato per la nomina della Santanchè a sottosegretario). Dal suo ufficio il premier comunque continua a dettare una linea chiara: siamo sotto assedio perché la magistratura fa politica. C’è anche un pezzo che ricostruisce la vicenda dell’editoriale di Galli Della Loggia scomparso dalla prima di ieri del CORRIERE DELLA SERA.

“Fini: Il Pdl non mi va più” titola in copertina IL GIORNALE per dar conto dell’ultimo strappo e del fatto che il quotidiano «lo diceva da tempo. La fusione fra Forza Italia e An è fallita. Speriamo che la resa dei conti slitti a dopo le elezioni». A pagina 5 Paolo Bracalini  va sulla intervista di Andrea Camilleri al «deputato finiano scetticamente  pidiellino Fabio Granata». Camilleri incalza il suo ospite sulla giustizia che e a proposito della riforma delle indagini risponde: «Questa cosa non passerà mai anche se dovessero porre la fiducia. Ci sono cose fra le quali la tutela  del sistema giustizia che noi riteniamo irrinunciabili per la nazione».

IL MANIFESTO dedica al caos liste due pagine (4-5). “Senza lista né legge” A cura della redazione politica. «Parlano di “vulnus al diritto”, invocano una “soluzione politica” alle loro papere. Berlusconi agita il solito “teorema dei pm per colpirci”. Ma il ministro Maroni qualsiasi fantasia di decreto ad hoc: “non ci sono le condizioni”. Il Pd si gode l’insperato cambio di vento. A Roma salta per ora anche il listino».  Alessandro Braga firma “La lega incassa: salveremo noi questi dilettanti” con cui sottolinea la tensione e il nervosismo che si respirano tra le file dei padani. Si riassume tutto con le dichiarazioni di Calderoli «Noi sulle firme ci dormiamo sopra perchè siamo cresciuti alla scuola di Bossi, a calci nel sedere» o con la battuta che si sente dire tra i militanti del Carroccio «potremmo presentarci agli elettori come “il partito del fare bene” in contrapposizione al “partito del fare le cose a cazzo”». Spazio anche alle dichiarazioni dell’af-fondatore del Pdl Gianfranco Fini. “Fini torna alla carica: il Pdl così non mi piace. E il premier si arrabbia”. Nella seconda pagina molto spazio è dedicato alla lista Polverini. A. Fab firma la cronaca dei fatti laziali “Lazio, un partito nel caos . Polverini esclusa per 24 ore”. Divertente un box su una gaffe di Alemanno. “Maratona, Alemanno comizia in una piazza vietata. Da lui” di Daniela Preziosi. Si tratta di un comizio elettorale tenuto dal sindaco di Roma in piazza San Lorenzo in Lucina, alle spalle di Montecitorio da lui stesso vietata ai comizi politici. 

