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Pd sull’orlo di una crisi morale

Veltroni e D'Alema cercano di reagire insieme, ma il momento è difficile

di Franco Bomprezzi

 

Lo spettro della questione morale scuote profondamente il Partito Democratico, che già stava vivendo un momento di grande disagio interno. D’Alema e Veltroni cercano di attenuare i contrasti reciproci per salvare il partito, e i giornali, anche oggi, vanno a fondo sul tema.

 

 

“Veltroni-D’Alema”, reagiremo uniti” titola il Corriere della Sera. I due leader Pd all’unisono: «Non esiste una questione morale, ma una volontà strumentale di delegittimare il partito». Sul tema via Solferino alle pag 2 e 3 dà la parola a Carlo Nordio e a Primo Greganti. Nordio, pm veneziano dal 92 al 99 ha indagato sui finanziamenti al pci-pds da parte delle coop rosse chiedendo e ottenendo l’archiviazione per D’Alema e Occhetto: «17 anni dopo, davanti a quello che succede ora, provo una profonda amarezza perchè ancora si gioca su un grande equivoco quando si parla della cosiddetta questione morale…Avendo indagato a fondo sul vecchio pci posso dire che la “questione morale” è impropria, ambigua. Perché è usata da un partito che non aveva nessuna legittimazione a dare lezioni di moralità tenuto conto che il pci veniva finanziato dall’Urss… Non esistevano partiti migliori e partiti peggiori: in questo Craxi aveva ragione». Greganti, l’ex compagno G: «No, non siamo al 93. Siamo messi molto peggio. La situazione è diversa per il semplice fatto che è più grave. Mai così grave, direi. Nel 93 venivano meno le ragioni storiche dei partiti; e la magistratura indagava sulla corruzione. Qui è la politica nel suo complesso a franare, a rilevare un’inadeguatezza drammatica, dei partiti e anche delle istituzioni. Siamo al “si salvi chi può”…Bisogna avere il coraggio di buttare a mare qualcuno. Bassolino? Lasci subito».

La questione morale. Interna al Pd o generalizzabile a tutta la politica? Secondo il Pd vale la seconda. “Veltroni contro Berlusconi «Pretestuoso su questione morale»”: così titola Repubblica a pagina 12 dando conto del riavvicinamento con D’Alema per «reagire uniti ad attacco strumentale» (30 minuti al telefono sono bastati?). In Abruzzo, riferisce Umberto Rosso, Veltroni ha annunciato «saremo duri, inflessibili» con chi ha sbagliato; «Faremo la nostra parte ma se c’è uno che non può proprio usare l’espressione questione morale, quell’uomo è il presidente del Consiglio…». Goffredo De Marchis, per il retroscena, a pagina 3: “Massimo e Walter, tregua per il partito «Ma un chiarimento resta necessario»”. Dopo la telefonata di lunedì, oggi faccia a faccia per i due leader in vista del 19, giorno in cui la direzione dovrà affrontare la piattaforma di Veltroni, il cosiddetto Lingotto 2, che conferma la vocazione maggioritaria del Pd, punta a un bipolarismo netto. Fioroni avverte: niente compromessi al ribasso, ma è fiducioso che non ci sarà lo strappo. Nel frattempo riunioni per affrontare i casi Firenze e Napoli (ma senza i responsabili locali, cioè Jervolino, Bassolino, Dominici…). In appoggio (si fa molto per dire): “Europee, Pdl in crescita, exploit di Di Pietro calo per i democratici”. Ovvero il primo sondaggio per le europee con il Pd a quota 28%…

