Come può un Paese, che vive di paure da almeno tre o quattro anni, affrontare in modo razionale e sereno la pandemia dell’influenza A? Siamo stati caricati di paure: immigrati, criminalità, catastrofi naturali, crisi economica. L’ottimismo di maniera di chi governa non fa altro che rafforzare la sfiducia, ottiene l’effetto contrario. E’ quello che succede in questi giorni. Il sottosegretario Fazio continua a rassicurare, anche giustamente, citando statistiche e facendo raffronti, esatti, con quanto avviene ogni anno per l’influenza stagionale, il cui tasso di mortalità è decisamente maggiore, di gran lunga più allarmante.
Solo che nessun cronista andrà mai al pronto soccorso a chiedere quanti sono morti durante la notte per le complicazioni da influenza di stagione, mentre si diffonderanno, come sempre, delle notizie generiche, sulle assenze da scuola e dal lavoro, sui sintomi dell’influenza, sull’efficacia del vaccino.
Questa volta è scattato un meccanismo perverso di comunicazione. Innanzitutto perché si tratta di un virus non ben identificato, subdolo, partito dai suini e poi diventato tutto nostro, molto umano. Poi perché l’organizzazione mondiale della sanità ha subito usato terminologia da massima allerta, il concetto stesso di pandemia evoca scenari ben diversi dalla normale epidemia, anche se le differenze sono difficili da cogliere. Poi perché questo virus ha la cattiveria giusta, colpisce chi è già debole di cuore o di polmoni, e soprattutto può aggredire all’improvviso i bambini e i giovani.
Ingredienti perfetti per un thriller, per un film catastrofico, ma non per un Paese come il nostro, emotivo e sfiduciato, impaurito, stanco. Il livello di sfiducia nei confronti delle istituzioni, dei medici, dei giornalisti è così elevato che qualsiasi comportamento non va bene, e contribuisce a creare allarme.
La prova è sotto gli occhi. Se i giornali non cadono nella trappola, e si limitano a segnalare le notizie ufficiali senza alcuna enfasi, senza pezzi di colore, senza titoli in prima pagina, la gente cerca informazione alternativa, non si fida, pensa al complotto, e internet diventa il luogo della contro informazione.
Succede poi inevitabilmente che le fonti autorizzate si contraddicono, alternano consigli drastici di prevenzione e di cautela a minimizzazioni imbarazzanti. I numeri di questi giorni inevitabilmente allarmano tutti e pongono dubbi legittimi. Si aggiunge anche l’incertezza sull’efficacia del vaccino e soprattutto sui rischi per la salute potenziali qualora venga inoculato. Si aggiunge alla lista della sfiducia il mondo delle multinazionali del farmaco, ed è facile immaginare che ci sia un interesse economico fortissimo dietro la produzione di quantitativi enormi di vaccino che va utilizzato adesso o mai più.
Questa situazione si inserisce in un sistema sanitario sfilacciato, indebolito, privo di risorse, o con risorse distribuite malamente. I medici di famiglia ora vengono indicati come il vero riferimento per i cittadini, dopo anni e anni di disinteresse nei confronti di una categoria di medici trasformata in produzione di certificati e di carte burocratiche.
Alla fine la colpa sarà solo dei giornalisti, colpevoli di alimentare il panico, per bieche ragioni di cassetta. La nottata passerà, fino alla prossima paura collettiva. Intanto si continuerà a morire, troppo, per l’influenza normale, non sapremo mai la verità sulla diffusione di questa influenza, avremo speso una bella cifra per gestire (male) un’emergenza annunciata. E scrivo queste riflessioni ben prima della metà del guado.
Nel frattempo spero ardentemente di non essere uno dei numeri dell’influenza A. Magari adesso chiamo il mio medico di famiglia, poveretto, non si sa mai…
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