“Escluso a Roma il listino Polverini. «Non cedo». Berlusconi: troppi errori. Fini: il Pdl non va” riporta in prima pagina il SOLE 24 ORE di oggi. “La corsa in salita nel Lazio di un Pdl che non convince Fini” è il punto di Stefano Folli: «Non capita tutti i giorni che il presidente della Camera, co-fondatore del partito di maggioranza, dica in piena campagna elettorale: «Sono affezionato al mio partito, ma non mi piace». Dove l’accento è tutto sulla seconda parte della frase. E non capita spesso che lo stesso presidente della Camera aggiunga, chiosando le sue stesse affermazioni: «Guardate che ormai lo hanno capito tutti (che non gli piace il Pdl, ndr)». Ed è abbastanza singolare che tutto questo avvenga mentre il medesimo partito è nel caos proprio a Roma, caposaldo di Alleanza nazionale prima della fusione con le forze berlusconiane. Ancora non è chiaro come si concluderà la vicenda un po’ farsesca delle liste elettorali. Ma il problema della lista civica che sostiene Polverini sembra già superato e quanto al cosiddetto “listino” mancherebbe solo una firma. Idem a Milano, dove saranno risolti i vizi formali che hanno messo in qualche difficoltà il presidente Formigoni e l’intera maggioranza. Per il resto non si vede la luce in fondo al tunnel». Conclude Folli: «Sembra difficile che si possa andare avanti così ancora per tre anni, tanti ne mancheranno alla fine della legislatura all’indomani del voto regionale. Anche perché la Lega si prepara a raccogliere il frutto di una più salda organizzazione e compattezza interna rispetto all’alleato berlusconiano. La sera del 29 marzo i leghisti potrebbero essere il primo partito al nord, mentre il Pdl rischia di scoprirsi assai più vulnerabile del previsto nel centro-sud. Sotto questo aspetto lo psicodramma del Lazio equivale a un passaggio cruciale. L’affermazione della Polverini può salvare per un po’ i complicati e fragili equilibri del Pdl. La sua sconfitta, al contrario, finirebbe per accelerare la crisi strutturale di un partito che non piace nemmeno al suo co-fondatore e che da anni si regge solo sul carisma di Berlusconi. Ne deriva che la battaglia in riva al Tevere ha ormai un valore nazionale che nessuno può sottovalutare. Il Pdl ha incassato una seria sconfitta sul tema del rispetto delle regole. Ora può aggravare le cose con una serie di errori dettati dalla paura. Oppure può dedicarsi a una dignitosa campagna con le liste superstiti. La partita è aperta, ma ci vuole intelligenza politica». 

Editoriale e vignetta satirica in prima di ITALIA OGGI, ma non basta. Al caso che sta togliendo il sonno a Berlusconi e suoi – la mancata presentazione delle liste nel Lazio e lo stop per quella del governatore Formigoni in Lombardia – sono dedicate da pagina 3 a pagina 6. Ne ha per tutti Cesare Maffi nel suo “Ci sono o ci fanno i leader del Pdl romano?”, rei del peggiore spettacolo andato in scena da che la Repubblica fu fondata, e non risparmia critiche alla spocchia con cui il Pdl lombardo ha minimizzato i problemi burocratici in cui è incappato e per cui ancora non si sa se Formigoni sarà candidato. A quest’ultima vicenda si dedica invece Emilio Gioventù, a pagina 3, che ripercorre i motivi che di fatto hanno escluso la lista pro Formigoni. Dalla Lombardia di nuovo nel Lazio. La chiama “anatra zoppa” Franco Adriano a pagina 4: è la povera Polverini, un tempo fiore all’occhiello del sindacato di destra e oggi finita sotto la pressa di un pasticciaccio che nemmeno Gadda avrebbe potuto immaginare. Zoppa, perché? Semplice, se la lista del Pdl non potrà presentarsi, e Renata Polverini fosse eletta comunque, potrebbe mancare la maggioranza in Consiglio per la nuova governatrice del Lazio. «Per i 40 componenti della lista Pdl non ammessa (per ora) alle elezioni regionali – sottolinea però in un articolo a pagina 5 Stefano Sansonetti –  potrebbero aprirsi le porte della miriade di società controllate dalla Regione Lazio». Un breve articolo a firma Pierre de Nolac, è invece dedicato alla Bonino-tutto-fare, presente ovunque e indaffarata a colmare il divario che la divide dalla sua avversaria. Mentre a Casini e i suoi ci pensa Antonio Calitri, pagina 5, che spiega come l’Udc si stia preparando a una campagna in cui non intende giocare il ruolo della comparsa, ma quello del protagonista. Ancor più dopo la figuraccia delle liste del Pdl. Ed è proprio a quest’ultimo che il partito di Pierferdy intenderebbe togliere voti. Chiudono l’ampio spazio che ITALIA OGGI ha dedicato all’affaire “Quer pasticciaccio brutto di piazzale Clodio” l’editoriale che gira dalla prima a pagina 6 di Diego Gabutti dal titolo laconico “Nell’epoca delle email le liste si presentano ancora a mano”, e un articolo fra cronaca e inserto culturale in cui Massimo Tosti cerca di spiegare il recondito, italico e simbolico significato che si cela dietro la mala figura del partito fantasma.