“La politica costa e Walter lo sa”: a pagina 8 di Italia Oggi una interessante e  poco politically correct analisi di Diego Gabutti. Il Partito di Veltroni, dice Gabutti, non finga di non sapere che la casta ha fame.  In fondo, che i partiti vivono al di sopra delle loro possibilità non è mai stato un mistero. Soltanto i bugiardi e gli extraterrestri, come diceva Bettino Craxi, che pagò per tutti, pretendendo di non saperne nulla, o peggio, che i corrotti siano gli altri. Questo per dire, continua Gabutti, che dopo Tangentopoli, nessuno, nemmeno Walter Veltroni, può cadere dal pero quando qualche notabile della sua parte politica viene sorpreso con un uovo di Fabergè nella tasca segreta del cappotto, come un cleptomane in gioielleria. Non basta essere politicamente, antropologicamente,  e metafisicamente corretti, come i leader democratici indubitabilmente sono, anche più del necessario, e non basta neppure essere amici intimi di Jovanotti o aver tifato Barack Obama per sfuggire al destino di tutti i capipartito: dover provvedere,in un modo o nell’altro, alla famiglia politica, tanto più costosa quanto più numerosa e varia ( ex comunisti, democristiani, cantautori, magistrati, giallisti siculi, comici televisivi tardosessantottini, gazzettieri, sindaci dall’aria offesa, baciapile, storici inglesi pontificati, studenti e baroni uniti nella lotta). Ma è più forte di loro: una volta colti sul fatto, da qui campioni di gigioneria che sono, i leader di partito devono fare la faccia incredula e stupita e non sono contenti. L’editorialista, definisce i politici timidi in pubblico (quando celebrano messa nei talk show) e spudorati dietro la quinte e fuori onda (quando spendono in clientele e propaganda). Con le idee, sempre da Tangentopoli in poi, sono molto più spregiudicati: ammettono apertamente  che un’idea vale l’altra e che, tutto sommato, se ne può benissimo fare a meno. Ma di soldi, schifiltosi  e disinteressati come dicono di essere, i politici non ne vogliono parlar né sentir parlare (a meno che non sia presente il loro avvocato, si capisce). Adesso tocca agli allegri moralisti del centrosinistra, come 15 anni fa era toccato ai loro nemici e concorrenti, ma la favola è sempre quella: le burocrazie politiche sono macchine insaziabili, che consumano risorse altrui senza farsi falsi scrupoli, salvo fingersi desolate quando entra in scena, a sirene spiegate, la polizia (seguita a ruota dalle TV e dalla stampa). Alla fine dei conti, conclude l’analisi di Gabutti, non esiste un partito del paradiso. Nelle segreterie, lassù, non ci sono né angeli né santi ma poveri peccatori. A un leader, del resto, mica si chiede di salvare l’Africa o di conquistare il mondo. Basta e avanza che tenga a freno gli appetiti della casta.

 La Stampa dedica un Primo Piano alla “questione morale nel Pd” (come l’ha definita il premier Silvio Berlusconi) sotto il titolo “Duri con chi ha sbagliato”, le parole dette ieri da Walter Veltroni in Abruzzo, regione – sottolinea l’inviata del quotidiano torinese – che è «l’epicentro del guaio, poiché si va alle urne il 14 e il 15 per via del governatore Ottaviano Del Turco». Accanto alla cronaca del discorso di Veltroni in Abruzzo, La Stampa pubblica un “colloquio” con Ottaviano Del Turco, che dice che non voterà per il candidato alla presidenza dell’Italia dei valori appoggiato dal Pd, Carlo Costantini. E dice che si vedrà cosa significa per il Pd «appaltare la propria immagine politica ad Antonio Di Pietro». In ogni caso – si scatena Del Turco – sarà il Pd a rimetterci: «Di Pietro, comunque vada, vince. Mentre Veltroni, comunque vada, perde. Se dovesse vincere Costantini, allora avrà vinto Di Pietro, che diventerà l’arbitro della politica nazionale di centrosinistra. Ma se perde, perderà Veltroni, anche perché l’Idv, comunque, andrà avanti». Del Turco accusa il Pd di «rituali stalinisti» contro di lui e Riccardo Villari.

