Dall’allarme ai vaccini ai contratti milionari. Cronistoria
di un’escalation. Che fa venire più di un sospettodi Rossella Miracapillo*
I numeri ormai sono noti. Alcuni, gli ultimi sono stati pubblicati proprio recentemente. Stiamo parlando dell’influenza A H1N1: 24 milioni di dosi di vaccino acquistate in Italia, 50 in Germania, 89 milioni in Francia. Ma molte di queste dosi non sono state mai utilizzate: nel nostro Paese solo 820mila persone si sono vaccinate contro quell’influenza che era stata presentata come la più terribile di tutti i tempi, e che invece è risultata essere tra le più leggere.
Che ci fosse qualcosa di strano in tutta la vicenda lo abbiamo sempre sostenuto come Osservatorio Farmaci & Salute. Nell’aria c’era qualcosa che fin da subito non ci ha convinti. Prima di tutto, la concentrazione dell’interesse dei media sul tema, che pareva replicare allarmi già lanciati in passato e poi caduti nel vuoto. Ma anche l’enorme confusione dei dati. In particolare il concetto di “vittime”, intese come “contagiati” e che venivano, ad arte o involontariamente, lasciate intendere come “morti”. Titoloni dedicati ai decessi: morti che solo in seconda battuta venivano chiarite come collegate dell’influenza A come concausa. Un fattore aggiunto che spesso si era accidentalmente inserito su patologie molto più gravi, che probabilmente avrebbero determinato il decesso dell’individuo solo con una tempistica differente.
Se si fosse proceduto allo stesso modo nel sottolineare le morti che nello stesso periodo sono avvenute a causa di incidenti stradali, o nella stagione invernale precedente a causa dell’influenza stagionale (sempre come concausa), i cittadini avrebbero certamente avuto una diversa percezione.
Anche il susseguirsi delle scadenze non lasciava tranquilli. Il 22 aprile veniva dato per la prima volta l’annuncio della scoperta del nuovo virus influenzale, e all’inizio di maggio si segnalavano i primi morti in Messico. Cresceva la pressione mediatica, e di pari passo crescevano le paure dei cittadini: salivano così le pressioni sui governi di tutto il mondo, affinché proteggessero le popolazioni da questa catastrofe mondiale. E in men che non si dica le aziende farmaceutiche trovavano il vaccino. Peraltro con un artificio, riutilizzando in modo assolutamente provvidenziale il vaccino studiato per l’aviaria, mai utilizzato. Dopo meno di due mesi, a luglio, tutti i Paesi europei firmavano contratti milionari di fornitura con le aziende produttrici di vaccini.
Il mistero, non tanto misterioso, è costituito però da questi famosi contratti. Di quello italiano, tra la Novartis e il ministero della Salute, si sa che è blindato. Su di esso, l’Ufficio di controllo di legittimità su atti dei ministeri ha sollevato una serie di eccezioni. Infine va sottolineato che con il contratto di fornitura – 24 milioni di dosi solo per l’Italia – non vuol dire che la consegna sia già avvenuta. Ci risulta, infatti, che a dicembre era stata consegnata solo meno della metà delle dosi. A questo si aggiunga che la popolazione ha ritenuto non opportuno vaccinarsi: alla fine solo il 3,5% di quanto ordinato (e pagato) è stato effettivamente utilizzato.
Un grande danno economico, insomma. Dall’intera situazione qualcuno, però, ci ha guadagnato: le aziende farmaceutiche. Prendiamo il caso di Novavax (vedi box accanto). Meno eclatanti ma più costanti sono stati i rialzi delle Big Pharma, che hanno seguito con tempismo straordinario l’evolversi del clima tra i consumatori con annunci di progressivi passi in avanti nelle ricerche.
Impariamo dalla storia recente: dell’influenza aviaria e dei suoi rischi si è parlato per la prima volta in un megaconvegno a Malta in cui, a parte grandi scienziati del settore, era stato invitato il fior fiore dei giornalisti del settore salute delle maggiori testate. L’influenza aviaria tenne banco per mesi, ma non si è fatto in tempo a produrre i vaccini e vendere farmaci. Sarebbe a questo punto interessante sapere se anche sull’influenza suina, sui suoi rischi, ma soprattutto sui suoi possibili rimedi ci sia stato lo stesso un convegno. Perché, al momento, non ci si spiega la tempistica “mondiale” mediatica dell’evento, che così pesantemente ha inciso sulle economie di intere nazioni.
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