“Regionali, nuovo colpo nel Lazio. Fuori (per ora) pure il listino Polverini”: così il titolo politico sulla prima pagina di AVVENIRE. Cronaca senza commenti, con il Pdl che è in subbuglio, più che altro per il danno di immagine. «Berlusconi è su tutte le furie», ma quando gli dicono che la Polverini «è ormai in crisi», «si arma di pazienza e la chiama per rinfrancarla»: recriminazioni e rese dei conti sono «rinviate a dopo le elezioni». In agenda per oggi la decisione della Corte d’appello di Milano, mentre cresce l’irritazione della Lega. 

“Basta fatti, vogliamo promesse”. Sulla crisi del Pdl e questa tornata elettorale interviene con un editoriale il direttore de LA STAMPA Mario Calabresi. «Dove sono finite le idee, i progetti, i programmi, i sogni o anche le affabulazioni che la politica dispensava a piene mani prima di ogni elezione? Scomparse. Inghiottite da un malessere diffuso, da una cupezza che sembra aver coperto tutto» scrive Calabresi. «Le giornate sono scandite dagli scandali, dalle risse intestine e dalla sciatteria. La campagna elettorale esprime pochissima passione e nessuna energia, prigioniera della stanchezza e del risentimento». «Il fallimento della macchina organizzativa del primo partito italiano, incapace di presentare in Lombardia e in Lazio liste rispettose dei regolamenti racconta molto dei tempi che stiamo vivendo» continua il direttore de LA STAMPA. «Ci racconta come anche nelle incombenze più semplici e ordinarie sia venuta meno la capacità di fare le cose per bene, con rigore e attenzione». Al “caos nel centrodestra” LA STAMPA dedica un primo piano a pagina 4, con apertura sull’evolversi della situazione (Maroni ha escluso un decreto ad hoc per sanare la situazione) e un’intervista a Emma Bonino: “Non chiedetemi solidarietà”, il titolo. La candidata di Radicali e Pd dice di non rallegrarsi per l’esclusione della principale lista opposta alla sua ma dice: «Da anni ci battiamo contro regolamenti elettorali burocratici e antistorici», «ma  non mi si chieda ora solidarietà per sanare violazioni pacchiane di leggi che, a parte noi, finora nessuno ha combattuto».

E inoltre sui giornali di oggi:

OGM
CORRIERE DELLA SERA – Il via libera della commissione Ue alla patata geneticamente modificata è ripresa con un titolo in prima pagina (“L’Europa apre alla super patata Ogm) e alle pagine 12 e 13. Oltre alla patata che potrà essere coltivata sotto rigidi controlli per usi industriali, semaforo verde anche a tre tipi di mais transgenici. Contrarissimo il ministro Zaia: «Con me ministro non passeranno». Aperture invece dal Vaticano («fatto positivo per la fame nel mondo», dice il presidente della Pontificia accademia delle scienze) e la Prestigiacomo: niente ideologie, parli la scienza. 