Anche il Sole 24 Ore conferma la tregua tra D’Alema e Veltroni. I due leader hanno scambiato le loro idee al telefono, concordando sul fatto che occorre unità per «salvar la ditta» e che la questione morale è stata «esagerata e strumentalizzata». Eppure i conti si faranno il 19 dicembre alla direzione del partito, e sarà un «confronto non annacquato», scrive il Sole, anche perché saranno già arrivati i risultati delle elezioni in Abruzzo. Luogo giusto, è la conclusione, per promettere che nel Pd si farà pulizia, prima di affrontare il vero nodo: la Campania. Nel Punto, Stefano Folli è categorico (e morettiano): “Il logorio del Pd nasce anche da una classe dirigente che non cambia» e di ciò non si avvantaggia la sinistra estrema, ancora desaparecida, ma Di Pietro e i suoi, che continuano a erodere consensi”.

 La questione morale del Pd non trova molto spazio sul manifesto. Nessun richiamo in prima, ma un articolo di una colonna a pagina 7 dal titolo: “Veltroni – D’Alema, prove di disgelo prima del caminetto”. «Prove di riavvicinamento tra Walter Veltroni e Massimo D’Alema alla vigilia del doppio appuntamento che precede la direzione del 19, ulteriormente appesantito dalla pubblicazione dei sondaggi che assegnano ai democratici un desolante 28 per cento. E, dopo la telefonata, un comunicato dell’ufficio stampa a nome di entrambi (…) Con la nota dell’ufficio stampa si vuole soprattutto smentire che i due siano l’uno contro l’altro armato anche sulla cosiddetta “questione morale” degli anni 2000. Il segretario del Pd e il presidente della fondazione Italianieuropei “hanno convenuto sul fatto che vi sono episodi preoccupanti che non bisogna sottovalutare”, ma “ritengono del tutto pretestuosa la campagna tesa a delegittimare il partito e a investirlo di una complessiva questione morale che riguarda anche e soprattutto la destra”. (…) Ma sulla questione morale arriva subito l’affondo di Luciano Violante (…) Violante la mette così: “Errori possono capitare a tutti. Poi a un certo punto viene lo show down. Pd, Bassolino e Iervolino devono fare un ragionamento molto serio: se permane un rapporto di fiducia e di credibilità”». 

Sempre sul Pd si parla più diffusamente della nascita del coordinamento del Pd del nord del quale, nel titolo dell’articolo a pagina  7, si sottolinea “non è il partito del nord” e inoltre che il coordinamento non interessa a Cacciari. Si conclude osservando che «c’è chi come Daniele Marantelli, storico pontiere nei rapporto tra Pd e Lega, si spinge oltre, e venerdì prossimo andrà a Cassano Magnago, paese natale di Umberto Bossi, per promuovere il tesseramento del partito democratico. Un po’ come portare il bambino nella tana del lupo, sperando che non venga sbranato».

Il Giornale dedica le pagine 4 e 5 ai guai dei democratici. Intervista a Cesare Salvi, onorevole Pd, che commenta “Pd ormai senza idee. La questione morale era già grave nel 2005”.

E inoltre sui quotidiani di oggi:

Eluana

Corriere della Sera – “Il dramma di Eluana – Anche Udine dice no al padre”: dopo Lombardia e Toscana è il Friuli a dare semaforo rosso all’accoglimento di Eluana. La curatrice: non so quanto dovremmo attendere. Gli avvocati della famiglia: le strutture sono controllate a livello politico e il potere politico vuole prevalere su quello giudiziario.

