Salute
Pavia, ricerca, salute e solidarietà fanno rete. Col cuore
All'IRCCS Maugeri, centro di eccellenza per la diagnosi delle sindromi aritmogene ereditarie, l'équipe di Silvia Priori fa incontrare associazioni di pazienti, benefiche e di soccorso, per prevenire la morte improvvisa. Le speranze dalla ricerca genetica svolta in team con un centro di Madrid. Storie di professionisti e volontari
Emma disegna e ritaglia un cuore per ogni partecipante al corso. Emma ha 8 anni, viene da Ravenna, ed è arrivata alla Maugeri di Pavia, sabato, coi suoi genitori, Salvatore e Giusi. Emma ha scoperto qui, nell’Ambulatorio di Cardiologia molecolare, di avere la sindrome del QT lungo, una patologia ereditaria che può provare nel cuore gravi aritmie, anche fatali.
Salvatore e Giusi sono arrivati per partecipare a un corso di Basic Life Support Defibrillation – Blsd, quello che fanno medici e soccorritori, per usare il defibrillatore in caso di arresto cardiaco.
A donarglierlo, l’associazione che porta il nome di Alessio Koeman Allegri, uno sportivo, un cestista, che due anni fa, s’è accasciato in campo con un dolore al petto, morendo nei giorni successivi. Anche Alessio – l’autopsia lo avrebbe spiegato – aveva una cardiopatia ereditaria di cui non sapeva di soffrire. Una "morte improvvisa", come le agre statistiche l'avrebbero catalogata. La sua giovane moglie, Claudia, i suoi genitori Fabrizio e Valeria, e suo fratello, Matteo, i loro amici, hanno messo in piedi una associazione benefica per onorarne la memoria e convogliare in progetti di bene, l’enorme affetto che lo circondava: come giocatore, come istruttore di basket, come insegnante di Scienze motorie.
A Pavia Claudia era arrivata col suo bambino, Liam, di pochi mesi: “Le avevo detto: ‘professoressa Priori’, lei deve dirmi se anche il mio bimbo ha la malattia di suo papà”, ricorda rinnovando quel dolore.
Cardiologi e genetisti col cuore
Priori, che in questa storia fatta di persone, di impegno e di voglia di vivere, è Silvia, aveva chiamato Raffaella e gli altri genetisti del gruppo, i quali avevano sequenziato il Dna del piccolo e dato un responso confortante: il test genetico escludeva la patologia. La genetica è così: a volte i cromosomi paiono “fotocopie”, di padre in figlio, altre volte saltano generazioni. Simone, fiorentino, classe 1980, paziente Maugeri dal 1997, quando era un ragazzino, aveva scoperto una tachicardia ventricolare catecolaminergica. E anche a suo figlio Marco, che oggi ha i suoi stessi 14 anni di allora, il gene non ha fatto sconti.
A Simone è stato impiantato un defibrillatore che un giorno, in una partitella fra amici, è scattato: “Una botta tremenda ma sono qui a raccontarlo”, dice.
Con altri genitori di bambini e ragazzini a rischio, Simone ha ricevuto in dono dall’associazione che porta il nome di Alessio un defibrillatore e sabato scorso, proprio all’Irccs Maugeri di Pavia dove viene a fare i suoi controlli periodici, i bravi volontari della Croce Azzurra di Caronno Pertusella (Va), ha fatto un corso Blsd di quattro ore, per usare quella macchina che si vede talvolta nelle serie americane ambientate nei pronto soccorso. Lo ha ricevuto pieno di gratitudine come gli altri e, come gli altri, sperando di non doverla mai utilizzare.
Con lui infatti, come tanti scolaretti emozionati, oltre ai genitori di Emma, c’erano anche Alberto e Alessandra, venuti da Novara, per il loro piccolo Leonardo, sei anni, e per il figlio più grande, Enrico, che di anni ne ha 22, entrambi con la tachicardia ventricolare catecolaminergica. E sempre da Novara è arrivata la signora Pamela: imparerà a usare il defibrillatore per il suo Riccardo, 7 anni, che fa i conti col QT lungo.
La piccola Emma? A lei, mentre papà e mamma sono in aula a imparare, ha pensato Francesca, l’assistente della professoressa Priori: l’ha fatta disegnare, giocare, raccontare, come una maestra dedicata. Prima era stata Raffaella, la genetista, che si interfaccia instancabilmente con l’associazione pazienti della Cardiologia Maugeri, “Una famiglia per il cuore – onlus”, a “spupazzarsela” mentre ritagliava un cuore rosso per ogni partecipante, giornalisti inclusi, ci scriveva sopra il nome dell’ospite e lo apponeva nel badge con cui l’associazione aveva omaggiato i presenti: così, per una domanda a un medico, un saluto a un soccorritore o a un famigliare, ci si guardava diritti nel cuore.
A Pavia, un centro di ricerca internazionale
Nel cuore di Silvia, la scienziata che guida questo gruppo instancabile, premiato dal Consiglio europeo della ricerca- Erc con un finanziamento milionario, ci sono Emma e gli oltre 6mila pazienti, spesso piccoli, degli ultimi 25 anni. Altrettante vite salvate, persone che per fortuna non han dovuto scoprire di avere una aritmia ereditaria giocando o emozionandosi o, facendo una partitella con gli amici.
Tenendole sotto controllo con le terapie e, se del caso, impiantando un defibrillatore sottocutaneo, queste aritmie non fanno paura, e permettono di condurre una vita normale, avere figli, fare sport, insomma vivere.
Silvia e il suo team di cardiologi e genetisti, insieme ai loro colleghi del Centro de Investigaciones Cardiovasculares Carlos III – Cnic di Madrid, lavorano alacremente alla terapia per correggere cioè quel gene difettoso che, in un certo giorno, a una certa ora, in certe condizioni, può imprimere al cuore un battito diverso, talvolta l’ultimo.
Silvia, Raffaella, Francesca: gente che mette nel cuore del proprio lavoro (e spesso nel cuore dei loro affetti), il cuore dei tanti che incontrano: curando, visitando, conoscendo.
Grazie al cuore di Alessio, che purtroppo si è fermato, e al cuore instancabile di Claudia, che batte ancora per lui, la loro famiglia si è allargata.
La foto in apertura è di Nicola Fioravanti su Unsplash
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