LA REPUBBLICA – La scelta di Bruxelles: dopo 12 anni di embargo sì alla patata transgenica. Era dal 1998 che l’Ue non autorizzava più nuova coltivazioni di ogm mentre adesso sembra prevalere l’orientamento di lasciar scegliere gli stati membri. Per quanto riguarda l’Italia il ministro Zaia ha una posizione nettissima:  «finché ci sarò io al ministero dell’Agricoltura gli ogm in Italia non varcheranno il confine». In realtà, spiega il dossier a fianco, la possibilità che anche da noi siano utilizzati ogm c’è: nei prodotti lavorati ed è opportuno cercare di capirlo nelle etichette. C’è anche un commento di Carlo Petrini: “Se l’uomo si fa del male”…

IL MANIFESTO – Titolo d’apertura sulle patate geneticamente modificate. Con sfondo una patata gigante il titolone “Cavolate di Bruxelles”. «La Commissione europea cede alle lobby biotech e dopo dodici anni di moratoria autorizza una coltivazione Ogm. Si tratta della superpatata Amflora della Basf, resistente a un antibiotico importante per la salute umana. Protestano i Verdi e le associazioni ambientaliste, in Italia il ministro leghista Zaia si dice contrario. Nel centrosinistra controcorrente i radicali: «una decisione epocale a favore dell’ambiente».

LA STAMPA – “Dopo 12 anni  cade il tabù degli Ogm” titola a pagina 2 un primo piano sulla decisione della Commissione europea di autorizzare la coltivazione della patata geneticamente modificata Amflora, prodotta dalla multinazionale Basf. LA STAMPA intervista due interlocutori di posizione opposta: Carlin Petrini di Slow Food e il biotecnologo Roberto Defez del Cnr di Napoli. Il primo dice: «Gli Ogm non li vogliono i consumatori, non li vogliono molti governi eppure loro (le multinazionali, ndr) non mollano», «sono in ballo grandi interessi economici e si rimette tutto in discussione»: nel 2007 il commissario per l’ambiente dell’Ue Stavros Dimas aveva bloccato la proposta che invece ieri il suo successore, il maltese John Dali, ha fatto passare. Petrini ribadisce che bisogna puntare sulla biodiversità e non sugli Ogm. Defez sostiene invece, per quanto riguarda la patata Amflora, che «le preoccupazioni  sulla sicurezza, la salute e l’ambiente sono infondate», che il mais “fabbricato” dalla Monsanto è stato «un successo clamoroso»: «Ora il 25% del mais coltivato nel mondo è ogm e questo è più sicuro: combatte i parassiti senza pesticidi e non permette la formazione di funghi, responsabili delle micro tossine associate al tumore all’esofago e a malformazioni di feti. Inoltre, i coltivatori possono ottenere il 20% di prodotto in più».

CROCIFISSO
IL GIORNALE – La Corte dei diritti dell’uomo accoglie  l’appello contro il bando del simbolo cristiano perché il divieto crea gravi problemi. La questione nata a novembre quando sempre la Corte dei diritti dell’uomo condanna l’Italia per la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche. A gennaio L’Italia presenta il ricorso che ora  sarà discusso da un collegio di 17 giudici, la decisione, presa a maggioranza, è definitiva. Ida Magli commenta: «Finalmente la Ue riscopre se stessa. La croce è un simbolo che rappresenta la storia intellettuale e religiosa del nostro Continente».

ABORTO
AVVENIRE – L’apertura di AVVENIRE è sul rapporto dello spagnolo Istituto di politica familiare presentato ieri a Bruxelles, “L’aborto in Europa e Spagna”. Il titolo del quotidiano è “Aborto, ecatombe in Europa”. Il rapporto parla di quasi 3 milioni di aborti all’anno (2.863.649, uno ogni 11 secondi), di cui il 42% nei 27 paesi Ue (uno ogni 26 secondi). Nel 2008, nella Ue, una gravidanza su cinque si è conclusa con un aborto. In numeri assoluti il paese con più aborti è la Romania (più di 4 milioni in 10 anni), calati però di recente. Record di crescita invece per la Spagna (+115% in dieci anni). Tra le proposte dell’Ipf, che chiede un cambio radicale di approccio alla questione, il diritto universale di 125 euro al mese per i nove mesi della gravidanza a tutte le donne incinte e la riduzione del 50% dell’Iva sui prodotti per la prima infanzia. più un Libro verde sulla natalità in Europa.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.