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Pax Christi: in Palestina situazione insostenibile

Protesta a Bruxelles della delegazione di Pax Christi di ritorno dai territori palestinesi. Dov'è l'Europa?

di Redazione

“Situazione insostenibile di punizione collettiva”
Territori palestinesi come “prigioni a cielo aperto”; violenze e abusi dei coloni, con complicità dell’esercito israeliano; dramma dei profughi; silenzio delle Chiese; assenza dell’Europa. Sono i punti dolenti segnalati da una delegazione di Pax Christi International, di ritorno da un pellegrinaggio in Israele e Palestina, dal 15 al 21 febbraio.
La delegazione era formata da personalità religiose e civili appartenenti
al movimento pacifista, presieduto attualmente da mons. Michel Sabbah,
Patriarca Latino di Gerusalemme. Il gruppo, che distingue il proprio punto
di vista, del tutto indipendente da quello del Patriarcato, ha compiuto una
visita autonoma, incontrando interlocutori israeliani e palestinesi,
rappresentanti di organizzazioni religiose, sociali ed economiche.
Prima constatazione: i territori occupati di Cisgiordania e Gaza sono una
“prigione a cielo aperto” osserva Tijl Declerq, membro della delegazione e
coordinatore del gruppo di lavoro di Pax Christi per il Medio Oriente. “Nel
villaggio di Ramallah, a nord di Gerusalemme, si circola liberamente, ma
per entrare e uscire ci vogliono ore”. Questo, spiega, mette in pericolo
vite umane: il blocco stradale impedisce l’arrivo di medicine e rallenta
anche i soccorsi urgenti.
Nella regione di Hebron, segnala la delegazione, i coloni israeliani
occupanti attuano una “strategia del terrore”: anziani militari e gruppi
paramilitari israeliani infliggono continue violenze sui palestinesi.
“Rifiutando di intervenire contro gli abusi de coloni, polizia ed esercito
israeliano si fanno compici dell’anarchia” nota il movimento.
Il problema dei coloni, secondo Pax Christi, è uno dei punti più difficili
per la pace in Terrasanta. Non solo la situazione attuale viola il diritto
internazionale, ma dal 1993 ad oggi si è aggravata: da 32.750 cellule
abitative insediate in Cisgiordania e Gaza, oltre 17.190 nuovi insediamenti
si sono aggiunti fino a luglio 2000. Questo ha portato il numero dei coloni
a oltre 200 mila.
Altro punto dolente è la questione di rifugiati palestinesi: secondo le
cifre dell’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati, da 750 mila nel 1948, i
profughi sono oggi 5 milioni, ammassati in 59 campi in Cisgiordania, Gaza,
Giordania, Siria, Libano o dispersi nella regione”. Le principali
rivendicazioni per i rifugiati sono: il diritto al ritorno e il diritto a
un indennizzo, previsti dalla risoluzione 194 dell’Onu del 1948. Secondo
Pax Christi, un primo passo verso la soluzione del problema è che Israele
riconosca di esserne la causa principale. Il movimento sosterrà questa
posizione davanti alla Commissione Onu per i Diritti umani, che si riunisce
per la 57a sessione dal 19 al 27 marzo prossimo.
La delegazione ha incontrato leader religiosi cristiani e musulmani.
Alcuni di loro hanno notato che il ruolo della Chiese è troppo debole e
silenzioso.
Il gruppo afferma di non aver incontrato “persone ottimiste”, né in campo
palestinese, né in campo israeliano. Pax Christi definisce la situazione
del popolo palestinese “immensa punizione collettiva” perpetrata da oltre
mezzo secolo. Il movimento esorta Israele e Palestina a riscrivere la
propria storia, a cominciare dai libri scolastici, densi di pregiudizi.
Per riconquistare gradualmente la fiducia reciproca, afferma la
delegazione, il ruolo di mediazione dell’Europa è indispensabile: “Ma, in
Palestina e a Gerusalemme dov’è l’Europa?” conclude Pax Christi.

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