Welfare
Patto per l’Italia: addio al reddito minimo
Lo rivela il portale di analisi economica www.lavoce.info. L'iniziativa passa alle regioni
Il Patto per l’Italia archivia il reddito minimo di inserimento. Lo rivela il portale di economisti liberal www.lavoce.info.
«C’è un passo del Patto per l’Italia che sembra esser passato inosservato», scrivono Tito Boeri e Roberto Perotti, «recita il de profundis al Reddito Minimo di Inserimento (RMI), il primo tentativo di introdurre un istituto universale di protezione sociale di ultima istanza in Italia. Il RMI è stato introdotto sperimentalmente in 300 Comuni nella passata legislatura (prima con il decreto legislativo n.237 del 18 giugno 1998 e poi con la Legge Finanziaria del 2001). Ma il rapporto sulla sperimentazione di questo istituto non è mai stato reso pubblico da questo governo».
«Nel Patto per l’Italia si sostiene (punto 2.7) che “la sperimentazione del reddito minimo di inserimento ha consentito di verificare l’impraticabilità di individuare attraverso la legge dello Stato soggetti aventi diritto ad entrare in questa rete di sicurezza sociale.” In altre parole, non sarebbe possibile, alla luce della sperimentazione, determinare condizioni di accesso uniformi su tutto il territorio nazionale», prosegue l’articolo.
«”Appare perciò preferibile” continua il Patto ” realizzare il co-finanziamento, con una quota delle risorse del Fondo per le politiche sociali, di programmi regionali, approvati dall’amministrazione centrale, finalizzati a garantire un reddito essenziale ai cittadini non assistiti da altre misure di integrazione del reddito.” Come dire, l’iniziativa spetta alle Regioni mentre “l’amministrazione centrale avrà un ruolo di coordinamento e di controllo sull’andamento e sui risultati dei programmi medesimi.”»
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