Detective per i figli

Repubblica – A pagina 24 Giulia Santerini riferisce di un nuovo trend: “Mio figlio si droga? Superlavoro dei detective per spiare i teenager”. I Marlowe nostrani chiamati a spiare i figlioletti borghesi (nonostante i costi non proprio bassi: dai 2mila ai 5mila per caso, li incarichi stanno crescendo a ritmi vertiginosi: a Milano +40%), segnale ovvio di disagi profondi. La nota di colore è che pedinare i ragazzini è difficile: si muovono in continuazione e poi con il motorino…

Crisi

Il Sole 24 Ore – Titolo d’apertura del Sole un po’ criptico: «Cassa integrazione record ma anche alberghi al completo»: in effetti a novembre la cassa è cresciuta in Italia del 250% eppure nel ponte dell’Immacolata la presenze in hotel di montagna sono cresciute dal 20 al 40% e le vendite di elettronica hanno stabilito un nuovo record.

Il Giornale – Lo sciopero anti-crisi aggrava la crisi perché costerà 360 milioni di euro, se tutti gli iscritti della cgil incroceranno le braccia. Ma il Giornale avverte: “Epifani teme un flop e attacca Veltroni: l’opposizione sono io”. Servizi a pag. 2 e 3. Intervistato Angeletti, Uil, dice: “Protesta inutile e contro le imprese”.

Mutui

Repubblica – Pezzo di Roberto Petrini: “«Decreto mutui, rischio ricorsi penalizzato chi ha il tasso fisso»”. I tecnici della Camera segnalano che il decreto che abbassa forzosamente il tasso variabile esclude ovviamente chi aveva il fisso e potrebbe essere impugnato.

Il Giornale – Apertura con “La beffa: i tassi scendono, i mutui no” dove si spiega che nonostante i tagli della Bce le banche riducono al rallentatore. I consumatori: “guadagnano alle spalle di famiglie e piccole imprese”. I servizi alle pagg. 10 e 11 danno delle indicazioni e viene sottolineato il rischio in agguato per chi cambia istituto.

Grecia

Il manifesto – In prima pagina ancora i fatti della Grecia con il titolo “Lotta greca” a sfondare sulla foto della polizia ateniese in azione durante gli scontri di ieri, al tema è dedicato anche il commento in prima di Dimitri Delloianes “A tutto fuoco” che analizza gli scontri da un punto di vista economico «Un paese dominato dall’illegalità, dalle prepotenze, dai soprusi del famoso “mercato”. E i poteri pubblici, quelli democratici, quelli eletti, se ne stanno altrove… Questa privatizzazione di tutto e di tutti ha avuto effetti devastanti sull’ordine pubblico. Era prevedibile. Oramai non c’è poliziotto greco che non sia al servizio di un interesse privato. Legale (un partito o un politico) o illegale». Al tema sono dedicate due pagine.

Morti sul lavoro

Il manifesto – Due pagine ai cinque morti sul lavoro di ieri (pag. 2 –3) il titolo principale è “Morire a vent’anni di lavoro”: Cinque morti, quattro feriti: è il bollettino di ieri da “fronte” del lavoro. In Lombardia tre vittime, due di vent’anni. Sergio lavorava “in affitto” alla Tenaris Dalmine. Nell’articolo si sottolinea come la precarietà vanifica l’impegno per la sicurezza, «L’interinale, o per scarsa esperienza o per ottenere l’agognata assunzione è “disposto a tutto”. Ovviamente, non è colpa sua, ma di regole pensate apposta per rendere deboli e ricattabili i precari. Che infatti, quantifica l’Inail, si infortunano più dei lavoratori “fissi”. Se poi sono anche immigrati il rischio è doppio».

Fame nel mondo

Avvenire – Apertura sul rapporto Fao sulla fame nel mondo: “Sempre più fame, la crisi dimenticata”. Nel 2008 le persone a rischio sono diventate 963 milioni (l’incremento rispetto alla precedente rilevazione è stato di 40 milioni). La loro vita vale l’8% dei sussidi agricoli dei Paesi ricchi. Il direttore Diouf: «Ho chiesto a Obama di farsi promotore di un’iniziativa per un summit che abbia come obiettivo sradicare la povertà del pianeta. La situazione più grave si registra ancora nel continente nero: in Africa una persona su tre è cronicamente affamata».

 

 


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